Tuttavia e a ben vedere, non è neppure immaginabile che la disponibilità del nutrito numero di documenti previsti dal comma 6-bis in esame (ben nove, nella formulazione originaria del detto comma 6-bis; a cui si aggiungono le new entries disposte in sede di conversione dall’articolo 1, comma 1, lettera b), D.L. 11/2023), possa mandare esente il cessionario dai soli profili di colpa grave: e non anche dalle contestazioni riguardanti la colpa ordinaria.
È da dire infatti che i documenti qui elencati – ossia i titoli abilitativi edilizi dei lavori (o le autocertificazioni per i lavori in edilizia libera), le notifiche preliminari alle ASL (se richieste), le visure catastali degli immobili prima dei lavori (o le domande di accatastamento), le fatture e i relativi pagamenti, le asseverazioni tecniche e di congruità delle spese (se obbligatorie), le delibere assembleari e le tabelle millesimali (per i lavori condominiali), la documentazione tecnica prevista per legge per i lavori di efficienza energetica, i visti di conformità, le attestazioni di avvenuta osservanza degli obblighi antiriciclaggio da parte dei soggetti che siano controparti nelle cessioni; e, casistiche aggiunte, la documentazione tecnica prevista per legge per i lavori antisismici nonché i contratti di appalto sottoscritti tra le imprese realizzatrici dei lavori e i committenti – costituiscono un impianto assolutamente idoneo a inquadrare in maniera completa sia i lavori svolti, sia gli adempimenti correlati: e dunque rappresentano un corredo documentale talmente pregnante che al relativo possesso, in capo al soggetto che ne disponga integralmente, non può che correlarsi l’assenza di alcun tipo di negligenza: con esclusione tout court di ogni genere di colpa e non solo della casistica rinforzata della colpa grave.
Ad onta delle modifiche intervenute in sede di conversione, il comma 6-bisin parola continua a non apparire ben calibrato laddove, riconoscendo l’assenza della sola colpa grave nella disponibilità del set documentale completo, implicitamente sembra aprire spazio a profili di colpa ordinaria in capo a chi si fregi di un impianto documentale non completo: assente, per esempio, un’autocertificazione.
E anche il successivo comma 6-quater, che pur sempre ammette il cessionario, in caso di documentazione incompleta, a provare in ogni modo la propria diligenza e la non-gravità della sua negligenza, soffre di analoghe imprecisioni: perché limita espressamente la prova contraria a favore del cessionario all’esclusione della sola colpa grave (cioè della carenza smaccatamente grossolana di diligenza – circolare 33/E/2022): quando invece per principio generale la facoltà di prova contraria deve essere riconosciuta a quest’ultimo anche per escluderne la colpa ordinaria, che il Fisco potrà contestargli solo se la sua carenza di diligenza assume rilievo sostanziale (e non solo formale, come nell’esempio dell’autocertificazione mancante).
Pertanto è da concludere che, se il cessionario dispone del dossier documentale integrale, dovrà dirsi super-diligente: e quindi esente non solo da profili di colpa grave (e dalla conseguente responsabilità solidale per imposta), ma anche – e a monte – persino da qualunque profilo di colpa ordinaria; da cui l’esclusione anche dell’autonoma responsabilità per le sanzioni, pari al 30% dell’imposta, irrogabili al concorrente per la regola generale sul concorso nella violazione del già citato articolo 19 D.Lgs. 472/1997 (come precisato dalla circolare 33/E/2022, pagina 10).
Resta dunque fermo che il cessionario è sempre ammesso alla prova del proprio comportamento diligente, anche in termini di rimozione della colpa ordinaria, a prescindere dal tenore restrittivo del testo dei commi 6-bis e 6-quater dell’articolo 121 D.L. 34/2020.