La mancata cancellazione dell’ipoteca comporta il risarcimento del danno al contribuente
di Gioacchino De PasqualeLa Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 26042 depositata ieri, 17 novembre, ha affrontato la questione della risarcibilità del danno nei confronti del contribuente impossibilitato alla vendita dell’immobile per la mancata cancellazione dell’ipoteca da parte dell’Agente della Riscossione.
Nel caso di specie, l’Agente della Riscossione aveva iscritto ipoteca su dei terreni di proprietà di una società a garanzia di “contributi finanziari non pagati”.
La società proprietari dei terreni, in vista della vendita dei suddetti beni immobili, aveva proceduto a saldare i propri debiti nei confronti dell’Agente della Riscossione, con contestuale richiesta della cancellazione dell’ipoteca.
Nonostante le richieste e sollecitazioni della società, alla data fissata per la stipula del contratto di cessione dei terreni (a distanza di un anno dalla richiesta di cancellazione dell’ipoteca sui terreni), l’Agente della Riscossione non aveva ancora provveduto alla cancellazione dell’ipoteca, rendendo impossibile la stipula del contratto di cessione dei terreni in questione e causando la revoca della irrevocabile proposta di acquisto da parte del promissario acquirente.
La negligenza dell’Agente della riscossione nella cancellazione dell’ipoteca, con conseguente impossibilità di stipulare il contratto di cessione dei terreni, sono le motivazioni alla base della richiesta di risarcimento danni da parte del contribuente nei confronti dell’Agente della riscossione.
Le richieste del contribuente sono state accolte in primo grado, con condanna dell’Agente della riscossione al pagamento della somma (euro 200.000), pari alla differenza tra il prezzo di acquisto del terreno e il prezzo di acquisto offerto dall’acquirente poi receduto dall’affare.
Di diverso avviso è stata la Corte di Appello, che nonostante abbia ritenuto la condotta posta in essere da parte dell’Agente della riscossione “negligente”, non ha ritenuto sussistente un danno nei confronti del contribuente, sostenendo che la “mancata vendita di un immobile non comporta un pregiudizio nei confronti del contribuente, considerando le notorie plusvalenze immobiliari nel tempo”.
In sostanza, secondo la Corte d’Appello, l’impossibilità di concludere il contratto di cessione dei terreni non ha causato un danno risarcibile al contribuente in quanto i beni immobili sono destinati ad acquistare valore nel tempo.
Tale tesi non è stata ritenuta corretta in punto diritto dalla Corte di Cassazione. Secondo la Suprema Corte, il danno esiste, e deve essere risarcito, quando tra il verificarsi dell’evento dannoso e la liquidazione, momento nel quale va stabilito il contenuto oggettivo del danno, il valore del bene muti considerevolmente.
Ove il danno sussista, il risarcimento deve consistere nella prestazione dell’equivalente della perdita subita, perdita pari alla differenza tra le condizioni del soggetto al momento della liquidazione e quelle in cui si sarebbe trovato il danneggiato se l’evento non fosse accaduto.
In ultimo la Suprema Corte evidenzia che nella quantificazione del danno va tenuto conto degli eventi che accrescono o aggravano il danno subito, cosi come degli eventi di apprezzamento o deprezzamento monetario.