24 Ottobre 2019

La responsabilità solidale per l’omesso versamento delle imposte del trust

di Sergio Pellegrino
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Nel contributo pubblicato nella giornata di ieri (“La Cassazione e le (soltanto apparenti) “certezze” sulla fiscalità indiretta del trust”), abbiamo visto come vi siano ancora molti dubbi su quale debba essere la corretta tassazione dal punto di vista della fiscalità indiretta dei trust.

Seguendo la tesi propugnata dall’Agenzia delle Entrate, che richiede di liquidare le imposte in misura proporzionale sugli atti con i quali vengono disposti i beni in trust, non essendovi invece alcun presupposto impositivo nel momento in cui vi è l’attribuzione del patrimonio ai beneficiari da parte del trustee, si è al riparo da qualsiasi contestazione (e, generalmente, per effetto della disciplina dell’imposta di successione e donazione, questa è anche la scelta più conveniente per i clienti).

Qualora invece si decida di “sposare” la visione elaborata dalla più recente giurisprudenza della Corte di Cassazione, che “rinvia” il momento impositivo al trasferimento dei beni dal trustee ai beneficiari, ritenendo invece che gli atti di dotazione debbano essere assoggettati ad imposizione fissa, evidentemente ci si espone a una quasi certa azione accertativa da parte dell’Ufficio, che è tenuto ad applicare quanto prescrive la prassi elaborata a livello centrale da parte dell’Agenzia.

La domanda che a questo punto si pone è nei confronti di chi venga indirizzato l’atto impositivo, non potendosi non tenere in debito conto la peculiare natura dell’istituto.

Nel momento in cui parliamo di imposizione indiretta, non essendo il trust un soggetto giuridico e non avendo il legislatore ritenuto di intervenire in questo comparto con una fictio iuris analoga a quella che lo ha indotto a qualificare il trust come soggetto passivo IRES nell’ambito delle imposte dirette, chiaramente l’atto impositivo non può avere come destinatario il trust.

Questo aspetto è bene sottolinearlo, perché poi capita non di rado di ricevere la notifica dell’atto al “Trust XYZ in persona del legale rappresentante pro tempore”, notifica che si deve considerare evidentemente nulla, difettando il trust di personalità giuridica (e non potendo conseguentemente neppure avere un legale rappresentante).

Destinatario dell’atto deve essere il soggetto che svolge l’ufficio di trustee, non in quanto persona fisica o giuridica, ma piuttosto quale trustee di quel determinato trust: dunque l’atto deve essere notificato a “ABC Trust Company Srl in qualità di trustee del Trust XYZ”.

Logica conseguenza è che il trustee debba rispondere dell’omesso versamento delle imposte con il fondo in trust, e non certo con il proprio patrimonio.

Il problema è che poi gli Uffici, ad abundantiam, spesso decidono di “coinvolgere” anche altri soggetti, ritenendo si configuri in capo ad essi una responsabilità solidale.

Entra quindi in primis in scena il disponente, sulla base della considerazione che l’articolo 57 del D.P.R. 131/1986 pone l’obbligo di corrispondere l’imposta a carico dei contraenti e, dunque, a tutte le parti di un negozio in via solidale: sia la disciplina dell’imposta di successione (articolo 60 del D.Lgs. 346/1990) che quella delle imposte ipotecaria e catastale (articolo 13 del D.Lgs. 347/1990), rinviano infatti alle norme in materia di registro.

Talora però gli Uffici si spingono oltre e notificano l’atto anche al guardiano, sulla base dello stesso presupposto normativo: il guardiano viene quindi considerato un “contraente” dell’atto di dotazione.

Il comportamento dell’Agenzia è stato di recente avallato dalla Corte di Cassazione, che nella sentenza 22755 del 12 settembre, ha ritenuto dirimente la circostanza che “è lo stesso ricorrente a riconoscere di essere stato incluso nell’atto costitutivo del trust, assumendo la qualità di guardiano”.

Se, quindi, il guardiano è ritenuto solidalmente responsabile per il versamento delle imposte, evidentemente con il patrimonio personale, non gestendone, a differenza del trustee, un altro, il passo successivo è che anche il trustee non risponda soltanto con il fondo in trust, ma anche con il proprio patrimonio.

Senonché il ragionamento seguito da amministrazione finanziaria e giudici è viziato, alla radice, da un errore sostanziale: trustee e guardiano non possono essere in alcun modo considerati “contraenti” di un atto che è, indubitabilmente, un atto unilaterale, formato dal solo disponente.

L’aspetto è talmente pacifico, che è la stessa Agenzia delle Entrate ad averlo recentemente evidenziato nella risposta all’interpello 355/2019, nella quale ha affermato che:

“In virtù della configurazione dell’atto istitutivo di un trust quale atto unilaterale, la scrivente ritiene che non sia applicabile l’articolo 1372 del codice civile, che regola la diversa ipotesi di scioglimento del contratto per mutuo consenso.

Analogamente, l’atto di dotazione attraverso cui il settlor conferisce i beni nel trust è anch’esso atto unilaterale formato esclusivamente dal disponente, che si spoglia del potere di disporre del bene conferito a favore del trustee cui compete la titolarità esclusiva dello stesso”.

Appare allora chiaro che non vi può essere quindi alcuna responsabilità solidale per trustee e guardiano sulla base dell’articolo 57 del TUR.

Il punto sulla fiscalità del trust