La nuova mappa degli interpelli
di Enrico FerraIl 22 ottobre sono entrate in vigore le nuove norme in materia di interpello, a cui il D.Lgs. n.156/2015 dedica l’intero Titolo I, rendendo sicuramente più articolata e più organica la relativa disciplina rispetto al passato. La nuova versione dell’art.11 dello Statuto del Contribuente contempla, infatti, quattro momenti in occasione dei quali il contribuente può dialogare preventivamente con l’amministrazione finanziaria allo scopo di ottenere un parere qualificato su specifiche fattispecie ovvero disapplicare un regime particolarmente sfavorevole.
In dettaglio, il contribuente può interpellare l’amministrazione per ottenere una risposta riguardante fattispecie concrete e personali relativamente a:
- “l’applicazione delle disposizioni tributarie, quando vi sono condizioni di obiettiva incertezza sulla corretta interpretazione di tali disposizioni e la corretta qualificazione di fattispecie alla luce delle disposizioni tributarie applicabili alle medesime, ove ricorrano condizioni di obiettiva incertezza e non siano comunque attivabili le procedure di cui all’articolo 31-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, introdotto dall’articolo 1 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147 e di cui all’articolo 2 del medesimo decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147” (interpello ordinario interpretativo-qualificatorio);
- “la sussistenza delle condizioni e la valutazione della idoneità degli elementi probatori richiesti dalla legge per l’adozione di specifici regimi fiscali nei casi espressamente previsti” (interpello probatorio);
- “l’applicazione della disciplina sull’abuso del diritto ad una specifica fattispecie” (interpello antiabuso).
Alla quarta forma di interpello (interpello disapplicativo), che in buona sostanza sostituisce quello previsto dal vecchio art.37-bis, co.8, del d.P.R. n.600/73, il legislatore dedica uno specifico comma, volendo evidenziare, da un lato, la necessità di passare da questo tipo di confronto qualora s’intenda disapplicare talune limitazioni ordinariamente consentite e, dall’altro, la sua specificità in relazione alla possibilità di impugnare le risposte dell’amministrazione che risultassero non conformi al pensiero dell’interpellante.
In tale ultimo caso, il comma 2 del medesimo art.11 consente al contribuente di consultare l’amministrazione finanziaria “per la disapplicazione di norme tributarie che, allo scopo di contrastare comportamenti elusivi, limitano deduzioni, detrazioni, crediti d’imposta, o altre posizioni soggettive del soggetto passivo altrimenti ammesse dall’ordinamento tributario, fornendo la dimostrazione che nella particolare fattispecie tali effetti elusivi non possono verificarsi”.
Uno degli aspetti di maggior rilievo rispetto al passato riguarda i termini tassativi di risposta, ora differenziati in funzione dei vari tipi di interpello. Infatti, l’amministrazione risponde alle istanze di cui:
- alla lettera a) del comma 1 (interpello ordinario interpretativo-qualificatorio) nel termine di 90 giorni;
- alle lettere b) e c) del medesimo comma 1 (interpelli probatorio e antiabuso) ed a quelle di cui al comma 2 (interpello disapplicativo) nel termine di 120 giorni.
Per tutte le tipologie di interpello la regola è quella del silenzio – assenso, da parte dell’amministrazione, della soluzione prospettata dal contribuente; regola che vale, peraltro, per tutti i comportamenti successivi riconducibili alla fattispecie oggetto di interpello.
Il decreto chiarisce poi due aspetti piuttosto condivisibili, cioè che non ricorrono le condizioni di obiettiva incertezza quando l’amministrazione ha compiutamente fornito la soluzione per fattispecie corrispondenti a quella rappresentata dal contribuente e che la presentazione delle istanze non incide in alcun modo sulle scadenze previste dalle norme tributarie, né sulla decorrenza dei termini di decadenza e non comporta interruzione o sospensione dei termini di prescrizione.
Come precisato, tutte le istanze devono essere caratterizzate dal requisito della “preventività”, ossia devono essere presentate prima della scadenza dei termini previsti per la presentazione della dichiarazione o per l’assolvimento di altri obblighi tributari aventi ad oggetto o comunque connessi alla fattispecie cui si riferiscono le istanze medesime.
Inoltre, tralasciando gli aspetti connessi al contenuto delle istanze, alle modalità di presentazione, all’istruttoria dell’interpello e alle cause di inammissibilità, si evidenzia come la nuova disciplina risolva in via normativa un aspetto piuttosto dibattuto negli ultimi anni, sancendo espressamente l’impugnabilità delle risposte negative rese alle istanze di interpello di cui al comma 2 (interpello disapplicativo) unitamente all’atto impositivo; diversamente, avverso le risposte alle prime tre forme di interpello non sarà possibile proporre ricorso.
Sempre in merito all’interpello disapplicativo, la norma prevede che, nel caso sia fornita una risposta alle relative istanze, il conseguente atto di accertamento sia proceduto, a pena di nullità, dalla notifica di una richiesta di chiarimenti da fornire entro il termine di sessanta giorni. È inoltre imposto un dovere di “super motivazione” dell’atto impositivo, che dovrà essere specificamente motivato, a pena di nullità, anche in relazione ai chiarimenti forniti dal contribuente.
Infine, è contemplata una specifica deroga alle disposizioni che sanciscono l’impossibilità di fornire in sede amministrativa e contenziosa le notizie e i dati non addotti nonché gli atti, i registri o i documenti non esibiti o non trasmessi in risposta agli inviti dell’ufficio. Di conseguenza, nessuna preclusione per la fase contenziosa dovrebbe operare in relazione alle informazioni non fornite nel corso dell’istruttoria delle istanze di interpello.