La gestione profittevole di una casa di riposo non è incompatibile con la natura di ONLUS
di Fabio Landuzzi
La Corte di Cassazione con sentenza n. 21562 del 20 settembre 2013 è ritornata sulla controversa questione della compatibilità della natura di ONLUS di un ente che ha quale propria attività principale la gestione di una casa di riposo per anziani e che applica rette corrispondenti a valori di mercato, tanto da realizzare annualmente profitti.
L’Agenzia delle Entrate, seguendo le varie proprie interpretazioni che si sono succedute nel tempo, aveva infatti emesso un provvedimento di cancellazione dell’ente dall’Anagrafe unica delle ONLUS sostenendo che l’applicazione di rette allineate all’ordinario valore di mercato, unitamente al fatto che nel bilancio dell’ente figuravano altri proventi derivanti da attività prive di fine solidaristico, conducevano a negare la caratteristica ineludibile del fine assistenziale che deve contraddistinguere l’ente al fine di potersi qualificare ONLUS. Avverso questo provvedimento l’ente aveva proposto ricorso il quale, giunto al giudizio della Suprema Corte, è stato definitivamente accolto.
In primo luogo, nella sentenza in commento, la Cassazione osserva che l’accoglimento della pretesa dell’Amministrazione significherebbe affermare che la finalità di assistenza e di solidarietà sociale non possa essere perseguita se non in favore di soggetti che versano in condizioni di disagio economico; ma una simile affermazione sarebbe in contrasto con il dettato normativo e risulta altresì opposta dalla consolidata giurisprudenza della Suprema Corte (SS.UU. n. 24883/2008). Infatti, la finalità di solidarietà sociale può benissimo essere perseguita anche quando le cessioni di beni e le prestazioni di servizi sono rese in favore di persone svantaggiate in ragione delle loro “condizioni fisiche, psichiche, economiche, sociali o familiari”. La condizione di svantaggio economico del beneficiario della cessione o della prestazione, quindi, rappresenta una alternativa e non un fattore di necessaria concorrenza rispetto a quelli sopra indicati.
Per questa ragione, quindi, la finalità di solidarietà sociale può prescindere dal disagio economico del beneficiario – situazione che richiederebbe la gratuità o la simbolicità del corrispettivo – quando ricorrono le altre condizioni indicate dalla norma.
Per quanto riguarda il secondo aspetto, quello riferito alla presenza nel bilancio della ONLUS di proventi derivanti da altre attività, la Cassazione ha osservato che tale situazione non è affatto incompatibile con la connotazione non commerciale dell’ente; trattasi infatti di proventi di valore assoluto marginale e derivanti da attività del tutto accessorie: affitti attivi, interessi attivi, utili su cambi, ecc.
Il principio generale che viene affermato dalla Cassazione nella sentenza in commento è che la realizzazione di utili da parte della ONLUS non è di per sé incompatibile con il fine solidaristico dell’ente, purché gli utili vengano reimpiegati per la realizzazione di attività istituzionali o connesse, e che comunque gli stessi non siano distribuiti. Pertanto, secondo l’orientamento giurisprudenziale confermato nella sentenza in oggetto, ciò che l’Amministrazione dovrebbe dimostrare per cancellare dall’Anagrafe delle ONLUS l’ente è la sussistenza di un indebito utilizzo degli utili (lucro soggettivo) e non la presenza del realizzo di utili (lucro oggettivo) sia per mezzo della applicazione di corrispettivi allineati al valore di mercato dei beni / servizi, e sia per via del realizzo di altri proventi da attività correlate o accessorie.