La mancata risposta al questionario non sempre blocca la difesa
di Maurizio Tozzi – Comitato Scientifico Master Breve 365
Il tema della mancata risposta ad un questionario dell’Agenzia delle Entrate è molto delicato. Posto che l’Amministrazione Finanziaria è autorizzata ad espletare l’attività di accertamento, sono le conseguenze in capo al contribuente che meritano di essere analizzate. Due sentenze di separate Commissioni Tributarie Regionali, di Genova (n. 71 del 6 maggio 2013, depositata il 26 settembre 2013) e di Milano (n. 99/27/13, dl 25 gennaio 2013, depositata il 30 luglio 2013), risolvono favorevolmente la questione, ammettendo la produzione della documentazione in sede contenziosa e soprattutto sottolineando la necessità di procedere ad una interpretazione rigorosa dell’articolo 32, attuale quarto comma (in precedenza terzo), del DPR 600/73.
L’impossibilità di procedere all’analisi di documentazione probatoria deriva dalle ipotesi tassativamente previste dalla normativa. L’art. 32, predetto quarto comma, del DPR 600/73, sottende che in presenza di una rituale notifica di un questionario, il contribuente che, pur informato, non adempie alla presentazione della richiesta documentazione è impedito dal produrla successivamente in sede amministrativa e contenziosa. Il successivo quinto comma, però, è esplicito nell’evidenziare che il predetto impedimento non opera laddove il contribuente dichiari di “non aver potuto adempiere alle richieste degli uffici per causa a lui non imputabile”.
Dirimente al riguardo appare la posizione della Corte di Cassazione, richiamata con dovizia di particolari nella citata sentenza della CTR Milano, n. 99/27/13. In particolare, sul tema non può prescindersi da un’interpretazione rigorosa della norma (Cassazione, sentenza n. 16536 del 14 luglio 2010), atteso che la stessa è una “norma facente eccezioni a regole generali; la stessa non può essere applicata oltre i casi e i tempi da essa considerati e soprattutto deve essere interpretata in coerenza ed alla luce dei principi affermati dagli articoli 23 e 53 della Costituzione (…) nel senso che per sanzionarlo con la perdita della facoltà di produrre i libri e le altre scritture, il contribuente deve aver tenuto un comportamento diretto a sottrarsi alla prova e, dunque, capace di far fondatamente dubitare della genuinità di documenti che affiorino soltanto in seguito nel corso del giudizio”.
In parole povere:
- Il divieto di produrre documentazione difensiva è un’eccezione particolarissima che non può mai andare contro i principi fondamentali tutelati dalla Costituzione circa la giusta tassazione;
- Tale divieto richiede un comportamento diretto ed omissivo, quali come sottolineato dai giudici lombardi il rifiuto di esibire i documenti o la sottrazione dolosa degli stessi al controllo.
In altre ipotesi tale divieto non può operare. Si pensi al caso classico della mancata ricezione del questionario nelle mani proprie del contribuente per colpa a lui non imputabile, come nell’ipotesi di sostanziale trasferimento della residenza, comprovato da elementi certi. Se il contribuente scorge il questionario in ritardo o comunque ne viene a conoscenza solo a seguito della notifica dell’accertamento e provvede tempestivamente alla produzione della documentazione richiesta, non è sicuramente dubitabile la buona fede dello stesso, che addirittura produce detti documenti prima dell’avvio del contenzioso tributario, rispondendo ai dettami dello Statuto del Contribuente di cui alla legge 212/2000 in ordine alla collaborazione e reciprocità con il fisco. L’eventuale rifiuto ad operare il vaglio critico della documentazione contabile, ancorchè in una fase antecedente al contenzioso, rappresenta di fatto non solo una violazione del citato Statuto del Contribuente, ma anche dello stesso compito istituzionale dell’amministrazione finanziaria, un ente pubblico che deve assicurare il rispetto, in materia fiscale, degli articoli 23 e 53 della Costituzione.
Deriva dunque l’assunto che le mancate “incolpevoli” risposte ai questionari amministrativi non pregiudicano la linea difensiva. Ovviamente, la risposta al questionario prodromico all’accertamento è quantomai ottimale, posto che la produzione di tesi difensive obbliga poi l’amministrazione che intende accertare anche a superare quanto sostenuto dal contribuente, adeguatamente motivando al riguardo (sul tema si segnala, tra le altre, la recente sentenza CTR Sicilia n. 335/17/13). Senza dimenticare, inoltre, che sempre secondo la Corte di Cassazione (ex pluribus, sentenza n. 22765 del 28 ottobre 2009), tale divieto di esibizione può essere opposto solo se, in sede di richiesta, vi sia stato un esplicito riferimento da parte degli organi accertatori, non potendo essere considerato rifiuto la mancata esibizione di un qualcosa che non venga richiesto.
Ciò posto, il tema offre un ultimo spunto di riflessione: quale tipologia di accertamento segue alla mancata risposta al questionario. Sembra essere una banalità, dato che la lettura dell’articolo 39 non sembra offrire alternative: il solo accertamento espletabile è l’accertamento induttivo puro di cui all’articolo 39, secondo comma, lettera d-bis), in base al quale l’Ufficio è facoltizzato a prescindere in tutto o in parte dalle scritture contabili qualora, tra l’altro, “(…) il contribuente non ha dato seguito agli inviti disposti dagli uffici ai sensi dell’art. 32, primo comma, numeri 3) e 4) (…)”.. Gli altri accertamenti, ossia l’analitico (articolo 39, primo comma lettere c) e d) e il parziale (articolo 41-bis), che richiamano le risposte al questionario, sono applicabili solo se gli elementi che consentono di accertare derivano dalle risposte formulate. La soluzione adottata dal legislatore è la sola logica possibile in quanto:
- se il contribuente risponde ad un questionario, il confronto dei dati ivi indicati o l’analisi della documentazione richiesta permette il riscontro dei redditi dichiarati, procedendo ad accertamenti che possono essere analitici ovvero parziali a seconda delle informazioni, generali o mirate, richieste con il medesimo questionario;
- se invece il questionario non è prodotto, essendo non possibile il riscontro analitico della dichiarazione e/o dei dati contabili in forza dei documenti richiesti e non ricevuti e non potendo certo tale circostanza impedire all’amministrazione finanziaria il potere di accertare, è stabilita la facoltà di ricorrere a modalità di ricostruzione reddituale che prescindono dalle risultanze contabili.
Deriva l’ultimo assunto: controllare la tipologia di accertamento espletata e la relativa legittimità. Non fosse altro che per le conseguenze in termini di recupero. Una contestazione analitica potrebbe essere indirizzata nel disconoscimento di tutti i costi indicati in dichiarazione, posta la presunta assenza dei documenti. Di contro, invece, nell’ipotesi di accertamento induttivo puro, se da un lato opera la ricostruzione dei ricavi, dall’altro non potrà mancare il riconoscimento dei c.d. costi occulti.