La “navigazione in alto mare” al vaglio della Corte europea
di Marco PeiroloLe operazioni relative alle navi adibite alla navigazione in alto mare sono esenti da Iva se l’imbarcazione si sposta da un luogo situato all’interno delle acque dell’Unione europea verso un luogo al di fuori delle acque stesse, dove verranno esercitate le attività oggetto dell’esenzione.
Per beneficiare dell’agevolazione non è, pertanto, sufficiente che la nave sia idonea ad essere utilizzata in alto mare, dovendo essere sostanzialmente ed effettivamente impegnata in attività svolte in alto mare.
In tal senso si è espresso l’Avvocato generale presso la Corte di giustizia UE nelle conclusioni presentate il 10 aprile 2019 in merito alla causa C-291/18 (Grup Servicii Petroliere), avente per oggetto l’interpretazione dell’articolo 148, lett. a) e c), Direttiva 2006/112/CE, che qualifica come esenti da imposta, rispettivamente, le cessioni di beni destinati al rifornimento e al vettovagliamento delle navi adibite alla navigazione in alto mare, nonché le cessioni, trasformazioni, riparazioni, manutenzioni, noleggi e locazioni di tali navi, oltre alle cessioni, locazioni, riparazioni e manutenzioni degli oggetti in esse incorporati o destinati al loro servizio.
La controversia, sorta nell’ambito della normativa rumena, riguarda la possibilità di qualificare le piattaforme di trivellazione autoelevatrici come navi adibite alla navigazione in alto mare, negata dalle Autorità fiscali locali, in quanto tali piattaforme, sebbene possano considerarsi come navi ai sensi della legislazione nazionale e siano idonee alla navigazione marittima illimitata, durante l’attività di perforazione non navigano, ma si trovano in posizione stazionaria: le loro gambe sono abbassate e poggiano sul fondo marino per sollevare il pontone (il corpo galleggiante) sopra il livello dell’acqua, ad un’altezza di 60-70 metri.
L’Avvocato UE, in esito alle proprie considerazioni, ha escluso non solo che le piattaforme di perforazione mobile siano riconducibili al concetto di nave, ma anche che le stesse siano adibite alla navigazione in alto mare, per tale intendendosi quella effettuata nella parte di mare che eccede il limite massino di 12 miglia nautiche misurate a partire dalle linee di base previste dal diritto internazionale del mare (articolo 3 della Convenzione di Montego Bay).
Sotto il primo profilo, è stato osservato che: “Nel linguaggio comune il termine «nave» denota un’imbarcazione di qualsivoglia tipo che sia in grado di svolgere qualche attività in acqua, che comprenda il trasporto di persone o di merci, a prescindere dal fatto che ciò avvenga a titolo oneroso o meno o semplicemente a fini ricreativi. Pertanto, dubito alquanto che una piattaforma di questo tipo possa essere propriamente descritta come «nave» nel suddetto senso, poiché non trasporta passeggeri o merci sull’acqua: si tratta piuttosto di un macchinario di grandi proporzioni fabbricato dall’uomo che, una volta spostato, è fissato sul fondale marino per fini di perforazione. Se è pur vero che, secondo le informazioni fornite alla Corte in udienza, esiste un equipaggio a bordo di siffatta piattaforma e che vi è un giornale di bordo, si può nondimeno osservare che le piattaforme di perforazione autoelevatrici sembrano essere prive di molte delle caratteristiche tipiche di un natante, come la prua, le ancore o il timone, sebbene spetti in ultima analisi al giudice nazionale verificare caso per caso detta questione. Né sembra che vi sia alcun meccanismo convenzionale di pilotaggio: per esempio nessuna timoneria, sebbene ancora una volta questi siano dettagli che spetta al giudice nazionale verificare. Inoltre, in base alle informazioni fornite alla Corte in udienza, le piattaforme di cui trattasi nel presente procedimento sono del tipo che non dispone di alcun mezzo di propulsione autonoma” (punto 43).
Sotto il secondo profilo, l’Avvocato UE ha escluso che le piattaforme di trivellazione autoelevatrici siano adibite alla navigazione in alto mare, non essendo dotate di alcuna capacità di propulsione autonoma idonea a consentirne la navigazione al di fuori delle acque dell’Unione.
In sostanza, “le operazioni contemplate dall’articolo 148, lettere a) e c), sono esentate in quanto connesse a beni o servizi acquistati all’interno dei territori dell’Unione europea, ma in previsione di utilizzo al di fuori di tali territori. Ciò significa, in altri termini, che la nave in questione deve spostarsi da un luogo situato all’interno delle acque dell’Unione europea in un luogo al di fuori di tali acque, dove verranno esercitate le attività in questione. È precisamente per questi motivi che (…) non è sufficiente che una nave sia idonea ad essere utilizzata in alto mare. A mio avviso, la nave deve essere sostanzialmente ed effettivamente impegnata in attività svolte in alto mare” (punto 59).
È il caso di rilevare che tale conclusione, secondo cui la condizione relativa all’alto mare implica che la nave debba essere concretamente utilizzata nelle acque extra-territoriali, diverge da quella sostenuta nella causa in commento dal Governo italiano, per il quale sarebbe sufficiente l’idoneità potenziale della nave a navigare al di fuori delle acque dell’Unione, indipendentemente dal tempo trascorso in alto mare.
A ben vedere, sulla portata della non imponibilità dell’articolo 8-bis D.P.R. 633/1972, per ciò che riguarda le navi adibite alla navigazione in alto mare, l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti con le risoluzioni 2/E/2017 e 6/E/2018, secondo cui la detassazione non opera affatto a prescindere dal tempo trascorso in alto mare. Essa, infatti, viene riconosciuta nei confronti delle navi che effettuano concretamente e in misura prevalente la navigazione in alto mare, laddove tale condizione è considerata soddisfatta per le navi che, con riferimento all’anno precedente, hanno effettuato in misura superiore al 70% viaggi in alto mare.
Nell’attesa della pronuncia della Corte europea, il riferimento alla prevalenza della navigazione in alto mare è da ritenere comunque compatibile con la normativa unionale.
Significativo, al riguardo, è il punto 21 della sentenza relativa alla causa C-197/12 del 21 marzo 2013 (Commissione/Francia), dove si afferma che: “Elle [la Commissione UE] relève, par ailleurs, que la République française n’applique pas sa propre interprétation de la condition d’affectation à la navigation en haute mer, selon laquelle les bateaux concernés par l’exonération en cause devraient naviguer de façon régulière, voire prépondérante, en haute mer et que, en vertu de la réglementation en vigueur en France, les bateaux de commerce bénéficient de l’exonération de TVA dès lors qu’ils remplissent trois critères particuliers, sans pour autant être effectivement affectés à la navigation en haute mer, voire sans jamais gagner la haute mer”.
La Corte ha confermato, pertanto, che il concetto di navigazione di alto mare non implica la navigazione esclusiva, ma prevalente, al di fuori delle acque dell’Unione.