La riduzione del doppio binario: le opere in corso di esecuzione
di Paolo Meneghetti - Comitato Scientifico Master Breve 365Tra i contenuti del decreto legislativo di riforma dell’Ires (approvato dal Consiglio dei ministri del 30.4.2024), vi è anche l’obiettivo di ridurre le fattispecie di doppio binario tra valori contabili e valori fiscali. In modo particolare, un tema del Tuir che viene radicalmente modificato è quello della rilevanza fiscale delle rimanenze di opere e servizi in corso di esecuzione. Secondo l’attuale disciplina del Tuir (in corso di abrogazione) si deve applicare un rigido duplice criterio, in forza del quale i servizi in corso a fine esercizio di durata infrannuale vengono obbligatoriamente valutati al costo sostenuto (articolo 92, comma 6, Tuir), mentre i servizi in corso di durata ultrannuale vengono, altrettanto obbligatoriamente, valutati al corrispettivo maturato. A nulla valgono le scelte civilistiche adottate nel bilancio di esercizio, sicché fino al 2023 sarà necessario operare variazione in aumento o in diminuzione, al fine di adeguare il conto economico nella sua trasformazione in imponibile fiscale.
In merito alla obbligatorietà di tale duplice criterio valutativo, valga per tutte la circolare n. 141/E/1998 ( scritta con riferimento alla base imponibile Irap quando essa era assunta sulla base dei componenti positivi e negativi rilevanti ai fini delle imposte sul reddito): “Relativamente alla valutazione delle opere e servizi di durata infrannuale effettuata in base alla disciplina civilistica con il criterio del corrispettivo pattuito, anziché con quello del costo sostenuto, si dovrà procedere, ai fini dell’IRAP, alla variazione del predetto valore sulla base del costo sostenuto ai sensi dell’art. 59, comma 5, del TUIR.”
Ma prima ancora di esaminare il contenuto della innovazione, vale la pena ricordare come si determina la durata dell’opera in corso a fine esercizio. Infatti, la durata dell’opera è un concetto essenziale dal punto di vista delle valutazioni civilistiche analizzate dal principio contabile OIC 23, ancor prima che sul fronte fiscale su cui pure spiega efficacia. Sul punto, va notato come il Tuir non definisca la durata dell’opera, dandone forse per scontato il significato: opera infrannuale, cioè in corso a fine esercizio, ma di durata complessiva inferiore a 12 mesi; opera ultrannuale, cioè in corso a fine esercizio e di durata complessiva superiore a 12 mesi. Ora si potrebbe obiettare che in molti casi non vi sono dubbi a definire l’opera in base alla durata: un’opera che viene eseguita, per esempio, in 4 anni, è certamente ultrannuale, mentre un’opera che viene iniziata a novembre dell’anno X e viene terminata a febbraio dell’anno X + 1 è certamente infrannuale.
Tuttavia, a fronte di questi due chiari esempi, vi sono situazione molto meno chiare e tutt’altro che rare. Pensiamo al contratto sottoscritto da un artigiano per costruire serramenti, inizio dell’opera novembre anno X, fine opera prevista settembre anno X + 1, ma poi, per vari motivi, anche indipendenti dalla volontà dell’appaltatore (pensiamo a situazione in qualche modo di forza maggiore magari anche riconosciute dal committente), l’opera si conclude nel mese di febbraio dell’anno X + 2. Ebbene, questa sarà un’opera infrannuale (originaria previsione) ovvero ultrannuale (effettiva durata a consuntivo)? E in tal caso ha senso valutarla come infrannuale nell’anno X (in cui si prevedeva di terminarla entro 12 mesi) e poi passare alla definizione di ultrannuale nell’anno X + 1?
A parere di chi scrive, non può che esservi una risposta: la valutazione della durata dell’opera non può mutare nel corso della sua esecuzione, ma essa deve derivare da elementi oggettivi valutabili prima di iniziarne l’esecuzione. Solo in tal modo si potranno applicare le diverse regole valutative civilistiche e fiscali (infrannuale/ ultrannuale) in modo chiaro e non arbitrario.
