La doppia cessione con clausola “franco partenza” preclude la non imponibilità Iva
di Marco PeiroloNella prassi commerciale delle operazioni con l’estero può accadere che l’impresa italiana venda i beni ad un cliente UE, che – una volta imballati insieme ad altri beni di sua proprietà – li mette a disposizione del cliente extra-UE direttamente nello stabilimento dell’impresa italiana.
Si pone il problema di stabilire se alla cessione in esame, realizzata dal soggetto nazionale, sia applicabile il regime di non imponibilità IVA dell’articolo 8, comma 1, lett. b), D.P.R. 633/1972.
Tale norma fa riferimento alle “cessioni con trasporto o spedizione fuori del territorio della Comunità economica europea entro novanta giorni dalla consegna, a cura del cessionario non residente o per suo conto, ad eccezione dei beni destinati a dotazione o provvista di bordo di imbarcazioni o navi da diporto, di aeromobili da turismo o di qualsiasi altro mezzo di trasporto ad uso privato e dei beni da trasportarsi nei bagagli personali fuori del territorio della Comunità economica europea (…)”.
La citata disposizione disciplina, quindi, le cessioni all’esportazione quando:
- i beni vengono consegnati al cliente estero nel territorio italiano; ed
- è il cliente estero che, direttamente o tramite terzi, provvede a trasportare o fare trasportare i beni fuori del territorio comunitario.
Si tratta, cioè, del caso in cui l’operatore non residente:
- provvede a ritirare direttamente o tramite terzi la merce presso il cedente italiano, ovvero si fa consegnare i beni in un determinato punto del territorio italiano; e
- cura successivamente, entro 90 giorni dalla data della consegna, il trasporto all’estero dei beni, allo stato originario, cioè senza l’esecuzione di lavorazioni o trasformazioni degli stessi. Alla luce della sentenza della Corte di giustizia UE, resa nella causa C-563/12 del 19 dicembre 2013 (BDV Hungary Trading), e della successiva risoluzione AdE 98/E/2014, il predetto termine di 90 giorni non è perentorio, ma soltanto ordinatorio: la non imponibilità è riconosciuta se il cedente è in grado di dimostrare l’uscita dei beni dal territorio della UE dopo lo scadere del predetto termine ed è, inoltre, possibile recuperare l’Iva corrisposta in sede di regolarizzazione, ex articolo 7, comma 1, D.Lgs. 471/1997.
A livello Incoterms, tenuto conto che l’invio dei beni all’estero deve essere organizzato dal cessionario non residente, le cessioni in esame sono effettuate con clausole EXW (Ex Works), FCA (Free Carrier) o FAS (Free Alongside Ship).
A differenza delle esportazioni dirette di cui all’articolo 8, comma 1, lett. a), D.P.R. 633/1972, per quelle in esame non è previsto che i beni, prima del loro invio al di fuori della UE, possano essere oggetto, per conto del cessionario non residente, ad opera del cedente o di terzi, di operazioni di lavorazione, trasformazione, montaggio, assiemaggio o adattamento ad altri beni. Di conseguenza, per beneficiare della non imponibilità, i beni ceduti devono essere trasportati/spediti nel loro stato originario (circolare 35/E/1997, § 4).
Da questo punto di vista, l’imballaggio dei beni, che nel caso di specie è effettuato dal cliente UE, non preclude il beneficio della non imponibilità, non essendo riconducibile alle tipologie di prestazioni sopra richiamate, tali incidere sulla natura dei beni.
La circostanza che il cliente del fornitore italiano sia di altro Paese UE non preclude il beneficio della non imponibilità, non essendo richiesto che sia extra-UE. Ciò che, infatti, rileva, a tal fine, è il luogo di consumo finale dei beni, necessariamente collocato al di fuori della UE (circolare 23.07.1994, n. 13-VII-15-464, § B.16.3 e risoluzione 17.06.1994, n. VII-15-302).
Lo stesso tenore letterale della norma conferma la correttezza di questa conclusione, anche alla luce della corrispondente disposizione unionale, cioè l’articolo 146, par. 1, lett. b), Direttiva 2006/112/CE.
L’applicazione della non imponibilità resta, tuttavia, preclusa, nel caso in esame, in considerazione del fatto che il trasporto dei beni all’estero è organizzato dal cliente extra-UE, cioè dalla controparte del cliente UE del fornitore italiano.
Anche questa conclusione trova conferma nel tenore letterale della norma interna e di quella unionale, che subordinano l’applicazione del trattamento di non imponibilità alla condizione che il trasporto al di fuori della UE dei beni sia curato dal cliente non residente del fornitore italiano.
Ne consegue, pertanto, che quest’ultimo dovrà addebitare l’Iva in fattura, così come chiarito dalla citata circolare 13-VII-15-464/1994.