La riduzione del sequestro per equivalente
di Luigi FerrajoliCon l’interessante sentenza n.6203/2015, la Corte di Cassazione ha statuito alcuni utili principi in tema di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente per reati tributari.
La vicenda in esame aveva origine dal ricorso promosso avverso un’ordinanza emessa dal Tribunale del riesame di Salerno con cui, in parziale riforma del decreto di sequestro preventivo emesso dal G.i.p. salernitano, era stato ridotto il sequestro finalizzato alla confisca per equivalente eseguito in danno dei beni appartenenti al ricorrente.
La misura discendeva dalle contestazioni relative ai reati di cui agli artt.10-bis e 10-ter D.Lgs. n. 74/2000 (omesso versamento di ritenute certificate ed omesso versamento Iva) asseritamente commessi nel corso delle annualità 2009/2010 nell’ambito del fallimento di una società calcistica.
Il ricorso per cassazione, presentato dall’indagato, verteva su cinque motivi: violazione e falsa applicazione dell’art. 321 comma 2-bis c.p. e dell’art. 322-ter c.p.; violazione e falsa applicazione dell’art. 10-ter D. Lgs. n. 74/2000; violazione di legge per motivazione omessa o apparente in ordine alle contestazioni relative all’annualità 2010; violazione e falsa applicazione dell’art. 10-ter citato sempre in riferimento al periodo d’imposta 2010; violazione e falsa applicazione dell’art. 10-bis in relazione all’art. 606 c.p.p. co.1 lett.b).
La Corte di Cassazione, nel dichiarare che l’ordinanza impugnata deve essere annullata, ha osservato preliminarmente che per il ricorso proposto innanzi ad essa avverso un provvedimento cautelare reale il sindacato di legittimità può vertere soltanto su motivi attinenti alla violazione di legge (da intendersi quali mancanza assoluta di motivazione o presenza di motivazione meramente apparente) ma non sulla illogicità manifesta della stessa (censurabile solamente con un autonomo motivo di ricorso ex art. 606 c.p.p. lett. e).
Il Giudice di legittimità non ha ritenuto fondato il primo motivo: a fronte dell’estensione operata dal Tribunale del riesame del sequestro finalizzato alla confisca anche al denaro rinvenuto presso la società, la contemporanea riduzione dell’ammontare del vincolo disposto sui beni dei due contribuenti attuata attraverso l’ordinanza era stata logicamente e correttamente motivata.
Il secondo motivo è stato riconosciuto parzialmente fondato; secondo i Giudici, il delitto di omesso versamento Iva (avente natura istantanea) è dotato di momento consumativo coincidente con il mancato pagamento dell’imposta dovuta in base alla dichiarazione annuale (se superiore ai limiti di legge) entro la scadenza del termine per il pagamento dell’acconto relativo al periodo di imposta dell’anno successivo.
Indipendentemente da ciò, però, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, a fronte del raggiungimento di un accordo tra Amministrazione e contribuente nel senso della rateizzazione del debito tributario, non deve essere tarato sull’intero ammontare del profitto dell’evasione dell’imposta ma deve essere ridotto sulla base dei ratei versati nel rispetto di tale accordo.
Pertanto la Corte ha disposto che l’ordinanza venisse rinviata al Tribunale salernitano affinché provvedesse nel rispetto di tale principio.
La Corte di Cassazione ha parimenti ritenuto fondati il terzo ed il quarto motivo, chiarendo che non risponde del reato di omesso versamento Iva chi, pur avendo presentato la dichiarazione annuale, non è tenuto (anche per fatti sopravvenuti) al pagamento dell’imposta nel termine previsto dal richiamato art. 10-ter D. Lgs. n. 74/2000 (ciò a meno che li P.M. non dimostri la preordinazione della condotta al mancato versamento o comunque concorso all’omissione di versamento dell’imposta).
Il delitto, secondo la Corte di Cassazione, si perfeziona infatti solo ove il soggetto tenuto ad effettuare nel termine il versamento dell’imposta dichiarata non vi provveda dolosamente. Se questi non coincide invece con colui il quale abbia presentato a suo tempo la dichiarazione Iva, in assenza della dimostrazione della richiamata preordinazione (ad esempio, integrata da una dismissione dalla carica da amministratore attuata artatamente) o del contributo causale, morale o materiale all’omissione, il soggetto imputato non potrà essere chiamato a rispondere in tal senso.
Con l’ultimo motivo di ricorso, vertente in punto di riconoscimento della responsabilità per omesso versamento di ritenute certificate, la Corte di Cassazione ha affermato che la prova dell’elemento costitutivo rappresentato dal rilascio delle certificazioni ai sostituti (il cui onere incombe sull’accusa) non può essere rappresentata dal solo contenuto della dichiarazione modello 770 proveniente dal datore di lavoro, ciò a causa del differente contenuto e della diversa funzione tra il modello de quo e la stessa certificazione rilasciata ai sostituti.
Pertanto, la sola presentazione del modello 770 non può escludere il ragionevole dubbio che le certificazioni non siano mai state date ai dipendenti.