13 Settembre 2021

La nuova composizione negoziata della crisi: quali differenze rispetto alle previsioni del Codice della crisi?

di Massimo Buongiorno
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Il Codice della Crisi e dell’Insolvenza delle Imprese venne pubblicato in Gazzetta Ufficiale solamente il 14 febbraio 2019, ma da allora sembra trascorso un secolo, e non solamente per la pandemia, ma soprattutto per i numerosi interventi che il legislatore ha apportato al Codice prima che entrassero in vigore la maggior parte dei suoi istituti (senza pretesa di esaustività: modifica di limiti e momento della nomina per il revisore, ripetute dilazioni del momento di entrata in vigore, revisione dell’intero codice con il D.Lgs. 147/2020 e anticipazione dell’articolo 48 Codice della crisi che consente al tribunale di omologare un accordo di ristrutturazione dei debiti ed un concordato preventivo anche in mancanza di adesione da parte dell’amministrazione finanziaria e degli enti previdenziali).

Importanti cambiamenti sono ora introdotti dal D.L. 118/2021 che, oltre a ritardare ulteriormente l’entrata in vigore del Codice della Crisi al 16 maggio 2022 e delle misure di allerta al 31 dicembre 2023, prevede un nuovo strumento di gestione della crisi non previsto dal Codice della Crisi: la composizione negoziata.

Limitando l’analisi alla sola modalità di accesso alla composizione negoziata della crisi, l’articolo 2 D.L. 118/2021 prevede che vi possa accedere volontariamente l’imprenditore commerciale ed anche quello agricolo (possibilità non concessa dal Codice) il quale richiede alla Ccia competente la nomina di un esperto indipendente che si attiverà per agevolare gli accordi con i creditori.

Il citato articolo 2, al primo comma, limita l’accesso a questo strumento ai casi nei quali risulta ragionevolmente perseguibile il risanamento dell’impresa.

La verifica di tale ragionevolezza dovrà avvenire sulla base delle informazioni contenute in una nuova piattaforma telematica nazionale gestita dalle Ccia.

In termini generali la piattaforma conterrà “indicazioni operative per la redazione del piano di risanamento e un test pratico per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento accessibile da parte dell’imprenditore e dei professionisti dallo stesso incaricati” (articolo 3, comma 1, D.L. 118/2021).

Si attende entro il prossimo 25 settembre il decreto del Ministero della Giustizia che definirà nel dettaglio il contenuto della piattaforma.

L’esperto sarà scelto all’interno di un elenco tenuto presso ciascuna Ccia nel quale possono essere inseriti gli iscritti da almeno cinque anni:

  1. all’albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili;
  2. all’albo degli avvocati che documentano di aver maturato precedenti esperienze nel campo della ristrutturazione aziendale e della crisi d’impresa;
  3. all’albo dei consulenti del lavoro che documentano di aver concorso, almeno in tre casi, alla conclusione di accordi di ristrutturazione dei debiti omologati o di accordi sottostanti a piani attestati o di avere concorso alla presentazione di concordati con continuità aziendale omologati.

Rimane infine la possibilità di inserire quei professionisti non iscritti ad albo ma che documentino precedenti esperienze nella gestione della crisi, avendo svolto funzioni di amministrazione, direzione e controllo.

L’accesso all’elenco è comunque subordinato allo svolgimento della formazione che sarà definita dal suddetto decreto.

Il legislatore, anche tenendo conto delle indicazioni contenute nella Direttiva UE 1023/2019 Insolvency, ha quindi ritenuto di superare molte delle previsioni contenute nel Titolo II della Parte Prima del Codice della Crisi ed inerenti le misure di allerta.

Vengono meno le segnalazioni all’organo amministrativo prima, e all’Ocri poi, che costituivano l’ossatura dei meccanismi di allerta esterna e sono sostituite dalla sola segnalazione da parte dell’organo di controllo agli amministratori della società, che è dovuta quando sussistono i presupposti per l’accesso alla composizione negoziata.

Contestualmente alla segnalazione, l’organo di controllo fissa un termine di 30 giorni perché l’organo amministrativo riferisca sulle iniziative prese. La tempestiva segnalazione limita la responsabilità dell’organo di controllo.

La nuova disciplina non prevede alcun ruolo per gli Ocri, centrali nel Codice, ed ugualmente non si fa cenno all’Albo degli esperti che viene sostituito da un elenco con requisiti diversi di accesso (ad esempio accesso automatico per commercialisti e limitato per avvocati e consulenti del lavoro o per chi si è già occupato di crisi di impresa).

Viene poi introdotta una nuova piattaforma che pare voler superare le indicazioni contenute nell’articolo 13 del Codice della Crisi (e quindi anche del documento del Cndcec dell’ottobre 2019) in merito all’accertamento della sussistenza della crisi.

Rimangono inalterate nella composizione negoziata molte delle caratteristiche della composizione assistita di cui agli articoli 19 e ss. Codice della Crisi, quali l’accesso volontario da parte dell’imprenditore, la durata non superiore a sei mesi, la previsione di misure protettive del patrimonio e di premialità per l’imprenditore che vi accede in modo tempestivo, la sospensione degli obblighi previsti dagli articoli 2446 e 2447 cod. civ..

È assodato il carattere non temporaneo della nuova disciplina che prevede infatti l’istituzione di elenchi e piattaforme che non avrebbero senso per il solo periodo di transizione fino all’entrata in vigore del Codice. In particolare, i meccanismi di allerta paiono destinati a non entrare mai in vigore per come sono previsti dal Codice della crisi.

Qualsiasi giudizio sulla nuova disciplina è oggi prematuro e da rinviare a quando disporremo del decreto del Ministero della Giustizia; si rileva solamente che il compito dell’esperto, inteso come organo singolo e non collegiale (al contrario di quando previsto dal Codice della crisi), di concludere accordi in soli sei mesi non pare di agevole attuazione.