8 Agosto 2018

La rettifica della detrazione dell’Iva per gli enti pubblici

di Marco Peirolo
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La Corte di giustizia, con la sentenza resa nella causa C-140/17 del 25.07.2018, ha affermato che l’ente di diritto di pubblico può operare la rettifica della detrazione “a proprio favore” se, in caso di cambio di destinazione del bene d’investimento, che da un’attività non soggetta sia utilizzato nell’ambito di un’attività che consente l’esercizio della detrazione, risulta che l’acquisto sia stato effettuato in qualità di soggetto Iva.

La pronuncia ha per oggetto le condizioni richieste per rettificare “in melius” la detrazione dell’Iva nel caso specifico in cui il bene sia stato inizialmente destinato ad un’attività non soggetta ad imposta, essendo nella fattispecie utilizzato per svolgere funzioni che incombono sull’ente in quanto pubblica autorità, ex articolo 13, par. 1, della Direttiva n. 2006/112/CE.

Il “driver” è rappresentato dalla “qualità” con la quale l’ente ha agito in sede di acquisto, vale a dire in veste di soggetto Iva o di pubblica autorità, cioè di “privato”.

Di fondamentale importanza sono le indicazioni offerte dalla Corte nei punti 32-37 della sentenza, secondo cui: “Il sistema di rettifica delle detrazioni costituisce un elemento essenziale del sistema introdotto dalla direttiva 2006/112, in quanto è inteso a garantire l’esattezza delle detrazioni e quindi la neutralità dell’imposizione fiscale (…).

Il diritto alla detrazione dell’Iva è tuttavia subordinato al rispetto di requisiti o di condizioni tanto sostanziali quanto di natura formale (…).

Infatti, per quanto riguarda i requisiti o le condizioni sostanziali, secondo costante giurisprudenza della Corte risulta dall’articolo 168 della direttiva 2006/112 che solo chi è soggetto passivo e agisce in quanto tale allorché acquista un bene ha diritto a detrarre e può detrarre l’Iva dovuta o assolta relativamente a tale bene se lo utilizza ai fini delle proprie operazioni imponibili (…).

Conformemente agli articoli 63 e 167 della direttiva 2006/112, il diritto alla detrazione sorge nel momento in cui l’imposta detraibile diventa esigibile, ossia all’atto della cessione del bene (…).

Tali principi si applicano anche nel caso in cui il soggetto interessato sia un ente di diritto pubblico che rivendica il diritto di rettifica delle detrazioni dell’Iva ai sensi dell’articolo 184 e seguenti della direttiva 2006/112 (…).

Ne deriva che, quando un ente pubblico quale, nel caso di specie, il Comune, al momento dell’acquisto di un bene d’investimento, agisce in quanto pubblica autorità, ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 2006/112, e, di conseguenza, non in qualità di soggetto passivo, non gode, in linea di principio, di alcun diritto alla rettifica delle detrazioni relativamente a tale bene, anche qualora, successivamente, quest’ultimo sia adibito ad un’attività imponibile (…)”.

In sintesi, siccome il sistema della rettifica della detrazione è volto ad assicurare l’esattezza della detrazione, anche ai fini della rettifica devono ricorrere i requisiti, di sostanza e di forma, richiesti per l’esercizio della detrazione, cosicché la rettifica della detrazione presuppone che l’operatore, al momento dell’acquisto, abbia agito in veste di soggetto passivo Iva, come già costantemente prefigurato dalla Corte a riguardo della detrazione delle spese cd. “prodromiche” all’attività d’impresa (si veda, per esempio, causa C-126/14).

Il periodo, quinquennale o decennale, di “osservazione fiscale” assume, quindi, un connotato (anche) soggettivo, non essendo sufficiente il mero dato oggettivo, vale a dire il cambio di destinazione intervenuto nel periodo di “sorveglianza”, se – all’origine, cioè all’atto dell’acquisto – il bene non avrebbe dato diritto alla detrazione.

Nel caso di specie, in cui l’ente pubblico ha inizialmente utilizzato l’immobile in quanto pubblica autorità, la rettifica della detrazione ex post deve considerarsi ammessa, in dipendenza del mutato impiego del bene, a condizione che sia accertata la richiamata “qualità” ex ante, al tempo dell’acquisto.

Come sottolineato dai giudici dell’Unione, “la verifica, in ogni caso di specie, che tale condizione sia soddisfatta deve essere effettuata sulla base di un’ampia accezione della nozione di acquisto «in qualità di soggetto passivo»” (punto 54), fermo restando che nell’indagine in esame assumono preminente rilevanza la natura del bene considerato, il periodo temporale intercorso tra l’acquisto e l’utilizzo nell’ambito dell’attività soggetta a Iva ed anche il fatto che, “ben prima della fornitura e dell’acquisto del bene immobile di cui trattasi nel procedimento principale, il Comune fosse già registrato come soggetto passivo ai fini dell’Iva” (punto 50).

Il diritto alla rettifica della detrazione “a favore” prescinde, invece, dalla circostanza che sia difficile, se non impossibile, ripartire in modo oggettivamente il costo di acquisto del bene in funzione delle attività svolte a valle, soggette e non soggette a Iva.

Nella sentenza si osserva, infatti, che: “Tale ripartizione è specificamente disciplinata dalle norme relative al prorata di detrazione di cui agli articoli da 173 a 175 della direttiva 2006/112. Il calcolo di un prorata di detrazione per determinare l’importo dell’Iva detraibile, in linea di principio, è riservato unicamente ai beni e ai servizi utilizzati da un soggetto passivo per effettuare nel contempo operazioni economiche che danno diritto a detrazione e operazioni economiche che non conferiscono diritto a detrazione (…).

Inoltre, la determinazione dei metodi e dei criteri di ripartizione degli importi dell’Iva pagata a monte tra attività economiche e attività non economiche rientra nel potere discrezionale degli Stati membri, i quali, nell’esercizio di tale potere, devono tener conto dello scopo e dell’impianto sistematico di tale direttiva e, a tale titolo, prevedere un metodo di calcolo che rifletta oggettivamente la quota di imputazione reale delle spese a monte a ciascuna di queste due attività (…)”.

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