In tal senso, è molto utile un passaggio che è inserito nel principio contabile OIC 12, par. 6, che, in assenza di diverse regole fiscali, non può che valere anche sul fronte tributario; quindi, passaggio normativo opponibile alla Agenzia delle Entrate. Nel citato passaggio si afferma: “Per durata si intende il tempo che intercorre tra la data d’inizio di realizzazione dei beni e/o servizi e la data di ultimazione e consegna dei beni e/o prestazione dei servizi entrambe determinate dal contratto; ciò indipendentemente dalla data in cui si è perfezionato il contratto “
Quindi, la durata è desumibile dal contratto, non dalla misurazione effettiva del tempo trascorso tra l’inizio dell’opera e la sua fine, e ciò ci permette di definire contratto infrannuale anche quello, ad esempio, per il quale era prevista una esecuzione di 11 mesi, che tuttavia si è protratta per 13 mesi.
Fatta questa precisazione, veniamo ora al contenuto della modifica normativa. L’articolo 9 del decreto correttivo Ires modifica l’articolo 92, comma 6, Tuir e l’articolo 93, Tuir, stabilendo che le scelte civilistiche, adottate in sede di redazione del bilancio, hanno rilevanza anche in ambito fiscale. Ciò naturalmente, se le scelte civilistiche sono eseguite nel rispetto delle indicazioni contenute nei principi contabili e, segnatamente, nel principio contabile OIC 23.
In altre parole, ciò significa che se un’opera infrannuale è stata valutata al corrispettivo maturato, tale valutazione rileva anche in ambito fiscale, e così se un’opera ultrannuale è stata valutata al costo sostenuto, la minore valutazione fa fede anche nella determinazione dell’imponibile. Ora, ovviamente, il discorso si sposta sul contenuto del principio contabile OIC 23 per verificare quando sia lecito, in un’opera infrannuale, eseguire una valutazione al corrispettivo maturato e, al contrario, quando sia legittimo valutare quelle ultrannuali al costo sostenuto.
Il tema più semplice è certamente quello che attiene alle opere infrannuali. Per queste ultime, infatti, il principio contabile OIC 23 suggerisce la valutazione al costo sostenuto, data la breve durata, ma poi aggiunge, al par 47: “Nel caso di commesse di durata inferiore all’anno possono utilizzarsi sia il criterio della percentuale di completamento sia il criterio della commessa completata “. A fronte di tale previsione, quindi, entrambi i metodi valutativi sono ammessi, con rilevanza fiscale.
Più complessa la situazione delle opere ultrannuali, per la quali il principio contabile OIC 23 suggerisce il metodo della percentuale di completamento, ma ponendo alcune condizioni, affinché esso sia applicabile. Al riguardo, nel par. 43, sono citate 4 condizioni, tra le quali, a parere di chi scrive, 2 sono particolarmente significative:
- esiste un contratto vincolante per le parti che ne definisca chiaramente le obbligazioni e, in particolare, il diritto al corrispettivo per l’appaltatore;
- non sono presenti situazioni di incertezza relative a condizioni contrattuali o fattori esterni di entità tale da rendere dubbia la capacità dei contraenti a far fronte alle proprie obbligazioni.
Pertanto, se ad esempio, venisse sottoscritto un contratto per la esecuzione di opere ultrannuali e successivamente emergesse che il committente ha difficoltà economico finanziarie (attestate magari dalla adesione a procedure di composizione negoziata della crisi), non potrebbe essere utilizzato il metodo di valorizzazione delle rimanenze al corrispettivo maturato, da cui conseguirebbe una valutazione al costo, ora anche fiscalmente riconosciuta.
Infine, va segnalata la decorrenza delle novità del Tuir, che l’articolo 13 del Correttivo Ires, individua per le opere iniziate nel periodo d’imposta 2024, sicché per quelle iniziate prima si deve mantenere il precedente scenario normativo.