La distruzione dei beni aziendali
di Leonardo PietrobonL’accumulo di beni obsoleti nello svolgimento di moltissime attività d’impresa, arte o professione rappresenta una condizione fisiologica, alla quale si accompagna l’esigenza di porre in essere gli opportuni comportamenti al fine di eliminarli, anche dal punto di vista fiscale.
Con l’espressione “beni aziendali” si intende fare riferimento a tutte le tipologie di beni presenti in un’attività, quali:
- le rimanenze di magazzino;
- e i beni strumentali ammortizzabili, c.d. cespiti.
L’uscita dei beni sopra indicati dal ciclo economico, sia dal punto di vista produttivo e sia per quanto concerne quello commerciale, può dipendere da svariati motivi sia di carattere ordinario che di tipo straordinario.
Le uscite dal ciclo economico di tipo ordinario sono riconducibili all’effettivo utilizzo dei beni nello svolgimento dell’attività d’impresa, arte o professione. Si pensi ad esempio alle merci acquistate per essere vendute da una classica società di tipo commerciale o l’utilizzo delle materie prime per il realizzo di prodotti finiti.
Esistono poi le c.d. cause straordinarie, le quali non si verificano per il semplice fatto che i beni sono presenti in azienda e “subiscono” l’uscita dall’azienda medesima, tali cause di uscita, sono infatti connesse a motivi straordinari quali:
- l’estromissione volontaria per superamento tecnologico degli stessi beni, come nel caso dei macchinari ormai obsoleti e non più funzionanti o ad esempio le merci non più commercializzabili;
- la perdita involontaria, condizione che si manifesta ad esempio nel caso di distruzioni o furti.
L’aspetto fiscale di nota importanza è la “tracciabilità” del ciclo di tali beni, sia dal lato dell’ingresso e sia per quanto riguarda l’uscita, al fine di evitare la generazione della presunzione di acquisto e/o di vendita non documentato e non dichiarato.
Si ricorda, infatti, che l’Amministrazione finanziaria può avvalersi della disposizione di cui all’articolo 1, comma 1, del D.P.R. 441/1997, ai sensi della quale si presumono ceduti i beni acquistati, importati o prodotti che non si trovano nei luoghi in cui il contribuente svolge le proprie operazioni; per evitare l’applicazione di tale presunzione sarà quindi necessario munirsi delle opportune pezze giustificative (obbligo a carico del contribuente) della “non presenza” nei locali aziendali dei beni di cui invece si rileva la fattura di acquisto.
Nell’ipotesi in cui si scelga la “distruzione volontaria” dei beni, per i motivi ad esempio legati all’obsolescenza degli stessi, la dismissione dovrà essere comprovata da preventiva comunicazione.
In particolare, l’impresa deve, preliminarmente, inviare all’Ufficio dell’Agenzia delle entrate e al Reparto della Guardia di Finanza competenti per territorio (in relazione al luogo previsto per la distruzione o la trasformazione), apposita comunicazione, indicando:
- luogo, data e ora in cui verranno poste in essere le operazioni;
- le modalità di distruzione o di trasformazione dei beni;
- la natura, qualità e quantità dei beni medesimi;
- l’ammontare complessivo, sulla base del prezzo di acquisto, dei beni da distruggere o da trasformare;
- l’eventuale valore residuale che si otterrà a seguito della distruzione o trasformazione dei beni stessi.
Sotto il profilo temporale la sopraindicata comunicazione deve essere eseguita almeno cinque giorni prima rispetto alla data prevista per la distruzione dei beni.
Inoltre, nel caso di sussistenza del collegio sindacale, si ritiene opportuno effettuare la comunicazione anche a tale organo, accompagnando la stessa alle motivazioni per le quali l’impresa ha deciso di procedere con la distruzione.
La procedura di distruzione si differenza anche in base al valore complessivo dei beni da distruggere. Infatti, è necessario procedere con una specifica procedura a seconda che il valore sia superiore o inferiore ad € 10.000.
Nel caso in cui il valore dei beni sia di valore superiore a € 10.000, alla distruzione dei beni aziendali deve presenziare, alternativamente:
- un incaricato dell’Agenzia delle entrate,
- un ufficiale della Guardia di finanza,
- un notaio,
i quali, al termine delle operazioni di distruzione, devono redigere un apposito verbale.
Sotto l’aspetto operativo, il contribuente che ha inviato nei termini predetti la comunicazione preventiva agli uffici competenti, può comunque procedere alla distruzione del bene anche nei casi in cui i rappresentanti degli Uffici o della Guardia di Finanza non si siano presentati. In questo caso, tuttavia, il contribuente deve assicurarsi la presenza di un notaio, il quale poi deve procedere alla verbalizzazione delle operazioni di distruzione.
Nel caso in cui, invece, il valore dei beni sia inferiore a € 10.000, l’azienda in sostituzione del verbale di cui sopra, potrà redigere una dichiarazione sostitutiva di atto notorio, in tal caso, a prescindere dall’effettiva partecipazione di un pubblico ufficiale alle operazioni di distruzione, il contribuente potrà concludere la procedura mediante un’autocertificazione dell’avvenuta operazione.
Dal verbale, ovvero dalla dichiarazione sostitutiva, devono risultare:
- data, ora e luogo di svolgimento delle operazioni di distruzione;
- natura, qualità, quantità ed ammontare del costo dei beni distrutti o eventualmente trasformati;
- natura, qualità, quantità e valore dei beni eventualmente ottenuti dalla trasformazione.
Per approfondire questioni attinenti all’articolo vi raccomandiamo il seguente corso:
2 Novembre 2016 a 9:10
Nel caso di distruzione volontaria, se i beni vengono consegnati tramite formulario ad uno smaltitore autorizzato mi sembra che non occorra informare l’AE e la GDF né chiamare il notaio. Corretto ?