La disciplina Iva degli osteopati
di Biagio GiancolaGuido MartinelliLa disciplina ai fini Iva delle prestazioni professionali svolte dagli osteopati, sia pure dopo il riconoscimento ufficiale della loro professione, continua a rimanere incerta.
Infatti dobbiamo ricordare che, tra i casi di esenzione dell’Iva, previsti dall’articolo 132.1, lett c), della Direttiva 2006/112/CE sono previste espressamente: “le prestazioni mediche effettuate nell’esercizio delle professioni mediche e paramediche quali sono definite dallo Stato membro interessato”.
La citata disposizione, da un lato stabilisce l’esenzione obbligatoria delle prestazioni ivi indicate, dall’altro fa salva la discrezionalità in capo ad ogni Stato membro nella identificazione delle professioni mediche e paramediche.
La posizione della normativa nazionale, al contrario, risulta meno delineata.
Il tenore della Direttiva de qua è codificato dall’articolo 10, comma 1, n. 18), del Decreto Iva (D.P.R. 633/1972) laddove prevede l’esenzione, tra l’altro, per “le prestazioni sanitarie di diagnosi, cura e riabilitazione rese alla persona nell’esercizio delle professioni e arti sanitarie soggette a vigilanza, ai sensi dell’articolo 99 del testo unico delle leggi sanitarie, approvato con regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, e successive modificazioni, ovvero individuate con decreto del Ministro della sanità, di concerto con il Ministro delle finanze”.
Premesso ciò va ricordato come la professione dell’osteopata abbia una disciplina rimasta parzialmente attuata.
Il D.P.R. 131/2021 ha recepito l’accordo tra Stato-Regioni-Province Autonome, che individua la figura dell’osteopata quale professionista sanitario e lo definisce, all’articolo 1, “il professionista sanitario, in possesso di laurea triennale universitaria abilitante o titolo equipollente e dell’iscrizione all’albo professionale, che svolge in via autonoma o in collaborazione con altre figure sanitarie interventi di prevenzione e mantenimento della salute attraverso il trattamento osteopatico di disfunzioni somatiche non riconducibili a patologie, nell’ambito dell’apparato muscolo scheletrico”.
Orbene, pacifica la qualificazione dell’osteopata come professione sanitaria, permane un vuoto legislativo in quanto la stessa disposizione richiamata, all’articolo 4, rimette ad una ulteriore Conferenza Stato-Regioni- Province Autonome tutta la disciplina attuativa della valutazione dei criteri professionali e dei titoli di laurea equivalenti alla istituenda laurea in osteopatia: “Con successivo accordo stipulato in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano sono individuati i criteri di valutazione dell’esperienza professionale nonché i criteri per il riconoscimento dell’equipollenza dei titoli pregressi alla laurea universitaria in osteopatia, il cui ordinamento didattico è definito con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro della salute, ai sensi dell’articolo 7, della legge 11 febbraio 2018, n. 3”.
Sarà necessario, dunque, attendere che sopraggiunga un ulteriore accordo in sede di Conferenza Stato-Regioni.
L’arresto dell’iter normativo volto all’istituzione della professione sanitaria dell’osteopata, ostativo all’accesso del regime di esenzione Iva per gli osteopati italiani, è stato oggetto della interrogazione parlamentare n. 5-06820 in Commissione VI Finanze della Camera dei Deputati del 13 Ottobre u.s..
Nella specie, è stato sollecitato il Ministero della Salute, di concerto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze, alla predisposizione di un Decreto attuativo specifico, al fine di delimitare quelle prestazioni sanitarie, ivi compreso l’osteopata, idonee a beneficiare dell’esenzione dell’imposta.
Ancora una volta, dunque, lo Stato viene esortato a conformare la propria disciplina col resto dell’Europa, onde garantire il principio della neutralità fiscale, come elaborato dalla giurisprudenza europea (e recepito dalla giurisprudenza di legittimità nazionale).
Precisamente, la Corte di Giustizia Europea, con la sentenza del 27.06.2019 – C-597/2017 (richiamata dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 21108/2020), interpellata per incompatibilità tra la disciplina nazionale (belga) ed il diritto europeo in materia di esenzione dell’Iva per le discipline della chiropratica ed osteopatia, fornisce una interpretazione della c.d. “Direttiva Iva” atta ad uniformare il sistema di imposta sul valore aggiunto.
Secondo l’interpretazione fornita della Corte, la “Direttiva Iva” riconosce sì la discrezionalità tecnica degli Stati membri nel definire le professioni sanitarie beneficiarie di tale esenzione, ma, al contempo, definisce tale discrezionalità parzialmente vincolata al rispetto del principio della neutralità fiscale, la quale funge da contrappeso al potere nazionale poiché: “osta a che prestazioni simili, che si trovano quindi in concorrenza tra loro, siano trattate in modo diverso ai fini dell’Iva”.
In conclusione, secondo la Corte di Giustizia Europea, il regime di esenzione Iva (articolo 132, paragrafo 1, lettera c, Direttiva Iva) non si applica tassativamente solo a coloro che esercitano una professione regolamentata dalla legislazione dello Stato membro interessato poiché: “non si può escludere, in via generale ed assoluta, che coloro che svolgano tali prestazioni fuori dell’ambito di tale professione dispongano delle qualifiche necessarie per garantire cure di livello qualitativo sufficiente per essere considerate simili a quelle proposte dagli appartenenti ad una categoria siffata, in particolare qualora abbiano seguito una formazione proposta da istituti di insegnamento riconosciuti da detto stato membro”.
Mediante tale interpretazione estensiva, dunque, la Corte di Giustizia Europea considera rilevanti, a prescindere dalla esistenza o meno della regolamentazione nazionale, ulteriori parametri per valutare le qualifiche professionali degli esercenti della professione sanitaria (come ad esempio, la formazione presso istituti di insegnamento riconosciuti dalla Stato).
La chiave di lettura europea è orientata ad armonizzare tutti gli ordinamenti per cui, quanto all’Italia, nel difetto di una disciplina che qualifichi le prestazioni ed il piano formativo dell’osteopata, si prospettano due soluzioni.
Una soluzione sarebbe quella di conformarsi al legislatore europeo e recepirne la giurisprudenza, riconoscendo in ogni caso l’esenzione Iva in favore delle prestazioni degli osteopati.
Una ulteriore soluzione sarebbe quella di concludere l’iter legislativo che regolamenta la suddetta figura professionale, qualificandola come sanitaria.
Tale sarebbe l’auspicio onde evitare ulteriori incertezze a riguardo e porre fine alla disparità di trattamento tra cittadini europei: in claris non fit interpretatio.