Infatti, in forza della disposizione contenuta nell’articolo 12, comma 7, L. 212/2000, il momento del contraddittorio lascia la fase di svolgimento della verifica – durante la quale il contribuente può comunque giornalmente chiedere la verbalizzazione di sue osservazioni e richieste, a norma dell’articolo 32, comma 1, n. 2, D.P.R. 600/1973, e dell’articolo 52, comma 6, D.P.R. 633/1972 – per collocarsi in un momento di maggiore terzietà delle parti, non più direttamente coinvolte nell’attività di indagine.
Tale fase temporale, che segue la verifica, ma precede l’emissione dell’atto di accertamento, è stata opportunamente valorizzata dal legislatore, permettendo al contribuente – se lo ritiene opportuno – di assumere una posizione attiva nel procedimento di accertamento tributario, collaborando fattivamente all’eventuale riesame e rivalutazione del fatto impositivo.
Su questo aspetto ricordiamo che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 47/2023, ha riconosciuto che le garanzie previste nell’articolo 12, comma 7, L. 212/2000, “ trovano applicazione esclusivamente in relazione agli accertamenti conseguenti ad accessi, ispezioni e verifiche fiscali effettuate nei locali ove si esercita l’attività imprenditoriale o professionale del contribuente; ciò, peraltro, indipendentemente dal fatto che l’operazione abbia o non comportato constatazione di violazioni fiscali”.
La stessa Corte costituzionale, preso atto che “la mancata generalizzazione del contraddittorio preventivo con il contribuente, fin qui limitato a specifiche e ben tipizzate fattispecie, risulta ormai distonica rispetto all’evoluzione del sistema tributario, avvenuta sia a livello normativo che giurisprudenziale”, ha invitato il legislatore ad attivarsi per “un tempestivo intervento normativo che colmi la lacuna evidenziata”.
La delega fiscale (L. 111/2023) è, quindi, orientata ad accogliere il monito dei Giudici costituzionali, rendendo generalizzati i principi di fondo che già governano il contraddittorio preventivo nelle ipotesi attualmente disciplinate dal legislatore, superando così il “doppio binario” attualmente vigente per i casi diversi da quelli disciplinati dall’articolo 12, comma 7, L. 212/2000 (mediante accesso o “a tavolino”).
Infatti, l’articolo 17, L. 111/2023, indica i criteri direttivi specifici per la revisione dell’attività di accertamento, prevedendo l’applicazione in via generalizzata del principio del contraddittorio, a pena di nullità, fuori dai casi dei controlli automatizzati e delle ulteriori forme di accertamento di carattere sostanzialmente automatizzato (es. i cd. parziali automatizzati con i quali si recuperano redditi di fabbricati non dichiarati).
Il legislatore delegato, quindi, è invitato a predisporre una disposizione generale sul diritto del contribuente a partecipare al procedimento tributario, secondo le seguenti caratteristiche:
- disciplina omogenea, indipendentemente dalle modalità con cui si svolge il controllo (a tavolino, ovvero mediante accessi, ispezioni e verifiche);
- termine congruo a favore del contribuente – non inferiore a 60 giorni – per formulare osservazioni sulla proposta di accertamento;
- obbligo da parte dell’ente impositore di motivare espressamente sulle osservazioni formulate dal contribuente;
- estensione del livello di maggior tutela previsto dall’articolo 12, comma 7, L. 212/2000.
E già dalla prima bozza del decreto legislativo relativo allo Statuto del contribuente l’estensione delle maggiori tutele previste dall’articolo 12, comma 7, L. 212/2000, passa attraverso la sua abrogazione e contestuale introduzione di un contraddittorio generalizzato, che riguarda anche i controlli interni, prevedendo l’obbligo per l’Ufficio di comunicare al contribuente gli elementi essenziali del provvedimento, assegnando un termine non inferiore a sessanta giorni per consentirgli eventuali controdeduzioni ovvero, su richiesta, per accedere ed estrarre copia degli atti del fascicolo.
Il provvedimento non è adottato prima della scadenza del termine dei 60 giorni, ovvero a quello prorogato dall’Amministrazione, ove ritenuto necessario ai fini del contraddittorio, per non più di trenta giorni.
Se la scadenza di tale termine è successiva a quella del termine di decadenza per l’adozione del provvedimento conclusivo, ovvero se fra la scadenza del termine assegnato per l’esercizio del contraddittorio e il predetto termine di decadenza decorrono meno di centoventi giorni, tale ultimo termine è posticipato al centoventesimo giorno successivo alla data di scadenza del termine di esercizio del contraddittorio.