La prova diabolica nelle vincite in contante al casinò
di Niccolò Di Belladenaro contante è cosa nota; come è nota la
difficoltà che incontra il contribuente che intende fornire
adeguate giustificazioni all’Amministrazione Finanziaria circa le movimentazioni in contante registrate sui conti correnti, nonostante le stesse siano il frutto di proventi non soggetti a tassazione o assoggettati a prelievo alla fonte a titolo di imposta.
vincite conseguite presso le sale da gioco dei casinò di
Venezia, Campione d’Italia, San Remo e Saint Vincent. In base a quanto ribadito dalla Circolare Min. Fin. 02/06/1997 151/E, infatti, l’esercizio del gioco nei predetti casinò rientra tra quelle attività soggette ad
imposta sugli spettacoli, ai sensi dell’art. 1 del D.P.R. 640/1972; in virtù di tale disposizione, in ossequio a quanto previsto dall’art. 30, c.7, del D.P.R. 600/1973,
la ritenuta sulle vincite corrisposte dalle suddette case da gioco è interamente compresa nell’imposta sugli spettacoli da queste versata, con la diretta conseguenza che qualsiasi ammontare il giocatore/contribuente abbia vinto è da considerare non solo privo di imposizione in capo allo stesso, ma altresì
esente da qualsivoglia obbligo dichiarativo.
segnalazione di reato alla Procura della Repubblica ai sensi dell’art. 331 del c.p.p., con il conseguente
raddoppio dei termini per l’accertamento (segnalazione che peraltro rappresenta una delle questioni che la Legge Delega fiscale 23/2014 intende razionalizzare).
problema che vogliamo evidenziare è il seguente: come può un contribuente (magari titolare di reddito di lavoro autonomo o di impresa) dimostrare che certi accrediti e certi addebiti sul suo conto corrente sono riferiti a vincite nei suddetti casinò e non a redditi inerenti alla sua attività professionale/aziendale sfuggiti a tassazione? Come può dimostrare la sua estraneità a comportamenti “evasivi”, in assenza di una più che valida prova documentale?
riscosso in contanti – e depositato nel suo conto (magari a distanza di parecchi giorni) – le somme vinte in maniera ripetuta, il rischio è la
ripresa a tassazione di somme tutt’altro che esigue, con i ben noti riflessi in ordine alle maggiori imposte, sanzioni ed interessi.
difendersi provando l’assidua presenza del soggetto accertato
nelle sale da gioco, in quanto tale “attività” potrebbe esser letta dall’Amministrazione Finanziaria come un tentativo di “lavaggio” di denaro riscosso in altro modo. Si potrebbe tentare di evidenziare la contestualità di certi prelievi, necessari per effettuare le giocate, con le somme versate? Forse… Ma anche qui, stentiamo a credere che l’Ufficio possa ammettere una simile prova, tutt’altro che “schiacciante”.
far pace con il Fisco attraverso uno degli
strumenti deflattivi del contenzioso presenti nel nostro Ordinamento, dal momento che
l’esito di un ricorso innanzi ai Giudici tributari in assenza di prove documentali circa le movimentazioni in contanti è alquanto
scontato.
probatio diabolica, estremamente
difficile da fornire.