La gestione delle risorse umane alla luce della riforma dello sport – quarta parte
di Guido MartinelliEsaminate, nell’ambito dei precedenti contributi, le due presunzioni esistenti per quanto riguarda il rapporto di lavoro professionistico e dilettantistico, occorre ora richiamare l’articolo 25, comma 5, D.Lgs. 36/2021, il quale ricorda che: “per tutto quanto non diversamente disciplinato dal presente decreto ai rapporti di lavoro sportivo si applicano, in quanto compatibili, le norme di legge sui rapporti di lavoro nell’impresa, incluse quelle di carattere previdenziale e tributario”.
Ne deriva che, per poter valutare come inquadrare il rapporto di lavoro dello sportivo, fuori dal recinto delle presunzioni già esaminate, l’unica differenza enunciabile a priori è quella prevista dal codice civile.
Relativamente ai collaboratori dell’imprenditore, l’articolo 2094 cod. civ. chiarisce che “è prestatore di lavoro subordinato chi si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell’impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore“, mentre si concretizza, di fatto, la fattispecie del lavoro autonomo ai sensi degli articoli 2222 e segg. cod. civ. “Quando una persona si obbliga a compiere verso un corrispettivo un’opera o un servizio con lavoro prevalentemente proprio e senza alcun vincolo di subordinazione nei confronti del committente …”.
L’oggetto dell’obbligazione del lavoratore autonomo è costituito dalla realizzazione di un risultato (opera o servizio) mediante l’attività organizzata e svolta dal lavoratore stesso in piena autonomia e a proprio rischio; nel rapporto di lavoro subordinato, invece, l’oggetto è dato dalla prestazione di energie lavorative che il dipendente pone a disposizione, come elemento inserito nell’organizzazione dell’impresa, secondo le direttive e sotto la vigilanza del datore di lavoro.
È facile osservare come la distinzione codicistica non riesca tuttavia a risolvere il problema qualificatorio di una nutrita serie di rapporti di lavoro che presentano i caratteri sia dell’una che dell’altra categoria, come accade nel mondo dello sport.
Sul punto appare possibile individuare un criterio discriminatorio principale e alcuni sussidiari.
L’elemento principale di distinzione è dato dal fatto che il lavoratore subordinato è sottoposto ad un vincolo di assoggettamento gerarchico a cui è correlato il potere del datore di lavoro di imporre direttive sia generali sia inerenti alle modalità di svolgimento della singola prestazione. La subordinazione ha carattere personale e comporta l’assoggettamento del lavoratore, con limitazione della sua libertà, al potere direttivo del datore di lavoro.
Si ritengono invece criteri sussidiari per la determinazione del rapporto di lavoro subordinato i seguenti:
- l’oggetto delle prestazioni è costituito dalle prestazioni lavorative spese in favore della parte che ne beneficia;
- l’inserzione dell’attività lavorativa nell’organizzazione dell’impresa;
- l’utilizzo di strumenti procurati dal datore di lavoro;
- lo svolgimento di un’attività continuativa;
- l’assenza di rischio a carico del lavoratore legato alle congiunture economiche e di autonomia dell’attività svolta;
- la predeterminazione, da parte datoriale, delle modalità di espletamento del rapporto, l’inserimento gerarchico nell’azienda e la sottoposizione a controlli in relazione all’esatto adempimento delle prestazioni dovute;
- predeterminazione della retribuzione.
Il concetto di sussidiario significa che la presenza isolata di uno o più di tali criteri non necessariamente è sufficiente a configurare un rapporto subordinato.
Infatti, la Giurisprudenza ha ripetutamente affermato che gli altri elementi sopra identificati possono essere compatibili sia con il lavoro autonomo che con il lavoro subordinato, per cui possono avere un rilievo distintivo solo complementare e sussidiario.
Elemento caratterizzante, quindi, il rapporto diventa, oltre alle concrete modalità di svolgimento della prestazione, l’individuazione di quale sia stata la comune volontà delle parti al momento della conclusione dell’accordo lavorativo.
Nei casi in cui l’applicazione di tali regole astratte non riesca a risolvere il problema qualificatorio, la Giurisprudenza ha ricercato, inoltre, nella concreta attività svolta dal lavoratore determinati indizi e sintomi che, complessivamente valutati, possano indicare, in via presuntiva, la sussistenza di un rapporto di lavoro autonomo o subordinato.
Una serie di datati documenti di prassi amministrativa (circolare Inps n. 108 del 06.06.2000 e n. 58 del 12.03.1997) richiamano i criteri di valutazione per rilevare l’autonomia del rapporto, individuandoli nei seguenti:
- la mancata imposizione al lavoratore di un orario prestabilito da parte del committente;
- il compenso determinato in relazione alla professionalità e alle singole prestazioni;
- l’assenza di vincoli e sanzioni disciplinari;
- la libera scelta delle modalità di effettuazione della prestazione;
- la volontà dei contraenti diretta ad escludere la subordinazione.