2 Agosto 2024

La questione “avviamento” nel conferimento di azienda: il correttivo Ires

di Paolo Meneghetti - Comitato Scientifico Master Breve 365
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La scheda di FISCOPRATICO

Il tema del trasferimento dell’azienda (o del ramo di azienda) è certamente centrale nella dinamica gestionale di una impresa rappresentando, altresì, una questione fondamentale che si presente più volte nella vita professionale di un commercialista. Le modalità con cui è possibile raggiungere il risultato del trasferimento a terzi di una azienda sono varie, così come altrettanto variegate sono le conseguenze di ordine civilistico e fiscale. A tali problematiche, peraltro, è dedicata una specifica giornata del prossimo Master Breve, che si terrà ad ottobre 2024.

Tra le varie opzioni che l’imprenditore può valutare per trasferire un’azienda, una tra le più interessanti è il conferimento della stessa azienda a società di nuova costituzione o direttamente alla società partecipata dall’acquirente. La procedura, di norma, si conclude successivamente con le opportune cessioni di partecipazioni che permettono di perfezionare il trasferimento dell’azienda all’acquirente, anche sotto il profilo della detenzione dei pacchetti partecipativi.

Peraltro, il tema del conferimento di azienda è di rilevante attualità, per effetto di alcune modifiche normative che sono presenti nel cosiddetto Correttivo Ires, cioè il Provvedimento approvato in via preliminare dal Consiglio dei ministri dello scorso 30.4.2024 che interviene per realizzare concretamente la riforma della imposta sulle società, prevista dall’articolo 6, L. 111/2023.

 

Conferimento di azienda e disciplina fiscale dell’avviamento

Una modifica di contenuto molto succinto (di fatto vengono aggiunte poche parole), ma di effetto decisamente rilevante, è contenuta nell’articolo 17, Correttivo Ires, in cui si aggiunge, all’articolo 176, comma 1, secondo periodo, Tuir, la locuzione “compreso il valore dell’avviamento”. Letta la norma, in questi nuovi termini, si potrà dire che la conferitaria subentra nelle posizioni dell’attivo e del passivo della conferente in continuità dei valori e, tra le poste dell’attivo, è compreso anche l’avviamento. Per capire con precisione il senso e la portata di tale semplice modifica, occorre fare un passo indietro ed inquadrare lo scenario che si manifestava prima delle modifiche del Correttivo Ires, laddove oggetto di conferimento fosse un ramo di azienda già acquisito da terzi da parte della conferente e, quindi, comprensivo di avviamento pagato al cedente e, come tale, iscritto tra le poste dell’attivo patrimoniale.

La domanda fondamentale è la seguente: nel conferimento di un’azienda (o di un ramo d’azienda), la posta avviamento – iscritta nell’attivo per effetto di una precedente acquisizione – viene trasferita alla società conferitaria? Questa domanda è diventata oggetto di dibattito da quando l’Agenzia delle entrate, con la circolare n. 8/E/2010 ha affermato, non senza un certo stupore da parte degli operatori, che l’avviamento resta fiscalmente ancorato al soggetto dante causa, qualunque sia la scelta civilistica che le parti hanno attuato. Di fronte a questa presa di posizione, si è trattato di capire se essa spiegasse efficacia su tutti i soggetti che hanno compiuto operazioni di conferimento, ovvero se, come lascia intendere la Circolare Assonime 20 del 15.6.2010, la tesi dell’Agenzia delle entrate sia applicabile solo a talune imprese IAS adopter e non lo sia per le imprese che applicano i principi contabili nazionali. Le ricadute di questa vicenda sul fronte dichiarativo (Modello Redditi) sono di tutta evidenza, poiché cambia la base imponibile dei soggetti che hanno partecipato al conferimento: se l’avviamento rimane ancorato all’impresa conferente, questa ha titolo per dedurne la quota di ammortamento; al contrario, se l’avviamento viene trasferito all’impresa conferitaria, è quest’ultima che ne deduce le residue quote d’ammortamento, come accade per gli altri elementi dell’attivo e del passivo.

