La mediazione obbligatoria è compatibile con la Costituzione solo se non rende eccessivamente difficoltosa la tutela giurisdizionale
di Luigi Ferrajoli
Com’è noto, il D.L. 98/2011, convertito con L. 111/2011, ha introdotto nel contenzioso tributario tramite l’articolo 17 bis D.Lgs. 546/1992, l’istituto del reclamo-mediazione che deve essere proposto prima del ricorso per le controversie di valore non superiore ad euro 20.000.
L’istituto, così come concepito dalla predetta norma, ha quale conseguenza in caso di omessa presentazione l’inammissibilità del relativo ricorso, con conseguente decadenza del contribuente dal diritto di proporre l’azione.
Tale norma è stata duramente criticata in quanto di fatto ha reso più onerosa la tutela giurisdizionale del contribuente: le critiche sono state recepite dal legislatore che con la L. 147/2013 ha modificato l’articolo 17 bis D.Lgs. 546/1992 introducendo la seguente dicitura “la presentazione del reclamo è condizione di procedibilità del ricorso. In caso di deposito del ricorso prima del decorso del termine di novanta giorni, l’Agenzia delle entrate, in sede di rituale costituzione in giudizio, può eccepire l’improcedibilità del ricorso e il presidente, se rileva l’improcedibilità, rinvia la trattazione per consentire la Mediazione».
In tale seconda ipotesi, l’omesso esperimento del tentativo di mediazione ha quindi quale conseguenza l’improcedibilità dell’azione; tuttavia tale nuova formulazione si applica agli atti notificati a decorrere dal 02 marzo 2014.
Con la sentenza n. 98 del 16/4/2014, la Corte Costituzionale statuisce l’illegittimità costituzionale della prima versione dell’istituto in commento.
La questione di costituzionalità relativa all’art. 17 bis è stata sollevata da diverse Commissioni tributarie provinciali; in particolare la CTP di Perugia, nell’ordinanza di rimessione, ha evidenziato che la norma avrebbe violato gli articoli 3, 24 e 25 Cost. in quanto, tra l’altro, vi sarebbe stata un’incongruenza tra i termini previsti per il reclamo e la mediazione e l’immediata esecutività dell’avviso di accertamento; inoltre la tutela giurisdizionale sarebbe stata resa eccessivamente difficoltosa e vi sarebbe anche un’irragionevole ed ingiustificata disparità di trattamento tra contribuenti obbligati al pagamento di tributi in conseguenza di atti emessi dall’Agenzia delle entrate per un valore superiore ad euro 20.000 e quelli obbligati per tributi emessi da uffici diversi o per un valore inferiore a euro 20.000, per i quali invece non è previsto l’obbligo di esperimento della procedura del reclamo.
Con riferimento alla contestata violazione degli articoli 3 e 24 Cost., la Consulta ribadisce il proprio consolidato orientamento che esclude che la garanzia costituzionale delle tutela giurisdizionale implichi necessariamente una relazione di immediatezza tra il sorgere del diritto (o dell’interesse legittimo) e tale tutela, essendo al contrario, secondo i Giudici, consentito al legislatore di imporre l’adempimento di oneri che, condizionando la proponibilità dell’azione, ne comportino il differimento, purché gli stessi siano giustificati da esigenze di ordine generale o da superiori finalità di giustizia.
Tali circostanze di giustificazione, secondo la Corte, sussisterebbero anche nel caso in esame, poiché l’istituto del reclamo-mediazione soddisferebbe l’interesse generale sotto due aspetti: risolverebbe situazioni sostanziali in modo meno dispendioso portando vantaggi a contribuente ed Amministrazione finanziaria e, inoltre, ridurrebbe il numero dei procedimenti incardinati avanti alle Commissioni tributarie.
A parere dei Giudici non sussisterebbe inoltre l’invocata irragionevole disparità di trattamento tra contribuenti che sono parti di controversie che rientrano nell’ambito di applicazione della norma impugnata e tutti gli altri, poiché il legislatore avrebbe perseguito l’interesse generale a deflazionare il contenzioso tributario in modo ragionevole, prevedendo il rinvio dell’accesso al giudice con riguardo alle liti che rappresentano il numero più consistente delle controversie tributarie.
La Corte evidenzia invece la fondatezza dell’invocata illegittimità costituzionale della norma impugnata per violazione dell’articolo 24 Cost. nella parte in cui è previsto che l’omissione della presentazione del reclamo comporti l’inammissibilità del ricorso: i Giudici osservano che il legislatore è sempre tenuto ad osservare il limite imposto dall’esigenza di non rendere la tutela giurisdizionale eccessivamente difficoltosa, deve contenere l’onere nella misura meno gravosa possibile e deve operare un «congruo bilanciamento» tra l’esigenza di assicurare la tutela dei diritti e le altre esigenze che il differimento dell’accesso alla stessa intende perseguire.
La Consulta precisa inoltre che: “… resta, ovviamente, estranea all’oggetto del presente giudizio ogni valutazione in ordine alla legittimità costituzionale del comma 2 dell’art. 17-bis nel testo attualmente vigente”.