La gestione dell’avviamento negativo nei trasferimenti di complessi aziendali
di Federica FurlaniSergio Pellegrino
Nell’ambito di un’operazione di trasferimento di un complesso aziendale molto difficilmente il costo sostenuto per l’acquisizione dell’azienda è pari alla somma algebrica dei valori delle singole attività e passività trasferite: di regola, a seguito della negoziazione delle parti, emerge un avviamento, che può essere anche negativo.
L’avviamento positivo o goodwill (nel caso di costo sostenuto superiore alla somma algebrica delle singole attività e passività) può rappresentare un maggior valore dell’azienda acquisita, che può essere recuperato attraverso i redditi futuri che essa sarà in grado di garantire, e quindi può essere iscritto nell’attivo patrimoniale; se invece è dovuto ad un “cattivo affare” oppure è riconducibile a scelte dell’acquirente che non siano direttamente correlabili alla redditività dell’azienda acquisita, come ad esempio quando il maggior prezzo è giustificato dalla volontà di eliminare un concorrente o di introdursi in un nuovo mercato, deve essere imputato come componente negativo a conto economico.
Nel caso in cui, invece, il costo sostenuto per l’acquisizione dell’azienda sia inferiore rispetto alla somma algebrica delle attività e delle passività trasferite, non si parla più di avviamento, ma di avviamento negativo o badwill.
Il principio contabile OIC 24, che si occupa del goodwill, non indica quale sia il trattamento da riservare all’avviamento negativo, ma, mutuando il ragionamento sviluppato dal principio contabile OIC n. 17 per quanto concerne la rilevazione delle cosiddette “differenze di consolidamento“, vale a dire le differenze che in sede di bilancio consolidato si riscontrano fra il prezzo pagato per l’acquisto della partecipazione e il patrimonio netto a valori correnti della partecipata – che possono essere assimilate da un certo punto di vista a quelle che emergono nell’ambito dei trasferimenti di rami aziendali -, la rappresentazione contabile non può prescindere da quelle che sono le ragioni che hanno indotto il dante causa a trasferire all’avente causa il complesso aziendale ad un corrispettivo inferiore rispetto a quello attribuibile agli elementi che lo costituiscono.
La prima ipotesi è rappresentata dal “buon affare” concluso dall’acquirente: in questo caso la differenza che si riscontra può essere legittimamente rilevata come un componente positivo di conto economico, ovvero, in alternativa, come voce di riserva nell’ambito del patrimonio netto.
Il minor prezzo potrebbe essere invece sintomo della previsione della realizzazione di future perdite di esercizio da parte del complesso aziendale trasferito e quindi deve essere considerato in tale evenienza come un minor valore ad esso attribuibile, correlato ad una redditività insoddisfacente: in questa fattispecie si parla di avviamento negativo e da un punto di vista contabile questo deve essere iscritto a riduzione dei valori correnti delle attività immobilizzate, qualora possa essere ricondotto ad una o più di esse.
Nel momento in cui l’avviamento negativo non può essere allocato a rettifica di elementi dell’attivo o ad integrazione di poste del passivo, ma dipende dalle perdite future che il ramo aziendale è destinato a produrre, rappresenta una passività potenziale, da rilevare nella voce fondi rischi e oneri futuri: non si tratta di un vero e proprio accantonamento, alla luce del fatto che la costituzione del fondo non incide sul conto economico dell’avente causa, ma si genera direttamente a livello patrimoniale.
Dal punto di vista prettamente fiscale, il tema della rilevanza fiscale del fondo rischi ed oneri derivante dall’imputazione di un avviamento negativo è stata affrontata dall’Agenzia delle entrate nella risoluzione n.184/E del 25 luglio 2007.
Il caso oggetto dell’interpello era quello di una società che aveva acquistato un ramo d’azienda ad un prezzo sensibilmente inferiore al valore del netto aziendale trasferito, motivato dalla previsione di perdite che l’acquirente avrebbe dovuto sopportare successivamente all’acquisizione.
Il documento di prassi mette innanzitutto in evidenza come la norma di riferimento in materia di regime fiscale applicabile ai fondi per rischi ed oneri sia rappresentata dall’art. 107 del Tuir: la norma in questione esclude la deducibilità degli accantonamenti a fondi diversi da quelli espressamente contemplati dallo stesso testo unico.
Nel caso dell’avviamento negativo, però, come si è detto, il fondo viene ad essere creato senza alcun impatto a livello economico, con accredito diretto al passivo dello stato patrimoniale.
Da un punto di vista fiscale, quindi, non viene in considerazione la disciplina dettata dall’art.107 del Tuir, non applicabile nel caso di specie, quanto piuttosto il principio di derivazione disciplinato dall’art. 83 del Tuir: in altre parole, l’utilizzo contabile del fondo acquisirà rilevanza anche da un punto di vista fiscale.
Il fondo per rischi ed oneri rappresenta quindi una posta che ha piena rilevanza da un punto di vista fiscale, che verrà utilizzata per fronteggiare le perdite che verranno realizzate o, laddove questa condizione non si verifichi, e le previsioni di perdite vengano meno, determinerà la rilevazione di un provento straordinario da imputarsi a conto economico, rilevante da un punto di vista impositivo.
Il riconoscimento fiscale del fondo bilancia la produzione di una minusvalenza in capo al soggetto venditore (ove i valori contabili siano integralmente riconosciuti anche a livello fiscale) e quindi sembrerebbe equilibrata anche a livello di sistema.
Il problema è quello di capire se le conclusioni cui giunge l’Agenzia possano avere valenza generale, oppure siano in qualche modo condizionate dalla durata limitata nel tempo – nel caso esaminato l’istante faceva riferimento ad un piano di ristrutturazione di durata triennale – dell’assorbimento del fondo.
Se l’arco temporale considerato fosse infatti maggiormente esteso, la conseguenza sarebbe l’iscrizione di maggiori valori fiscalmente riconosciuti a fronte di una posta a rilevanza fiscale differita nel tempo, con evidenti possibili utilizzi strumentali di questo meccanismo.
Di conseguenza, nel momento in cui in un’operazione di trasferimento aziendale emerge un avviamento negativo che concorre alla determinazione del prezzo di compravendita, con la sua conseguente rilevazione nell’ambito del passivo dell’acquirente, assume fondamentale importanza, per giustificare l’operazione in un’eventuale verifica condotta da parte dell’amministrazione finanziaria, mettere in evidenza le condizioni sottostanti e l’arco temporale dei prevedibili utilizzi del fondo rischi, al fine di evitare dubbi circa la sua reale legittimità o la correttezza nelle utilizzazioni.