La gestione della crisi: il Servizio RAID di Regione Lombardia
di Marco CapraNella gestione della crisi, l’imprenditore è spesso solo: i professionisti specialisti sono rari (e costosi), le banche e la parte pubblica sono assenti, i clienti ed i fornitori diffidano.
In tale contesto, è da salutare con favore l’iniziativa di Regione Lombardia, che con il Servizio RAID (Rete per l’Affiancamento alle Imprese in Difficoltà[1]), attivo dal 2012 seppur ancora in fase sperimentale, si propone di “contribuire al rilancio e alla duratura operatività delle imprese lombarde in situazione di difficoltà, caratterizzate dai presupposti economici della continuità aziendale”.
RAID supporta gli imprenditori nella verifica delle prospettive di rilancio, coinvolgendo le competenze regionali in grado di supportare le aziende con gli strumenti finanziari disponibili ed interessando soggetti istituzionali ed economici.
La Rete di RAID coinvolge, anche attraverso convenzioni, i principali poli di interesse nella gestione della crisi:
- Tribunale;
- Ordine degli Avvocati, Ordine dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili, Ordine dei Consulenti del Lavoro;
- Inps, Inail, Agenzia delle Entrate, Equitalia;
- ABI, Banche;
- Enti locali;
- Associazioni imprenditoriali.
Nelle intenzioni, RAID opera nel rispetto dei seguenti principi:
- competenza: entra nel merito delle situazioni aziendali;
- riservatezza: le informazioni sono protette, anche all’interno di Regione Lombardia;
- neutralità: è terzo rispetto ai soggetti interessati, avendo come primo obiettivo la difesa della competitività e dell’occupazione;
- sussidiarietà: rispetto all’impresa ed ai suoi consulenti.
Il percorso parte da una fase di conoscenza e di analisi della situazione dell’impresa, passa dalla sottoscrizione di un atto unilaterale da parte dell’impresa a garanzia della riservatezza, perviene alla fase di accompagnamento, per condividere il piano di rilancio con gli stakeholders e identificare le soluzioni operative.
RAID pare aver avuto buoni risultati già nella diagnosi della crisi: la terzietà e la riservatezza sono requisiti molto apprezzati.
Il Servizio si è rivelato efficace anche quanto alla sensibilizzazione dell’imprenditore per la formazione di un piano che porti a ridiscutere il modello imprenditoriale.
Elemento centrale del Servizio, comunque, è stata la facilitazione nei contatti tra l’impresa ed i soggetti che formalmente e informalmente partecipano alla Rete, supportando l’impresa nella negoziazione con i creditori.
Di particolare interesse è il ruolo giocato nei confronti del ceto bancario, anche in considerazione della diffusa diffidenza degli Istituti di credito verso le procedure previste dalla legge fallimentare: il 20 dicembre 2012, i rappresentanti di Regione Lombardia, di ABI e delle principali Banche operanti sul territorio lombardo hanno sottoscritto un accordo di collaborazione. L’accordo prevede, tra l’altro, l’impegno delle banche, con riferimento alle singole imprese in difficoltà, a designare un funzionario incaricato di valutare la posizione creditizia e di prendere parte alle trattative per la composizione negoziale della crisi.
Dal punto di vista dell’ABI, l’accordo “si pone l’obiettivo di costituire un vero e proprio sistema di rete tra i soggetti pubblici e privati maggiormente coinvolti nelle crisi aziendali del territorio. L’obiettivo è di aiutare le imprese che lo richiedano a risolvere le proprie difficoltà e a svolgere un’azione di informazione e formazione circa le modalità più opportune per la gestione della crisi e per l’utilizzo dei nuovi strumenti forniti dall’ordinamento concorsuale. L’iniziativa rappresenta un esperimento in vitro di una più ampia attività di sensibilizzazione sulla materia della crisi d’impresa che l’ABI intende portare avanti su tutto il territorio nazionale”.
Insomma, un esempio di servizio pubblico, da conoscere e valorizzare.
[1] Per chi non è giovanissimo, però, l’acronimo ricorda sinistramente un prodotto che “ammazza stecchiti”: non proprio di buon auspicio, per un servizio anti-crisi.