La sentenza penale ha efficacia di giudicato nel processo tributario?
di Angelo GinexSovente gli atti tributari sono emanati dall’Amministrazione finanziaria sulla base del materiale probatorio emerso nel corso di indagini penali (ad esempio, processi verbali di ispezione e perquisizione, sequestri, verbali di dichiarazioni, brogliacci, intercettazioni e così via), a seguito dei rilievi fiscali eseguiti dalla Guardia di Finanza.
Secondo l’attuale assetto normativo, contenuto nell’articolo 20 D.Lgs. 74/2000 che ha introdotto il sistema del c.d. doppio binario, il procedimento amministrativo di accertamento e il processo tributario non possono essere sospesi per la pendenza del procedimento penale avente ad oggetto i medesimi fatti, o fatti dal cui accertamento comunque dipende la relativa definizione.
Ciò significa che nessuna prevalenza è accordata ad un accertamento piuttosto che ad un altro e, pertanto, i due procedimenti e processi possono instaurarsi, proseguire e concludersi autonomamente.
Tuttavia, ciò non significa che il sistema delineato sia a compartimenti stagni, ma, al contrario, esso è caratterizzato da un apposito sistema di regole di comunicazione fissato dal legislatore e continuamente alimentato dalla giurisprudenza di legittimità.
Un importante sistema di comunicazione è previsto dagli articoli 33, comma 3, e 36 D.P.R. 600/1973 e 63, comma 1, D.P.R. 633/1972, i quali consentono la trasmigrazione in sede tributaria delle informazioni acquisite nell’ambito del procedimento penale, previa autorizzazione dell’Autorità Giudiziaria, che può essere concessa anche in deroga all’articolo 329 c.p.p., e quindi anche prima della cessazione del segreto investigativo, che perdura generalmente non oltre la chiusura delle indagini preliminari.
Le disposizioni citate non contengono alcuna preclusione di sorta, in relazione sia alla natura del reato che al genere di risultanza, sicché deve ritenersi generalmente ammesso l’utilizzo fiscale degli elementi probatori (anche di natura non strettamente documentale) emersi in ogni indagine penale, anche prima della chiusura delle indagini preliminari.
Una valutazione di sintesi della giurisprudenza può essere racchiusa nel principio secondo cui “il giudice tributario può legittimamente fondare il proprio convincimento anche sulla generalità degli elementi di prova acquisiti nel processo penale, purché tali elementi vengano sottoposti ad una propria autonoma valutazione secondo le regole tipiche della distribuzione dell’onere probatorio valevoli ai soli fini fiscali” (cfr., Cassazione, sentenza n. 6918/2013).
Per quanto concerne gli effetti del giudicato penale sul processo tributario, la giurisprudenza è costante nell’affermare che, secondo l’assetto normativo vigente, nel giudizio tributario nessuna automatica autorità di cosa giudicata può attribuirsi alla sentenza penale irrevocabile, di condanna o di assoluzione, emessa in materia di reati tributari, ancorché i fatti esaminati siano gli stessi che fondano l’accertamento, dal momento che nel processo tributario vigono i limiti in materia di prova previsti dall’articolo 7, comma 4, D.Lgs. 546/1992 e trovano ingresso anche presunzioni semplici, di per sé inidonee a supportare una pronuncia penale di condanna.
Tuttavia, ferma la non vincolatività del giudicato penale, “il giudice tributario, nell’esercizio dei propri autonomi poteri di valutazione della condotta delle parti e del materiale probatorio acquisito agli atti, è tenuto a verificare la rilevanza, rispetto alla fattispecie tributaria soggetta ad esame, di tutti gli elementi desumibili dall’inchiesta e dalla sentenza penale” (cfr., ex multis Cassazione, sentenze nn. 9442/2017, 6211/2015, 8129/2012 e 20740/2010).
In definitiva, il quadro generale che emerge dalle posizioni dinanzi richiamate depone per l’assenza di condizionamenti diretti ed immediati del giudicato penale rispetto alle decisioni del giudice tributario, ma, al contempo, per la sussistenza di un “potere-dovere” dello stesso giudice tributario di prendere comunque in considerazione, in assoluta autonomia e nel rispetto delle proprie regole processuali, gli elementi risultanti dalla sentenza penale, nonché la valutazione che degli stessi è stata operata dal giudice penale, dando piena contezza del percorso argomentativo seguito in sede di motivazione.