9 Ottobre 2023

La rilevanza fiscale degli Incoterms – terza parte

di Roberto Curcu
Scarica in PDF
La scheda di FISCOPRATICO

Che piaccia o non piaccia, che sia corretto o meno, è necessario tenere conto che l’Agenzia delle entrate – ritenendo di non conformarsi all’orientamento giurisprudenziale maggioritario – sostiene che le operazioni triangolari in esportazione, dove abbiamo due italiani ed un cliente finale a cui viene inviata la merce fuori dal territorio della UE, devono essere fatte con le corrette clausole Incoterms, posto che l’articolo 8, D.P.R. 633/1972, prevede che nel caso di cessioni alle esportazioni effettuate verso soggetti stabiliti in Italia (vendita da IT1 ad IT2), la non imponibilità è applicabile solo quando il trasporto è eseguito a cura o a nome del cedente (IT1).

La questione è stata approfondita, da ultimo, con la risposta ad interpello n. 283/2023, che avevamo commentato nell’articolo “Le triangolari in esportazione e le clausole Incoterms”. In sostanza, per l’Agenzia delle entrate, quando IT1 cede ad IT2, il quale cede a soggetto extracomunitario con invio della merce fuori dai confini della UE, IT1 può applicare il regime di non imponibilità solo se provvede a curare il trasporto della merce fuori dall’UE, ed in questo senso per l’Agenzia ciò non si verifica quando la cessione tra IT1 ed IT2 è regolata da clausole Incoterms EXW o FCA.

In effetti, come abbiamo visto nel precedente articolo, la clausola Incoterms EXW prevede che il venditore (IT1 in questo caso) consegni la merce presso i propri locali. In questo senso, è evidente che chi cede EXW non potrà certo dire che il trasporto è eseguito a cura o a nome proprio (o volendo utilizzare i termini previsti dalla Direttiva Iva “per proprio conto”), in quanto in tale circostanza si disinteressa completamente del trasporto.

Anche la clausola FCA non si presta generalmente all’effettuazione di operazioni triangolari, posto che con tale clausola il venditore si limita a consegnare la merce, presso un posto convenuto, al vettore incaricato dal compratore; evidentemente, se tale punto di consegna è posto sempre all’interno della UE, risulta evidente che il venditore si disinteressa del trasporto in esportazione, ed anche in questo caso – applicando formalmente la norma – IT1 non potrebbe emettere fattura con la non imponibilità ad IT2.

Volendo adottare soluzioni di cautela, al fine di evitare contestazioni da parte dell’Agenzia delle entrate, la vendita tra IT1 ed IT2, se vuole beneficiare del regime di non imponibilità, deve essere strutturata in modo che sia inconfutabile che il trasporto di merce fuori dalla UE sia a cura o a nome (o per conto) di IT1.

In questo senso, evidentemente possono funzionare le clausole che prevedono che il venditore curi la consegna fino al punto di destino fuori dalla UE, quali DAP, DDP, ecc… Tuttavia, per operazioni da effettuarsi in assenza di rischio fiscale, che prevedono un trasporto marittimo, viene spesso utilizzata la clausola FOB.

La clausola FOB (free on board) prevede che il venditore deve caricare la merce a bordo della nave. L’Agenzia delle entrate, con la risposta ad interpello n. 580/2020, ha confermato un vecchissimo orientamento (risoluzione n. 416596/E/1986) secondo il quale – nonostante la nave sia ancora in acque nazionali – per le leggi doganali e, quindi, anche ai fini Iva, le merci “si considerano uscite dal territorio doganale salvo prova contraria, nel momento dell’imbarco sulle navi e sugli aeromobili”. In sostanza, una vendita FOB funzionerebbe per l’operazione triangolare in quanto IT1 consegna merce all’estero, mentre non funzionerebbe la clausola FAS (free along side ship), dove non si può ritenere che il venditore trasporti la merce fuori dalla UE.

Altro caso in cui le clausole Incoterms potrebbero essere di ausilio, è quello della triangolare IT-UE-EXUE. Il caso, e l’attenzione che ne deve essere prestata, lo si ricava dal pensiero dell’Agenzia delle entrate, espresso con la risposta ad Interpello n. 136/2023. Guardando la situazione di IT, infatti, parrebbero non esservi problemi o rischi in quanto, avendo come cessionario un soggetto non stabilito in Italia, è indifferente che il trasporto sia curato dal cedente o dal cessionario, posto che in una vendita da un soggetto stabilito in Italia ad un soggetto estero, è indifferente chi sia il soggetto che cura il trasporto all’estero.

Le cose si complicano, tuttavia, quando il cessionario estero a sua volta cede la merce ad altro cessionario estero, e quest’ultimo trasporta la merce fuori dalla UE. Su quindi l’italiano cede al tedesco, il quale cede allo svizzero ed è quest’ultimo che cura il trasporto fuori dalla UE, la fattura del soggetto italiano deve avere l’Iva; questo perché la non imponibilità ai sensi dell’articolo 8, comma 1, lettera b), D.P.R. 633/1972, trova applicazione solo quando il cessionario non residente cura il trasporto della merce fuori dalla UE, e non nel caso in cui lo stesso sia curato da un ulteriore soggetto per conto proprio. In caso di operazioni triangolari di tale tipo, quindi, è chiaro che molte attenzioni devono essere prestate a chi cura i trasporti, analizzando le clausole Incoterms delle varie vendite a catena.

Una ultima attenzione deve essere prestata per le cosiddette esportazioni congiunte, nelle quali il cedente italiano, prima di esportare la merce, la fa lavorare da un lavorante incaricato dal cessionario extracomunitario. L’attenzione in questo senso deve essere prestata in quanto l’articolo 8, D.P.R. 633/1972, prevede che la merce – tra la vendita e l’uscita del territorio europeo – possa subire lavorazioni solo se il trasporto della stessa fuori dalla UE sia curato dal cedente italiano, e non dal cessionario non residente (non è prevista la possibilità di lavorare la merce nelle esportazioni in lettera b). In sostanza, una interpretazione restrittiva di tale norma vorrebbe che se un venditore di Padova cede della merce ad uno svizzero, il quale chiede che la stessa venga consegnata a Varese per una lavorazione, prima dell’invio nella Federazione elvetica, anche il trasporto della merce lavorata, dalla città lombarda alla Svizzera, deve essere effettuato a cura o a nome dell’impresa di Padova.