La gestione delle risorse umane alla luce della riforma dello sport – prima parte
di Guido MartinelliIn attesa della conferma o meno della vigenza, a far data dal prossimo 1° gennaio, della riforma del lavoro sportivo dilettantistico (articolo 25 e ss. D.Lgs. 36/2021 e succ. mod.), proviamo a ipotizzare le varie forme di inquadramento dei prestatori d’opera alla luce delle nuove disposizioni.
I “volontari” sono disciplinati dall’articolo 29 del decreto e sono ritenuti tali coloro i quali mettono a disposizione il proprio tempo e le proprie capacità per promuovere lo sport, in modo personale, spontaneo e gratuito, senza fini di lucro, neanche indiretti, ma esclusivamente con finalità amatoriali.
Dette prestazioni non possono essere retribuite in alcun modo.
Potranno essere rimborsate esclusivamente le spese documentate relative al vitto, all’alloggio, al viaggio e al trasporto sostenute in occasione di prestazioni effettuate fuori dal territorio comunale di residenza del percipiente.
Ne deriva che ai volontari sportivi, al contrario di quanto l’articolo 17 del codice del terzo settore prevede per i volontari degli enti iscritti al Runts, non potranno essere riconosciuti i rimborsi spese autocertificati fino all’ammontare massimo di 10 euro giornalieri e 150 mensili, nonché le indennità (nell’importo di euro 46,48) di cui all’articolo 51, comma 5, Tuir.
Diventa opportuno condividere una lettera di incarico che contenga sia le motivazioni dell’impegno gratuito (al fine di evitare, stante la presunzione di onerosità della prestazione lavorativa, possibili future pretese economiche) sia il luogo di residenza del volontario che quello di svolgimento della prestazione al fine di giustificare il riconoscimento del rimborso spese vive di trasferta.
Si ritiene che possa essere considerato tale il riconoscimento di una indennità chilometrica parametrata ai costi della autovettura utilizzata sulla base delle tabelle che l’Aci pubblica a tale fine.
Gli enti dilettantistici che si avvalgono di volontari devono assicurarli per la responsabilità civile verso i terzi. La copertura dovrà avvenire secondo le modalità previste dal decreto disciplinato dall’articolo 18, comma 2, del codice del terzo settore.
I volontari non necessariamente sono identificati negli associati. Potremmo, infatti, avere degli associati che non operano all’interno e in favore del loro sodalizio sportivo.
Si ritiene, invece, che un tesserato, ove presti la propria opera a titolo gratuito, necessariamente debba essere considerato un volontario.
Ne deriva che appare auspicabile che la copertura per la responsabilità civile sia inserita tra le garanzie assicurative collegate con il tesseramento ad una FSN/DSA/EPS disciplinate dall’articolo 51 L. 289/2002.
Ove ciò non accadesse si ritiene vi possa essere responsabilità degli amministratori in caso di mancata indicazione dei volontari e conseguente mancata loro copertura assicurativa.
Non vi è alcun obbligo, per le sportive non iscritte al Runts, di adozione del registro dei volontari vidimato. Ciò non significa che non possa essere opportuna la sua adozione, magari senza procedere alla vidimazione invece richiesta per gli enti del terzo settore.
Si ritiene che un “lavoratore sportivo” titolare di un contratto di lavoro, ad esempio, con una sportiva, possa, poi, svolgere una attività sportiva di volontariato in favore della Federazione sportiva di appartenenza.
I volontari che siano anche pubblici dipendenti ne dovranno dare mera comunicazione alla amministrazione di appartenenza.
Sarà possibile riconoscere, anche ai volontari “tesserati in qualità di atleti e tecnici” i premi per i risultati ottenuti nelle competizioni sportive previsti dal comma 6 quater dell’articolo 36 del decreto. Infatti detti premi non hanno natura negoziale (bisogna pertanto distinguerli da una retribuzione legata ai risultati) ma costituiscono atto unilaterale di erogazione legato all’alea di un risultato raggiunto. Possono essere erogati anche in occasione di raduni o partecipazioni ad attività di squadre nazionali.
Si applica, in tal caso, la disciplina di cui all’articolo 30 D.P.R. 600/1973, che prevede una ritenuta a titolo di imposta del 20% a rivalsa facoltativa.
Fatto 100 il valore del premio (che potrà essere anche in natura e, in tal caso, si farà riferimento al controvalore commerciale del bene) chi lo eroga potrà liberamente determinare se accollarsi la ritenuta dando 100 di premio al vincitore e pagando 20 all’Erario, oppure versare 80 agli sportivi e 20 al Fisco. L’importo, ovviamente, essendo tassato alla fonte non si cumula con gli altri redditi del percettore.
Le prestazioni sportive di volontariato sono incompatibili con qualsiasi forma di lavoro subordinato o autonomo e con ogni altro rapporto di lavoro retribuito con l’ente di cui il volontario è socio o associato o tramite il quale svolge la propria attività sportiva.