La revisione della disciplina degli interpelli prevista dalla riforma fiscale
di Fabrizio RicciGianluca CristoforiUno degli obiettivi posti dalla L. 111/2023 (Legge delega per la riforma fiscale) è quello di “[…] razionalizzare la disciplina dell’interpello, al fine di:
1) ridurre il ricorso all’istituto dell’interpello di cui all’articolo 11 della citata Legge n. 212 del 2000, incrementando l’emanazione di provvedimenti interpretativi di carattere generale, anche indicanti una casistica delle fattispecie di abuso del diritto, elaborati anche a seguito dell’interlocuzione con gli ordini professionali, con le associazioni di categoria e con gli altri enti esponenziali di interessi collettivi nonché tenendo conto delle proposte pervenute attraverso pubbliche consultazioni;
2) rafforzare il divieto di presentazione di istanze di interpello, riservandone l’ammissibilità alle sole questioni che non trovano soluzione in documenti interpretativi già emanati;
3) subordinare, per le persone fisiche e i contribuenti di minori dimensioni, l’utilizzazione della procedura di interpello alle sole ipotesi in cui non è possibile ottenere risposte scritte mediante servizi di interlocuzione rapida, realizzati anche attraverso l’utilizzo di tecnologie digitali e di intelligenza artificiale;
4) subordinare l’ammissibilità delle istanze di interpello al versamento di un contributo, da graduare in relazione a diversi fattori, quali la tipologia di contribuente o il valore della questione oggetto dell’istanza, finalizzato al finanziamento della specializzazione e della formazione professionale continua del personale delle agenzie fiscali”.
A tal riguardo, lo schema di decreto legislativo, approvato in via preliminare dal Consiglio dei ministri, prevede un duplice intervento nello statuto dei diritti del contribuente, ovvero:
- l’integrale sostituzione dell’articolo 11, L. 212/2000, che disciplina l’istituto dell’interpello;
- l’introduzione dell’articolo 10-nonies, L. 212/2000, rubricato “Consultazione semplificata”.
Con riguardo al primo intervento, in quella che dovrebbe essere la nuova formulazione dell’articolo 11, L. 212/2000, tutte le fattispecie per le quali è attualmente concesso di presentare un’istanza di interpello verrebbero “raggruppate” nel comma 1, prevedendo che “Il contribuente può interpellare l’amministrazione finanziaria per ottenere una risposta riguardante fattispecie concrete e personali relativamente alla:
a) applicazione delle disposizioni tributarie, quando vi sono condizioni di obiettiva incertezza sulla loro corretta interpretazione;
b) corretta qualificazione di fattispecie alla luce delle disposizioni tributarie ad esse applicabili;
c) disciplina dell’abuso del diritto in relazione a una specifica fattispecie;
d) disapplicazione di disposizioni tributarie che, per contrastare comportamenti elusivi, limitano deduzioni, detrazioni, crediti d’imposta, o altre posizioni soggettive del contribuente altrimenti ammesse dall’ordinamento tributario, fornendo la dimostrazione che nella particolare fattispecie tali effetti elusivi non possono verificarsi;
e) sussistenza delle condizioni e valutazione della idoneità degli elementi probatori richiesti dalla legge per l’adozione di specifici regimi fiscali nei casi espressamente previsti dalla legge;
f) sussistenza delle condizioni e valutazione della idoneità degli elementi probatori richiesti dalla legge ai fini dell’articolo 24-bis del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917”.
L’interpello di cui alla succitata lettera e) – si legge nel comma 2 del proposto nuovo articolo 11, L. 212/2000 – sarebbe riservato ai soggetti che aderiscono al regime dell’adempimento collaborativo e a coloro che presentano istanze di interpello sui nuovi investimenti.
Un’altra rilevante novità è poi contenuta nel comma 3, il quale prevedrebbe che “La presentazione dell’istanza di interpello è in ogni caso subordinata al versamento di un contributo, destinato a finanziare iniziative per implementare la formazione del personale delle agenzie fiscali, la cui misura e le cui modalità di corresponsione sono individuate con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze in funzione della tipologia di contribuente, del suo volume di affari o di ricavi e della particolare rilevanza e complessità della questione oggetto di istanza”.
Una simile previsione è già stata introdotta dalla cd. “Legge di bilancio 2021” per gli accordi preventivi per le imprese con attività internazionale di cui all’articolo 31-ter, comma 3-bis, D.P.R. 600/1973. In tale contesto, tuttavia, l’unico parametro di riferimento, ai fini della quantificazione del contributo, è il “fatturato” complessivo del gruppo cui appartiene l’istante. In quel caso, il contributo è, infatti, pari a:
- 10.000 euro nel caso in cui il fatturato sia inferiore a 100.000.000 euro;
- 30.000 euro nel caso in cui il fatturato sia compreso tra 100.000.000 euro e 750.000.000 euro;
- 50.000 euro nel caso in cui il fatturato sia superiore a 750.000.000 euro.
