La rappresentanza delle società cancellate dal Registro delle Imprese divisa tra soci e liquidatori
di Francesco Alex Astone
La sentenza della Corte di Cassazione n. 665/2014 riafferma con forza il principio cardine fissato precedentemente dalle sentenze n. 4060/2010, 4061/2010, 4062/2010, emanate dalla Suprema Corte, e dalla sentenza n. 6070/2013 emessa a Sezioni Unite. Tali ordinanze statuiscono che “La cancellazione volontaria dal registro delle imprese di una società, a partire dal momento in cui si verifica l’estinzione della società medesima, impedisce che essa possa ammissibilmente agire o essere convenuta in giudizio”.
Nonostante il susseguirsi di sentenze in linea con l’interpretazione esposta, l’Agenzia delle Entrate spesso continua a chiamare in giudizio o a proporre ricorso contro società estinte. La già richiamata sentenza 665/2014 offre diverse possibilità all’Agenzia delle Entrate per poter far valere i diritti vantati nei confronti di società estinte. Viene di fatto previsto che:
- si determina un evento interruttivo del processo se l’estinzione della società si verifica in corso di giudizio e lo stesso può continuare solo attraverso un atto di prosecuzione o riassunzione da parte o nei confronti dei soci;
- se l’evento estintivo della società non venisse fatto rilevare in giudizio, l’eventuale impugnazione della sentenza deve essere indirizzata o provenire, a pena d’inammissibilità, dai soci o nei confronti dei soci succeduti alla società estinta.
Come meglio precisato dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 14880/2012 “… la legittimazione sostanziale e processuale, attiva e passiva, si trasferisce automaticamente, ex art. 110 cod. proc. civ, ai soci …”.
Non solo i soci ma anche il liquidatore di una società di capitali può essere chiamato a rappresentare la società estinta. Questo è il principio affermato dai Supremi Giudici nella sentenza n. 18138/2013 e, per di più, dalla sentenza a Sezioni Unite della Suprema Corte n. 6070/2013. I Supremi Giudici sottolineano l’eccezionalità dell’articolo 10 L.F. rispetto l’articolo 2495 del cod. civ.
L’articolo 10 L.F. consente, ad una società cancellata dal registro delle imprese, la sopravvivenza per un anno dalla cancellazione stessa. Premesso ciò, la Suprema Corte sostiene “… che tanto il procedimento per dichiarazione di fallimento quanto le eventuali successive fasi impugnatorie continuano a svolgersi nei confronti della società (e per essa del suo legale rappresentante) nonostante la sua cancellazione dal registro.”.
La sentenza della Corte di Cassazione n. 28187/2013 rileva un doppio errore in un procedimento che vede l’impugnazione di una cartella di pagamento da parte del liquidatore di una società estinta; premesso che la società in questione era stata cancellata ben tre anni prima della notifica della cartella di pagamento, i Supremi giudici hanno rilevato:
- la “… nullità assoluta delle sentenze di primo e secondo grado, rilevabile anche di ufficio in ogni stato e grado del giudizio, per carenza di legittimazione attiva della parte privata “ab origine”;
- “D’altro canto però va puntualizzato che nemmeno la cartella di pagamento poteva essere spiccata più a carico della (OMISSIS), ormai inesistente, con la conseguenza che, ancorché l’ex liquidatore (OMISSIS) non avesse eventualmente impugnato la medesima, nessun pregiudizio poteva comunque derivarne, atteso che alcuna esecuzione forzata era possibile promuovere a carico della società estinta.”.
Si ricorda infine che ai sensi dell’articolo 2495 cod. civ. i soci e i liquidatori possono essere chiamati a rispondere dei crediti non soddisfatti di una società estinta. In questo caso, come ricorda la sentenza della Corte di Cassazione n. 7327/2012, l’Agenzia delle Entrate non può notificare direttamente la cartella di pagamento emessa nei confronti della società ai soci o all’ex liquidatore della società stessa, ma dovrà accertare la responsabilità di questi ultimi attraverso un atto separato.