La “forza maggiore” salva sempre l’agevolazione prima casa
di Leonardo Pietrobon
La c.d. “agevolazione prima casa”, di cui all’art. 1, nota II-bis della Tariffa, Parte Prima del D.P.R. n. 131/1986 non trova pace agli occhi dell’Amministrazione finanziaria, nemmeno nei casi di forza maggiore, ma fortunatamente la Corte di Cassazione, da ultimo anche con la sentenza n. 17442 del 17/7/2013, risulta essere più clemente.
Come noto, una delle condizioni previste dalla norma al fine di consentire l’accesso all’agevolazione “prima casa” in materia di imposta di registro, è costituita dal trasferimento, da parte del contribuente-acquirente entro diciotto mesi dalla data di rogito notarile, della residenza nel Comune ove è ubicato l’immobile acquistato con la richiesta di applicazione dell’agevolazione in commento.
Da un punto di vista meramente giuridico la Corte di Cassazione in più occasioni ha sottolineato che “la realizzazione dell’impegno di trasferire la residenza, che rappresenta un elemento costitutivo per il conseguimento del beneficio richiesto e solo provvisoriamente concesso dalla legge al momento della registrazione dell’atto, costituisce, quindi, un vero e proprio obbligo del contribuente verso il fisco (…)”.
Tale “obbligo” – con riferimento al trasferimento della residenza nel Comune di ubicazione dell’immobile oggetto di acquisto agevolato – deve anche considerare l’ipotesi di un eventuale inadempimento da parte del contribuente, per eventi non imputabili a quest’ultimo, ossia le c.d. ipotesi di causa di forza maggiore. Sul punto l’Amministrazione finanziaria, con la R.M. 140/E/2008, ha stabilito che la “causa di forza maggiore” in questione si manifesta con la verifica e il sopraggiungere di un impedimento oggettivo non prevedibile e tale da non poter essere evitato. Inoltre, tale evento oggettivo, imprevedibile ed inevitabile, affinché possa assumere la qualifica di “forza maggiore”, deve sopraggiungere in un momento successivo rispetto a quello di stipula del rogito notarile.
Circa l’individuazione delle cause di forza maggiore, la giurisprudenza si è espressa in svariate occasioni e trattando molteplici situazioni, da ultima anche la stessa Corte di Cassazione con la sentenza 14399 del 7/6/2013, la quale ha ritenuto qualificabile come causa di forza maggiore, che ha pregiudicato il trasferimento della residenza entro i diciotto mesi successivi all’acquisto, il ritrovamento di reperti archeologici, tali da impedire la prosecuzione dei lavori di ristrutturazione dell’immobile acquistato con l’agevolazione prima casa.
Significativa, in senso contrario, ma sicuramente utile a comprendere il concetto ribadito nella citata pronuncia, è la motivazione espressa ancora dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 20066 del 17/10/2005, la quale ha affermato che “chi acquisti come sua “prima abitazione” un appartamento abusivo, si espone ai ritardi resi necessari dalla procedura di sanatoria e, quindi, non può addurre i lunghi tempi necessari per ottenere la concessione in sanatoria a giustificazione del mancato tempestivo trasferimento della residenza (…)”.
Le caratteristiche dell’evento, quali: l’oggettività e, quindi, la non imputabilità dello stesso al soggetto acquirente, l’imprevedibilità, l’inevitabilità ed il realizzo in un momento successivo rispetto alla data di stipula dell’atto di acquisto, secondo la più recente pronuncia della Corte di Cassazione, esclude, di per sé, la decadenza dall’agevolazione, senza che possano essere, a tal fine, richiesti ulteriori comportamenti a carico (in tesi il reperimento di altro immobile) del contribuente.
Tale ultima spiegazione – con riferimento all’impossibilità di chiedere ulteriori comportamenti da parte del contribuente – permette, quindi, di stabilire che l’Amministrazione finanziaria non può sostenere la decadenza dall’agevolazione, per mancato trasferimento della residenza nel Comune ove è ubicato l’immobile oggetto di acquisto agevolato, giustificando il proprio operato con l’affermazione in base alla quale lo stesso contribuente avrebbe potuto acquisire la residenza in un immobile diverso da quello acquistato, purché nel medesimo Comune di quest’ultimo.
Da ultimo, si segnala che la Corte di Cassazione con la già citata sentenza n. 14399 del 7/6/2013 ha stabilito che, in ordine alla determinazione della residenza, prevale il dato anagrafico sulle risultanze fattuali, in base al principio di unicità del procedimento amministrativo inteso al mutamento dell’iscrizione anagrafica, sancito anche dall’art. 18, comma 2 del D.P.R. n. 223/1983, in base al quale, nell’affermare la necessità della saldatura temporale tra cancellazione dall’anagrafe del comune di precedente iscrizione ed iscrizione in quella del comune di nuova residenza, stabilisce che la decorrenza è quella della dichiarazione di trasferimento resa dall’interessato nel Comune di nuova residenza.