Nell’ambito della revisione della disciplina degli interpelli, invece, la quantificazione del contributo dovrebbe tener conto anche “[…] della particolare rilevanza e complessità della questione oggetto di istanza”. Sarà, quindi, interessante capire come verrà declinata, in concreto, la necessità di tener conto di tali circostanze, che introducono, evidentemente, anche una certa componente di soggettività nella valutazione di cosa sia “complesso” e “rilevante”. L’auspicio è che il Ministero dell’Economia e delle Finanze – cui, allo stato, verrebbe demandata l’individuazione della misura del contributo – tenga conto del fatto che i “ruling internazionali” ineriscono a tematiche transnazionali, certamente connotate da ben più rilevanti complessità, avendo peraltro anche un iter e, soprattutto, un’efficacia, ultrannuali. Conseguentemente, ci si aspetterebbe che il contributo richiesto per la presentazione delle istanze di interpello, a parità di dimensioni del soggetto istante, risultasse d’importo ben più contenuto, anche per evitare che la sua introduzione produca un effetto oltremodo “dissuasivo”, rispetto all’utilizzo di uno strumento, invece, di fondamentale importanza per i contribuenti che intendono mantenere un rapporto rigoroso e trasparente con l’Amministrazione finanziaria. L’obiettivo dichiaratamente posto dalla L. 111/2023 è sì, infatti, quello di ridurre il ricorso all’istituto dell’interpello, attraverso “[…] l’emanazione di provvedimenti interpretativi di carattere generale, anche indicanti una casistica delle fattispecie di abuso del diritto”, ma non dev’essere, tuttavia, dimenticato che coloro che vi fanno ricorso rappresentano, generalmente, la parte maggiormente prudente e diligente della platea dei contribuenti. Chi vi ricorre, peraltro, lo fa anche per evitare il rischio che, soprattutto con riguardo alle questioni antiabuso, gli organi verificatori ricorrano a interpretazioni opportunistiche, talvolta capziose e incomprensibilmente punitive, cosa che ben più raramente accade in sede di risposta alle istanze d’interpello. Pertanto, se si volesse ridurre il ricorso all’istituto dell’interpello, senza renderlo accessibile solo ai più abbienti o per le questioni di valore davvero ingente, la soluzione fisiologica sarebbe quella di promuovere la stesura di norme scritte in modo intellegibile e di circolari esplicative da emanarsi tempestivamente, nonché – e soprattutto – un’azione degli organi verificatori informata, in primo luogo, al doveroso e rigoroso contrasto dell’evasione “da sommerso”, grande o piccola che sia, da condotte fraudolente o comunque colpose, piuttosto che della (talvolta solo pretestuosamente intravista) evasione di tipo meramente “interpretativo”. Se così fosse, il numero delle istanze di interpello diminuirebbe rapidamente, anche senza doverne limitare l’accesso in ragione della dimensione del contribuente o della portata dell’operazione sottostante.
Un’altra novità sostanziale riguarda il termine entro il quale l’Amministrazione finanziaria deve rendere la risposta, termine che verrebbe uniformato, per tutte le tipologie di interpello, a 90 giorni, fatta salva la facoltà di richiedere documentazione integrativa. Ad oggi, il termine di 90 giorni è previsto per i soli interpelli “ordinari” e “qualificatori”, mentre per quelli “probatori”, “anti-abuso” e “disapplicativi”, il termine è fissato in 120 giorni.
Un’ulteriore novità dovrebbe riguardare le persone fisiche, anche non residenti, e i contribuenti di minori dimensioni (società di persone “commerciali” in regime di contabilità semplificata e società semplici). Tali soggetti, si legge nello schema di decreto, potrebbero accedere gratuitamente, su richiesta comunque riferibile a casi concreti, a un’apposita banca dati che conterrà:
- le circolari e le risoluzioni;
- le risposte a istanze di consulenza giuridica e a istanze di interpello;
- ogni altro atto interpretativo.
Se, in esito a tale consultazione, fosse individuata una risposta univoca, nei soli confronti del contribuente istante, la stessa determinerebbe una sorta di “penalty protection”. In caso contrario, la banca dati informerebbe il contribuente della possibilità di presentare istanza d’interpello. L’utilizzazione di tale servizio costituirebbe, peraltro, condizione di ammissibilità, ai fini della presentazione delle istanze di interpello da parte dei citati soggetti.