31 Luglio 2024

La “nuova” motivazione degli avvisi di accertamento

di Luigi Ferrajoli
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La scheda di FISCOPRATICO

Il D.Lgs. 219/2023, contenente le modifiche allo Statuto del contribuente in applicazione della legge delega di riforma fiscale (L. 111/2023), apporta diverse modifiche all’articolo 7, L. 212/2000, in tema di motivazione degli atti tributari.

L’intervento del legislatore della riforma sul contenuto della motivazione degli atti tributari appare assai rilevante. In primo luogo, viene esplicitato che il requisito della motivazione per gli atti dell’Amministrazione finanziaria autonomamente impugnabili dinanzi agli organi della giurisdizione tributaria è richiesto a pena di annullabilità dell’atto. Questa specificazione, in precedenza ricavabile dalle disposizioni in tema di accertamento delle singole imposte, è ora contenuta nello Statuto del contribuente e si applica in generale a tutti gli atti autonomamente impugnabili dell’Amministrazione finanziaria, indipendentemente dalle previsioni specifiche delle leggi che disciplinano i singoli tributi.

Sotto il profilo del contenuto, la motivazione post-riforma richiede l’indicazione specifica dei presupposti e dei mezzi di prova su cui si fonda la decisione di adottare in concreto il provvedimento. Con la nuova formulazione, l’indicazione dei presupposti senza ulteriore specificazione rappresenta una sintesi della precedente versione che parlava invece di presupposti di fatto e ragioni giuridiche. Quindi, per presupposti si devono intendere sia quelli di fatto che quelli di diritto.

Il riferimento, invece, ai mezzi di prova, può essere oggetto di interpretazioni diverse. Infatti, sul piano strettamente tecnico, per mezzi di prova si intendono i tipi di prova (documenti, testimonianze, atti, verbali). Se fosse questo il senso, assai generico, da attribuire all’espressione utilizzata, non servirebbe a circoscrivere esattamente il contenuto delle prove e, quindi, non sarebbe in grado di assolvere alla funzione di dare maggiore consistenza conoscitiva al fondamento del provvedimento adottato. Peraltro, la stessa legge delega esprime chiaramente l’intento “di rafforzare l’obbligo di motivazione degli atti impositivi, anche mediante l’indicazione delle prove su cui si fonda la pretesa”. Il che induce a ritenere prevalente un’interpretazione dell’espressione “mezzi di prova” che valorizzi il collegamento fra quanto deve essere indicato in motivazione e la sua attitudine a fondare la pretesa tributaria. Quindi, non può trattarsi della mera indicazione dei mezzi di prova, ma deve trattarsi dell’indicazione, per quanto sintetica, degli elementi e argomenti di prova da cui si può comprendere quantomeno il fumus di un fondamento della pretesa. Cosa che, evidentemente, può essere desunta solo se è nota non solo la natura, ma anche la qualità delle prove su cui si poggia la tesi dell’Ufficio.

Quanto alla motivazione per relationem, l’intervento del riformatore è di sostanziale adeguamento agli orientamenti giurisprudenziali sviluppatisi intorno a questo tema. In particolare, viene previsto che, anzitutto, l’allegazione dell’atto richiamato nel provvedimento tributario è prevista solo se si tratta di un atto che non sia già stato portato a conoscenza dell’interessato; in secondo luogo, in alternativa all’allegazione dell’atto richiamato nel provvedimento tributario, è possibile riprodurne il contenuto essenziale, a condizione che la motivazione indichi espressamente le ragioni per le quali i dati e gli elementi contenuti nell’atto richiamato si ritengono sussistenti e fondati.

Peraltro, la disciplina della motivazione per relationem, pur adeguandosi agli orientamenti giurisprudenziali sulla questione con riferimento alla precedente versione, non si cura di coordinare tale normativa con la nuova disciplina in tema di contenuto della motivazione, che ora richiede, fra gli elementi strutturali, anche l’indicazione dei mezzi di prova. Tuttavia, ancorché non espressamente precisato, si deve ritenere implicitamente richiesto che l’atto richiamato – sia esso già conosciuto dal contribuente, allegato o del quale venga riprodotto il contenuto essenziale – quanto il contenuto necessario della motivazione dell’atto che lo richiama, soddisfi i requisiti dell’indicazione dei presupposti e dei mezzi di prova su cui si fonda la decisione. Diversamente, questi devono comunque essere specificati nell’atto motivato per relationem.

Di particolare rilevanza è, poi, il nuovo comma 1-bis, dell’articolo 7, Statuto del contribuente, nel quale è contenuta una norma che si ricollega al principio del ne bis in idem procedimentale, di cui al nuovo articolo 9-bis, Statuto del contribuente. Si tratta del divieto per l’Amministrazione finanziaria di integrare o modificare successivamente i fatti e i mezzi di prova a fondamento dell’atto, se non attraverso l’adozione di un ulteriore atto, ove ne ricorrano i presupposti e non siano maturate decadenze. La nuova norma specifica, quindi, espressamente che la modificabilità dei fatti e dei mezzi di prova di un atto potrà essere consentita mediante l’adozione di un ulteriore atto, a condizione che questo abbia i requisiti (sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi) previsti dall’articolo 41-bis, D.P.R. 600/1973, e, ovviamente, non siano decorsi i termini di decadenza dell’azione accertatrice.