6 Marzo 2017

La richiesta di rateizzazione non equivale ad acquiescenza

di Luigi Ferrajoli
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Con la recente sentenza n. 3347 depositata in data 08 febbraio 2017, la Quinta Sezione Tributaria della Corte di Cassazione è tornata a occuparsi del tema relativo alla rateizzazione richiesta dal contribuente sulla cartella di pagamento come ipotesi di rinuncia all’impugnazione.

In particolare, l’oggetto della controversia riguardava la notifica di una cartella di pagamento emessa dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di un Istituto religioso per una somma di oltre 8 milioni di euro, a seguito della liquidazione effettuata ai sensi dell’articolo 36-bis, D.P.R. 600/1973, c.d. accertamento formale, per il periodo di imposta 2005.

Nel caso in esame la ricorrente, nella propria impugnazione, eccepiva la tardività della notifica della cartella di pagamento; la CTP recepiva il ricorso proposto dall’Istituto e annullava l’atto impositivo.

Nel giudizio di appello, la CTR accoglieva l’impugnazione proposta da Equitalia, ritenendo la notifica della cartella tempestiva ai sensi dell’articolo 25, comma 1, lettera a), D.P.R. 602/1973, in base al quale “il concessionario notifica la cartella di pagamento al debitore a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, ovvero a quello di scadenza del versamento dell’unica o ultima rata se il termine per il versamento delle somme risultanti dalla dichiarazione scade oltre il 31 dicembre dell’anno in cui la dichiarazione è presentata”.

La contribuente decideva di procedere ulteriormente in Cassazione, eccependo la violazione e o la falsa applicazione dell’articolo 25, comma 1, lettera a) del citato decreto; Equitalia resisteva in giudizio proponendo ricorso incidentale, nel quale rilevava che la CTR non si sarebbe pronunciata sull’eccezione pregiudiziale di acquiescenza proposta dalla medesima per avere l’Istituto chiesto ed ottenuto, prima del deposito del ricorso, la rateizzazione degli importi portati dalla cartella di pagamento.

L’Agenzia delle Entrate depositava controricorso rilevando il formarsi del giudicato interno in ordine alla riscossione delle somme per ritenute omesse.

La Corte di Cassazione, pertanto, è stata chiamata a valutare la validità della notifica e se effettivamente la rateizzazione richiesta dalla contribuente sulla cartella di pagamento potesse costituire acquiescenza.

In ordine al primo profilo, la Corte ha precisato che la CTR aveva erroneamente accomunato in una unica valutazione situazioni soggette a regimi notificatori diversi.

La difesa della contribuente aveva, infatti, correttamente rilevato che la notifica della cartella di pagamento, a pena di decadenza, doveva essere effettuata entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, per le somme richieste a seguito della liquidazione prevista dall’articolo 36-bis, D.P.R. 600/1973 e, quindi, la tesi esposta da Equitalia sul punto era infondata.

Sotto il profilo dell’acquiescenza la Corte, riprendendo i principi già enunciati in una precedente pronuncia (Cassazione n. 246/1975) ha rilevato l’infondatezza delle eccezioni avanzate da Equitalia.

Nello specifico la Corte ha precisato che: “costituisce principio generale nel diritto tributario che non si possa attribuire al puro e semplice riconoscimento, esplicito o implicito, fatto dal contribuente d’essere tenuto al pagamento di un tributo e contenuto in atti della procedura di accertamento e di riscossione (denunce, adesioni, pagamento domande di rateizzazione o altri benefici), l’effetto di precludere ogni contestazione in ordine all’an debeatur, salvo che non siano scaduti i termini di impugnazione e non possa considerarsi estinto il rapporto tributario”. Il contribuente può in ogni caso rinunciare a contestare la pretesa del fisco, ma per fare ciò è necessario che concorrano due requisiti:

  • che una controversia tra contribuente e fisco sia già nata e risulti chiaramente nei suoi termini di diritto o, almeno, sia determinabile oggettivamente in base agli atti del procedimento;
  • che la rinuncia del contribuente sia manifestata con una dichiarazione espressa o con un comportamento sintomatico particolare, purché entrambi assolutamente inequivoci”.

Ne consegue che la rateizzazione della cartella chiesta dalla contribuente non può essere considerata acquiescenza al contenuto della medesima.

Sulla base, pertanto, di quanto affermato nella pronuncia in esame, la Suprema Corte ha ritenuto di accogliere il ricorso principale proposto dalla contribuente e di rigettare il ricorso incidentale proposto da Equitalia e, quindi ha condannato quest’ultima al pagamento delle spese di giudizio in favore dell’Istituto religioso.

Temi e questioni del processo tributario con Massimiliano Tasini