La fiscalità delle spese di ammodernamento, ristrutturazione e manutenzione straordinaria degli immobili nel reddito di lavoro autonomo
di Luciano SorgatoAllo scopo di esaminare la razionalità in tema di effetti fiscali delle spese inerenti agli immobili nel reddito di lavoro autonomo, appare utile riportare le due versioni normative ante e post-riforma fiscale per un agevole confronto letterale delle medesime.
Ante riforma e norma ancora attualmente vigente (articolo 54, comma 2 Tuir): “Le spese relative all’ammortamento, alla ristrutturazione e alla manutenzione di beni immobili utilizzati nell’esercizio di arti e professioni, che per loro caratteristiche non sono imputabili ad incremento del costo dei beni ai quali si riferiscono, sono deducibili nel periodo d’imposta di sostenimento nel limite del 5% del costo complessivo di tutti beni materiali ammortizzabili quale risulta all’inizio del periodo d’imposta nel registro di cui all’articolo 19, D.P.R. 600/1973: l’eccedenza è deducibile nei cinque periodi d’imposta successivi”.
Post riforma (nuovo articolo 54 quinquies Tuir): “Le spese relative all’ammodernamento, ristrutturazione e manutenzione straordinaria di immobili sono deducibili in quote costanti nel periodo d’imposta in cui sono sostenute e nei cinque successivi”.
Nella nuova versione letterale, l’ampliamento del diritto di deduzione dei costi in questione deriva dalla eliminazione dell’inciso “che per loro caratteristiche non sono imputabili ad incremento del costo dei beni ai quali si riferiscono” che, in precedenza, obbligava a verificare se l’intervento manutentivo non rivelava prerogative idonee per la capitalizzazione delle medesime in conto all’immobile. La non imputabilità raccordata alle caratteristiche oggettive, intrinseche dell’intervento, richiedeva che, nonostante le sue proporzioni dimensionali, non fosse nella condizione di influenzarne almeno con nesso diretto il valore di mercato. E tale preciso condizionamento legislativo appariva (e per il momento ancora appare) in coesione di effetti fiscali con la generalizzata indeducibilità del costo degli immobili prevista nel reddito di lavoro autonomo.
Una ristrutturazione di un immobile essenzialmente volta a creargli un valore aggiunto, anche attraverso il ripristino della sua efficienza d’uso, non dispone delle prerogative di legge per la relativa deduzione fiscale, dal momento che l’implementazione di valore che gratifica l’immobile la rende capitalizzabile in conto al medesimo. La deducibilità fiscale è, invece, raccordata ad un intervento che, in virtù delle sue oggettive condizioni, non si rende intersecabile con il costo dell’immobile, in quanto non addiziona al medesimo alcuna aggiuntiva prospettiva di realizzo. In dottrina, è stato fatto l’esempio dell’immobile da adibire a gabinetto radiologico, il quale ha bisogno di una delineazione strutturale del tutto atipica rispetto alle ordinarie prospettive di mercato.
L’intervento necessario per l’adattamento dell’immobile alla rispondenza di legge, lo rende prioritariamente funzionale ai suoi specifici presupposti strumentali e non a più attrattive propensioni reddituali nel mercato degli immobili. L’eventuale sopravvenuto scopo di destinarlo alla vendita viene più agevolmente perseguito attraverso un ripristino strutturale, che lo renda più adattabile ad attività meno specifiche, affrancandolo da quella singolarità d’uso che gli limita la propositività nel mercato. Tale intervento, quindi, si prospetta proprio sul piano delle condizioni oggettive, senz’altro più contiguo ad un consumo nell’ambito delle dinamiche dell’attività professionale e, per tale via, sicuramente inerente sul piano del rapporto causale con i compensi dell’arte o della professione.
La non imputabilità in conto all’immobile non viene legislativamente raccordata a fattori contabili (o a situazioni giuridiche di possesso dell’immobile), ma alle sole caratteristiche oggettive dell’intervento e tale limitazione, si ripete, s’interseca con piena sinergia d’intenti legislativi con la previsione della generalizzata indeducibilità fiscale degli immobili. Non appare coerente rendere indeducibile, ad esempio, l’acquisto dell’immobile nuovo e poi consentire il diritto fiscale di deduzione della radicale ristrutturazione di un immobile acquistato in condizioni del tutto fatiscenti e devitalizzato di qualsiasi funzione, con costi d’intervento ben superiori allo stesso costo dell’immobile in disuso e, peraltro, con un raccordo temporale di soli sei anni complessivi, in luogo dell’ordinario periodo di ammortamento di 33 anni.
Nonostante la sua chiara versione testuale, si deve sottolineare come essa abbia goduto di una sorta di favore da parte dell’Agenzia delle entrate, che non ha limitato il diritto di deduzione fiscale al presupposto di legge come sopra rappresentato, ma ha consentito una più ampia area di riferimento del diritto di deduzione fiscale degli interventi in questione.
Ora, con la riportata nuova versione di legge, che rimuove dalle prescrizioni ogni riferimento alle caratteristiche oggettive dell’intervento, nonostante il dato normativo mantenga ferma l’indeducibilità fiscale degli immobili, non può più residuare alcun dubbio in ordine alla deducibilità di ogni intervento che non si risolva in mere manutenzioni ordinarie. Ma non può neppure residuare più alcun dubbio, che non è in tal modo che si persegue la coerenza interna delle regole del diritto tributario. Se il legislatore ammette, ora, incondizionatamente il diritto di deduzione fiscale di tutte le spese relative all’ammodernamento, ristrutturazione e manutenzione straordinaria di immobili (proprio per l’assoluta necessità di perseguire una coerenza disciplinare d’insieme) deve ora anche ammettere la deducibilità fiscale degli immobili.