La sede principale degli affari e interessi determina la residenza fiscale
di Marco BargagliPer espressa disposizione normativa (ex articolo 2, comma 2, Tuir), una persona fisica è considerata residente in Italia se, per la maggior parte del periodo d’imposta:
- è iscritta presso l’anagrafe della popolazione residente;
- ha il domicilio nel territorio dello Stato, definito come la sede principale degli affari e interessi (articolo 43, comma 1, cod. civ.);
- ha stabilito la propria residenza nel territorio dello Stato, intesa come la dimora abituale del soggetto passivo (articolo 43, comma 2, cod. civ.).
Inoltre, al fine di dirimere potenziali casi di doppia imposizione economica, l’articolo 4, paragrafo 2, del modello OCSE di convenzione internazionale contro le doppie imposizioni sui redditi, prevede che quando una persona fisica è considerata residente di entrambi gli Stati Contraenti, la sua residenza è determinata con i criteri di seguito indicati:
- detta persona è considerata residente dello Stato Contraente nel quale ha un’abitazione permanente. Tuttavia, quando essa dispone di un’abitazione permanente in entrambi gli Stati Contraenti, la stessa è considerata residente dello Stato Contraente nel quale le sue relazioni personali ed economiche sono più strette, individuato come il “centro degli interessi vitali”;
- se non si può determinare lo Stato Contraente nel quale detta persona ha il centro dei suoi interessi vitali, o se la medesima non ha un’abitazione permanente in alcuno degli Stati Contraenti, essa è considerata residente dello Stato Contraente in cui soggiorna abitualmente;
- se detta persona soggiorna abitualmente in entrambi gli Stati Contraenti, ovvero non soggiorna abitualmente in alcuno di essi, essa è considerata residente dello Stato Contraente del quale ha la nazionalità;
- se detta persona ha la nazionalità di entrambi gli Stati Contraenti o non ha la nazionalità di alcuno di essi, le autorità competenti degli Stati Contraenti risolvono la questione di comune accordo.
In merito all’esatta individuazione della residenza fiscale di una persona fisica che lavora a tempo pieno in Lussemburgo, con un contratto a tempo indeterminato, percependo redditi di lavoro dipendente, è recentemente intervenuta l’Agenzia delle entrate, Direzione Centrale persone fisiche, lavoratori autonomi ed enti non commerciali la quale, nella risposta all’interpello n. 25 pubblicata in data 04.10.2018, ha fornito importanti chiarimenti con particolare riferimento alla rilevanza del domicilio del soggetto passivo, inteso come luogo in cui una persona ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi.
L’istanza di interpello è stata presentata da una persona fisica che ha iniziato a lavorare in Lussemburgo il 1° settembre 2017 spostando, conseguentemente, la propria residenza all’estero.
Sul punto, la citata persona fisica ha fornito alcuni elementi di dettaglio, rappresentando:
- di essersi iscritto all’AIRE, di essere intestatario di un contratto di affitto in Lussemburgo e di lavorare a tempo pieno con contratto a tempo indeterminato;
- di avere, nello Stato estero, un regime di tassazione con aliquota fissa classificato come single (classe 1- più elevata come percentuale), in quanto la famiglia risiede in Italia;
- che la moglie e il figlio sono residenti in Italia, dove hanno una casa in affitto, mentre il relativo contratto, l’assicurazione della casa e le bollette di gas e luce sono intestati al soggetto istante;
- che in Italia la moglie è proprietaria di un’automobile e che la stessa è intestataria della relativa assicurazione;
- di non avere altre proprietà in Italia e di venire regolarmente in Italia a trovare la sua famiglia.
In buona sostanza, il trasferimento della persona fisica in Lussemburgo è unicamente legato alla possibilità di avere un lavoro che gli consenta di sostenere sé stesso e la sua famiglia.
L’Agenzia delle entrate, dopo avere evidenziato che l’accertamento dei presupposti per stabilire l’effettiva residenza fiscale costituisce una questione di fatto che non può essere oggetto di istanza di interpello (presentata ai sensi dell’articolo 11 L. 212/2000), ha fornito alcune indicazioni di carattere strettamente interpretativo, richiamando la normativa domestica e convenzionale di riferimento.
In particolare, nel citato documento di prassi viene posto in evidenza che la circostanza rappresentata dall’istante, secondo cui la sua famiglia risiede in Italia e il contratto di affitto e le utenze sono intestate a suo nome, “potrebbe indurre a ritenere che lo stesso abbia nel nostro Paese il proprio domicilio ai sensi dell’articolo 43 del codice civile, inteso come luogo in cui una persona, a prescindere dalla reale presenza fisica del soggetto, ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi”.
Quindi, qualora la persona fisica non sia in grado di provare la contestuale assenza delle tre alternative condizioni previste dall’articolo 2 Tuir (iscrizione all’anagrafe della popolazione residente, domicilio e residenza nel territorio dello Stato), la stessa sarà considerata fiscalmente residente nel nostro Paese per gli anni d’imposta 2017 e 2018.
Infine, in caso di contestuale residenza fiscale italiana e lussemburghese nelle annualità sopra considerate, in virtù dell’applicazione della normativa interna in vigore in Italia e Lussemburgo, eventuali conflitti di residenza tra i due Paesi dovranno essere risolti facendo ricorso alle disposizioni previste dalla Convenzione internazionale contro le doppie imposizioni sui redditi la quale, come detto, valuta ulteriori criteri utili a individuare il Paese di tassazione del soggetto passivo (es. il luogo di ubicazione dell’abitazione principale, del centro degli interessi vitali, della dimora abituale, l’individuazione della nazionalità della persona fisica oppure, in subordine, sollecitando la risoluzione del conflitto di residenza di comune accordo tra gli Stati interessati).
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