La gestione degli impianti sportivi: problematiche fiscali
di Guido MartinelliCon l’entrata in vigore, a far data dal prossimo 1° luglio, del D.Lgs. 36/2021, si completa l’operatività dei cinque decreti contenenti la riforma dello sport e la presumibile decorrenza dal prossimo 1° gennaio 2024 della disciplina fiscale portata dal titolo decimo del codice del terzo settore (sul presupposto che pervenga, nel corrente anno, l’autorizzazione da parte della Unione europea): ne conseguiranno una serie di novità sui temi fiscali legati alla gestione degli impianti sportivi.
Le convenzioni tra le amministrazioni pubbliche proprietarie dell’impianto e i sodalizi sportivi a cui è stata affidata la gestione normalmente prevedono a carico dell’ente proprietario l’erogazione di un “contributo” in favore del gestore.
Detti contributi vengono definiti di natura corrispettiva perché vengono previsti a fronte dei servizi che il concessionario dell’impianto si assume con la gestione dell’impianto.
La disciplina fiscale generalmente applicata, in caso di associazioni sportive dilettantistiche, nel caso di specie, è quella portata dall’articolo 143, comma 3, lett. b), Tuir che prevede che non concorrono alla formazione del reddito i contributi corrisposti “per lo svolgimento convenzionato … di attività aventi finalità sociali esercitate in conformità ai fini istituzionali degli enti stessi”.
Tale decommercializzazione (che ricordiamo vale solo ai fini dei redditi in quanto detto contributo dovrà comunque essere regolarmente assoggettato ad Iva) è destinata a non poter più essere applicata.
Già oggi le società sportive dilettantistiche di capitali e le cooperative, enti commerciali per natura giuridica, non potevano accedere a questa agevolazione, riservata, quindi, solo alle associazioni qualificate come enti non commerciali.
Quello che verrà meno sarà la riconducibilità di detto contributo “ai fini istituzionali degli enti stessi”, presupposto per l’applicazione della agevolazione di cui all’articolo 143 Tuir.
Infatti, il comma 1 bis dell’articolo 9 D.Lgs. 36/2021 inserisce i proventi legati alla “gestione di impianti e strutture sportive” tra le attività secondarie e strumentali di un ente sportivo.
Ente sportivo che dovrà svolgere la “gestione” di attività sportiva come attività principale.
Quindi la prima considerazione è quella di valutare se la natura strumentale del provento gli faccia perdere la natura di attività conforme alle finalità istituzionali.
Ulteriore conseguenza sarà che il contributo riconosciuto dalla Pubblica Amministrazione proprietaria dell’impianto entrerà nel volume d’affari della attività commerciale ai fini della applicazione della L. 398/1991.
A maggior ragione il problema si porrà se il destinatario del contributo è un’associazione sportiva iscritta al registro unico del terzo settore.
Infatti, la lett. a) dell’articolo 89, comma 1, del codice del terzo settore (D.Lgs. 117/2017) espressamente esclude l’applicazione della disposizione in esame agli enti del terzo settore che non siano imprese sociali.
Ma la natura di attività secondaria e strumentale (e, quindi, come tale non necessariamente riconducibile alla attività istituzionale) della gestione di impianti per i sodalizi sportivi produce una ulteriore conseguenza basata sui medesimi principi.
Spesso accade, infatti, che la sportiva assegnataria dell’impianto “affitti” ad altri sodalizi spazi orari all’interno dell’impianto medesimo.
Fino ad ora al corrispettivo che l’ente utilizzatore versa al gestore, ove si tratti di sportive riconosciute dal medesimo organismo affiliante, si applica la decommercializzazione sia ai fini del reddito ai sensi di quanto previsto dall’articolo 148, comma 3, Tuir che dell’Iva ai sensi dell’articolo 4, comma 4. D.P.R. 633/1972.
Il venir meno della conformità alle finalità istituzionali di una sportiva (sia essa associazione o società) della attività di gestione degli impianti, con il prossimo 1° luglio, farà venir meno questa possibilità (con le medesime conseguenze sul plafond della L. 398/1991).
Si dovranno attendere, sul punto, chiarimenti da parte della Agenzia delle entrate per verificare se, dal 1° gennaio 2024 con il passaggio dei servizi sportivi da operazioni poste fuori campo Iva ad operazioni esenti da Iva, questo potrà trovare applicazione anche per locazione di spazi all’interno di impianti sportivi.
Se così non fosse la sportiva utilizzatrice si troverà gravata di una maggiorazione ai fini Iva del costo dell’impianto fino ad oggi non versata e sulla quale non potrà operare rivalsa trattandosi di attività istituzionale per il soggetto utilizzatore.
Ad analoga conclusione si arriverà dal 2024 per gli enti del terzo settore ai quali sarà comunque inibito l’utilizzo dell’articolo 148 Tuir.
Le motivazioni sopra addotte confermano, se pur fosse stato necessario alla luce della giurisprudenza esistente, che i corrispettivi introitati dalla gestione di un posto di ristoro o di una attività di merchandising saranno sempre da considerare di natura commerciale e conseguentemente imponibili sia ai fini iva che delle imposte sul reddito.