La rendicontazione dei beni in trust
di Fabio PauselliTra gli adempimenti che il trustee deve esercitare nell’ambito del suo ufficio ci sono, indubbiamente, anche quelli relativi alla rappresentazione contabile degli accadimenti relativi alla gestione del patrimonio segregato in trust. L’adozione di un impianto contabile fondato sulla partita doppia potrebbe rappresentare una prerogativa delle sole trust companies strutturate, in realtà anche nella gestione di un singolo trust più complesso tale metodo può essere la scelta vincente.
È evidente che detto metodo non risulta affatto obbligatorio. In particolare se parliamo di gestire strutture elementari di patrimoni in trust quali, ad esempio, immobili e/o attività finanziarie, è sicuramente più utile ricorrere ad un metodo di contabilizzazione elementare che consenta la rappresentazione dei dati necessari per adempiere correttamente sia agli obblighi di rendicontazione che a quelli di carattere tributario.
Il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ha prodotto un interessante Studio al riguardo, evidenziando le peculiarità delle principali scritture in partita doppia nonché la proposta di un piano di conti da adottare in capo al singolo trust. È bene rilevare, infatti, che il complesso dei beni conferiti in ogni singolo trust rappresenta un autonomo centro di imputazione economico e, quindi, dovrà essere dotato di un impianto contabile autonomo, completamente scisso da quello proprio del trustee. In pratica la contabilità generale del trustee, inteso come entità legale, non prevede nessuna scrittura di raccordo con quella dei singoli trust, preferendo una rappresentazione economico-sostanziale piuttosto che giuridico-formale.
Partendo dal contributo offerto dal CNDCEC, in questa sede vorremmo soffermarci sulla struttura che il rendiconto dovrebbe assumere nel caso dei trust meno complessi, cercando di adottare una metodologia che da una parte non sia eccessivamente onerosa per il trustee e dall’altra non tralasci tutti quegli aspetti informativi e gestionali che, solitamente, sono imposti dagli atti istitutivi e che possono rappresentare un valido supporto anche in caso di verifiche e/o contenziosi di natura tributaria.
Ad esempio, si potrebbe partire da un semplice rendiconto di “cassa”, adattato al caso di specie, con libertà di forma e contenuto, al pari di quelli solitamente utilizzati nell’ambito degli enti non commerciali minori, prevedendo al proprio interno una sezione distinta per ciascuna categoria di beneficiari che, tipicamente, caratterizzano ogni trust, ovvero i beneficiari del reddito e i beneficiari del capitale. Come noto i primi sono coloro che vantano una redditività normalmente ritraibile dai beni in trust quale, ad esempio, quella rappresentata dai canoni di locazione, dagli interessi, dai dividendi, etc.. I secondi, invece, sono beneficiari del complesso patrimoniale del trust, rappresentato dalla dotazione iniziale modificatasi per effetto degli incrementi/decrementi manifestatasi nel corso della gestione.
Pertanto, se nella sezione dei beneficiari del reddito troveremo, ad esempio, i ricavi da proventi immobiliari e/o finanziari e tra i costi quelli di ordinaria manutenzione connessi ai relativi beni, in quella dedicata ai beneficiari del fondo troveremo gli incassi provenienti dai disinvestimenti immobiliari e/o finanziari, mentre tra i costi quelli di straordinaria manutenzione e connessi agli eventuali investimenti effettuati.
Sul fronte dei costi solitamente si è soliti affermare il principio secondo il quale i costi sostenuti dal trust debbano considerarsi di pertinenza del capitale, tranne quelli per i quali ne viene verificato l’effettivo sostenimento nell’interesse dei soli beneficiari del reddito. È evidente che in questa ottica risulterà determinante prevedere delle specifiche disposizioni al riguardo all’interno degli atti istitutivi, al fine di evitare che tali decisioni possano essere lasciate alla mera discrezionalità del trustee.
Potrebbe essere utile integrare il rendiconto con delle note esplicative a commento delle voci più rilevanti, ad esempio commentando gli investimenti e/o i disinvestimenti dei beni in trust, evidenziando i criteri seguiti per la valutazione di determinate voci e per l’imputazione dei costi e dei ricavi nell’area dei beneficiari del reddito piuttosto che in quella del capitale.