Occorre aggiungere che, secondo l’Agenzia delle entrate, era irrilevante la modalità con la quale l’avviamento fosse stato acquisito dall’impresa conferente: poteva trattarsi di un precedente conferimento cui sia stato dato riconoscimento fiscale tramite il riallineamento, ma poteva anche trattarsi di un precedente acquisto d’azienda. Viceversa, non è mai stato chiaro se la tesi dell’Agenzia delle entrate, cioè il mantenimento dell’avviamento in capo al soggetto dante causa, si applicasse anche all’ipotesi di trasferimenti realizzativi, quali la cessione d’azienda. Al riguardo, va segnalato che osterebbe a questo eventuale ampliamento della sfera di efficacia della circolare n. 8/E/2010, il fatto che il dato testuale dell’articolo 86, Tuir, afferma che anche l’avviamento partecipa alla determinazione della plusvalenza imponibile.

In merito alla criticata tesi delle Agenzia delle entrate, va rilevato che la prassi comunemente applicata nei conferimenti d’azienda eseguiti da società che applicano i principi contabili nazionali è sempre stata quella di ricomprendere l’avviamento iscritto nell’attivo patrimoniale del conferente tra gli assets oggetto di trasferimento. Il comportamento è ben sintetizzato nella circolare Assonime n. 20/2010 (par. 2.5.2.2 nota 48), quando si segnala che nei conferimenti di ramo d’azienda, di regola, le parti possono anche escludere taluni elementi dell’attivo o del passivo ritenuti non essenziali al fine di configurare il perimetro dell’azienda, ma questo arbitrio non è ammesso con riferimento all’avviamento che è elemento intrinseco del ramo azienda trasferito. Ciò a prescindere dalla circostanza che il suo valore sia mantenuto inalterato dalla società conferitaria, la quale potrebbe modificare i valori di alcuni beni trasferiti e, quindi, modificare anche il valore dell’avviamento. Del medesimo parere anche la norma di comportamento AIDC n. 181/2011.

Il tema, portato alle sue estreme conseguenze, fa sì che, nel caso di conferimento dell’unica azienda individuale (nella quale fosse iscritto un avviamento fiscalmente riconosciuto), il valore residuo dell’avviamento doveva essere dedotto interamente nel periodo d’imposta in cui fosse eseguito il conferimento, poiché con il conferimento dell’unica azienda, il conferente perde lo status di imprenditore e, quindi, cessa la sua attività ( risposta a Interpello della DRE Lombardia n. 904-1573/2017) .

La posizione della Agenzia delle entrate non ha mai convinto, non solo la dottrina, ma anche in Giurisprudenza vi sono state chiare bocciature; basti pensare alle sentenze della Commissione tributaria regionale Lombardia (sentenza n. 4556/2019), in linea con la Commissione tributaria provinciale di Milano con la sentenza n. 5093/2017. Nelle sentenze citate si afferma che “il valore dell’avviamento, in quanto facente parte del conferimento, può essere trasferito al conferitario e costituisce un elemento patrimoniale attivo per il solo acquirente, trovando la sua causa genetica nella sua acquisizione a titolo oneroso, e non può essere trattenuto dalla società conferente. Per tale ragione il conferitario subentra nel valore fiscale che l’avviamento aveva in capo al conferente, così come accade per gli altri elementi che compongono l’azienda”.

Ora, il tema trova una soluzione legislativa che, come sopra veniva ricordato, azzera l’interpretazione della Agenzia delle entrate, il tutto con decorrenza per gli atti di conferimento eseguiti dalla data di entrata in vigore del Correttivo Ires. Tutto ciò grazie alla locuzione “comprensiva di avviamento”, il che lascia chiaramente intendere che questo asset viene trasferito alla conferitaria insieme al ramo di azienda conferito essendo, a questo punto, indifferente che la stessa conferitaria applichi i principi contabili nazionali o internazionali. Sarà interessante, in futuro, valutare quale siano i riflessi di questa novità normativa (quando sarà pienamente vigente) rispetto ad eventuali contenziosi in corso in materia di trasferibilità dell’avviamento: è chiaro che, se prevarrà l’accezione di norma di interpretazione autentica, anche il precedente contenzioso potrà trovare una svolta favorevole al contribuente.