La quotazione come strumento per il passaggio generazionale e azioni con voto plurimo: caso pratico
di Antonio D’AnnaPier Paolo CarusoAbbiamo analizzato, in precedenti interventi, come la quotazione sia uno strumento utile per il passaggio generazionale, vincendo quelle che sono le resistenze nel pensare che la quotazione sia uno strumento:
- che complica eccessivamente la vita dell’impresa “tipica” italiana; resistenza vinta dal fatto che la quotazione in mercati non regolamentati, al massimo, migliora la capacità di sopravvivenza dell’impresa che deve dotarsi quantomeno di un sufficiente sistema di controllo di gestione interno e migliorare decisamente la governance stessa dell’impresa;
- costoso, fiscalmente e non; resistenza vinta dalla presenza di norme fiscali a favore delle riorganizzazioni fatte con lo scopo del passaggio generazionale di impresa e, da ultimo, norme che consentono la defiscalizzazione dei costi di quotazione; costi, ricordiamo, da cui derivano comunque raccolte finanziarie a favore dell’impresa necessarie allo sviluppo della stessa;
- che fa rischiare di perdere il “controllo”.
Per quest’ultimo aspetto, richiamando, in particolare, un precedente intervento in tema di azioni con diritto di voto plurimo, si vuole dimostrare – affrontando un caso concreto – come lo strumento analizzato consenta fattivamente di impedire la perdita del controllo nonostante una forte diluizione del socio di maggioranza per effetto dell’aumento di capitale “a servizio della quotazione” (ipotizzando, per l’appunto, un’operazione interamente strutturata in termini di OPS – offerta pubblica di sottoscrizione).
Si pensi alla società Alfa S.p.A. il cui capitale sociale ante quotazione risulti essere suddiviso in n. 1.000.000 azioni – di cui n. 500.000 azioni ordinarie e n. 500.000 azioni a voto plurimo che, rispetto alle ordinarie, attribuiscono gli stessi diritti, fatta eccezione per il fatto di attribuire tre voti ciascuna in luogo di un voto per ciascuna azione ordinaria in tutte le assemblee della società – così ripartito:
- azionista Tizio, n. 377.500 azioni ordinarie e n. 377.500 azioni a voto plurimo, pari a
- 75,5% del capitale sociale e del numero di voti esercitabili in assemblea;
- azionista Caio, n. 122.500 azioni ordinarie e n. 122.500 azioni a voto plurimo, pari a
- 24,5% del capitale sociale e del numero di voti esercitabili in assemblea.
A fronte di un aumento di capitale a servizio della quotazione di n. 1.000.000 di azioni ordinarie, il capitale sociale di Alfa S.p.A. raddoppia – passando da n. 1.000.000 a n. 2.000.000 di azioni, di cui n. 1.500.000 azioni ordinarie e n. 500.000 azioni a voto plurimo – modificandosi gli assetti proprietari nei seguenti termini:
- azionista Tizio, n. 377.500 azioni ordinarie e n. 377.500 azioni a voto plurimo, pari a
- 37,75% del capitale sociale;
- 50,33% del numero di voti esercitabili in assemblea;
- azionista Caio, n. 122.500 azioni ordinarie e n. 122.500 azioni a voto plurimo, pari a
- 12,25% del capitale sociale;
- 16,33% del numero di voti esercitabili in assemblea;
- “mercato”, n. 1.000.000 di azioni ordinarie, pari a
- 50% del capitale sociale;
- 33,33% del numero di voti esercitabili in assemblea.
Focalizzandosi sull’azionista di maggioranza, a fronte di una diluizione del 50% in termini di partecipazione al capitale sociale di Alfa S.p.A. (dal 75,5% al 37,75%), la diluzione in termini di diritto di voto risulta essere più contenuta (dal 75,5% al 50,33%), consentendo a Tizio – come si voleva dimostrare – di mantenere il controllo gestionale della società che, per effetto dell’aumento di capitale, dispone però di nuove risorse finanziare (in termini di capitale di rischio) per lo sviluppo aziendale.
Ricapitolando, partendo da una situazione classica di “impresa padronale”:
- l’imprenditore può creare la holding di famiglia, conferendo la partecipazione beneficiando delle disposizioni di favore di cui all’articolo 177 Tuir; questa holding potrà essere oggetto di operazioni (patti di famiglia, cessioni di nuda proprietà, scambi tra parenti, etc.) necessarie per impostare e programmare il passaggio generazionale;
- la società operativa, divenuta S.p.a. in vista della quotazione, dovrà prevedere nel proprio statuto la presenza di azioni con diritto di voto plurimo; sempre in vista della quotazione, la società – al minimo, come detto – dovrà curare il proprio controllo di gestione e dotarsi di un sistema di governance in linea con gli standards minimi previsti (leggasi, il concetto di “titolare” dovrà vieppiù sparire dal linguaggio aziendale);
- con la quotazione, il socio di riferimento, ovverosia la holding di cui al punto supra a), deciderà quante azioni collocare, ovvero deciderà l’aumento di capitale a servizio della quotazione, fermo restando il limite massimo per la non perdita del controllo di diritto in sede assembleare;
- qualsiasi operazione avente per oggetto la cessione di azioni della società quotata, usufruirà, avendone i requisiti, della participation exemption, regime di tassazione estremamente ridotta delle plusvalenze sui titoli di cui all’articolo 87 Tuir; con possibilità di utilizzare la holding, sempre in ambito di passaggio generazionale, quale “cassaforte di famiglia” con disponibilità anche compensative per eventuali patti di famiglia che abbiamo per oggetto la successione dell’impresa.
Con quanto rappresentato, ovviamente molto semplicisticamente, nei tre articoli, incluso il presente, si vuole enfatizzare un tentativo di uscita dal ruolo di “piccola impresa”, utilizzando la impellente necessità del passaggio generazionale. Senza necessariamente troppo snaturare il ruolo stesso di “piccola impresa” che rimane l’aspetto economico caratterizzante e vincente del “sistema paese Italia”.