La settimana finanziaria
di Direzione Finanza e Prodotti - Banca Esperia S.p.A.a cura della Direzione Investment Solutions – Banca Esperia S.p.A.
Settimana negativa e nervosa per le Borse mondiali
I mercati americani non si sono spostati in maniera sostanziale dai massimi storici in mancanza di particolari sollecitazioni e interventi nella prima parte della settimana, per poi decelerare in maniera netta nella giornata di giovedì.
Dow -1.91 %, S&P -1.64%, Nasdaq -1.87%.
Settimana molto negativa per i Mercati asiatici che risentono del flusso di notizie negative provenienti da Pechino che penalizza anche tutte le materie prime (rame in primis) e di conseguenza l’indice australiano, composto soprattutto da titoli legati al comparto minerario ed estrattivo. Il Giappone mostra la peggior performance di tutta l’area: l’ottimismo sulle Abenomics sembra essere sfumato, i flussi commerciali con la Cina sembrano essere messi in discussione e, soprattutto, lo Yen guadagna quasi l’1.8% contro Yen, danneggiando i corsi degli esportatori.
Nikkei -6.2%, Hang Seng -4.85%, Sidney -2.43% , Shanghai -2.6%.
l’Eurostoxx 50, -4%, subisce in tutto e per tutto la volatilità innescata dai numeri cinesi, nonostante dati Macro abbastanza incoraggianti.
Il Dollaro non solo perde vistosamente terreno contro lo Yen, ma si dimostra debole anche contro Euro, arrivando a trattare oltre il livello di 1.3950.
I mercati obbligazionari continuano a rappresentare per gli investitori un’alternativa alla volatilità in un momento di nervosismo persistente e pronunciato dei mercati mondiali. Il decennale americano si è portato al 2.64%. Il Bund a 10 anni rende ormai poco più dell’1.5%. Il dieci anni italiano rende il 3.42%. Il Differenziale BTP/Bund era arrivato anche a un livello pari a 174 basis points. Sale anche la quotazione dell’oro, bene rifugio per eccellenza in momenti di stress.
Le tensioni geopolitiche passano forse in secondo piano. I dati cinesi no
Continua il confronto piuttosto teso tra la Russia e la comunità internazionale in merito alla crisi in Ucraina e Crimea, ma i mercati sembrano al momento focalizzarsi in modo minore sulla componente geopolitica per ritornare a concentrarsi su problematiche squisitamente macroeconomiche, prima fra tutti la dinamica della crescita cinese. Sembra evidente che l’annessione della Crimea alla Federazione Russia sia ormai un dato di fatto al quale la diplomazia internazionale si adatta “obtorto collo”, in quanto mancano in effetti alternative per una risposta credibile. I numeri di Pechino, invece, sono stati il principale generatore di tensione e volatilità per tutti i mercati mondiali, accompagnati da una serie di revisioni al ribasso delle previsioni sulla crescita cinese da parte della maggior parte delle banche d’affari globali.
Gli Stati Uniti hanno vissuto una settimana sostanzialmente priva di impulsi, sia di carattere societario, sia in termini di dati macroeconomici, in quanto la settimana successiva al Labor Report è in genere molto povera di rilevazioni. Di conseguenza, gli indici americani hanno subito il movimento di “Risk-Off” generato dall’Oriente. L’unico dato degno di nota è stato, nella giornata di giovedì, la pubblicazione degli ordini di beni durevoli, risultati migliori delle attese e dai quali traspare che le condizioni atmosferiche avverse avevano impattato in modo addirittura più duro del previsto sui consumi durante l’inverno. Il dato sembra comunque confermare che l’espansione economica sta ricominciando ad accelerare. Il mood è effettivamente confermato anche dal consueto dato settimanale dei Jobless Claims che ha raggiunto il livello più basso dal mese di novembre. Tutto ciò però non ha fatto altro che riproporre la percezione del “bicchiere mezzo vuoto”, con alcuni analisti che comincerebbero a temere un eccessivo irrigidimento nel comportamento della Federal Reserve in un momento in cui la psicologia del mercato mostra un atteggiamento molto guardingo degli operatori.
Le notizie da Pechino hanno catalizzato l’attenzione degli investitori: in primo luogo la maggior parte dei numeri pubblicati punta verso un raffreddamento dell’economia Cinese. Negativo il trade deficit per febbraio (-23 miliardi di dollari vs attese per surplus di 14.5 mld), causato da un crollo delle esportazioni (-18% anno su anno, da +10.6% di gennaio, e contro attese per +7.5%).
A spiegare parzialmente il crollo, il calendario delle celebrazioni per il capodanno cinese, in anticipo quest’anno, e anche il fenomeno, peraltro noto, relativo al fatto che i dati di febbraio 2013 erano gonfiati dalle speculazioni degli esportatori (false fatturazioni per aggiudicarsi sussidi). Inoltre, anche CPI e PPI sono scesi più delle aspettative e il quadro è stato poi completato da una produzione industriale peggiore delle previsioni. I commentatori economici, locali e non, hanno seguito da vicino la vicenda legata al default di Chairi Solar, definita da Bank Of America come “il momento Bear Stearns per il mercato cinese” e in settimana a Hong Kong l’indice China Enterprise ha raggiunto il suo punto più basso dal mese di luglio dopo la sospensione dei titoli e dei bonds di Tianwei Baobian Electric Corp. Cresce quindi il senso di fragilità e il conseguente nervosismo intorno a tutto ciò che al momento riguarda la Cina, nonostante una serie di segnali, come quello del Governatore di PBoC che ha affermato che il tasso sui depositi verrà liberalizzato entro un paio di anni, suggerendo così che Pechino si stia muovendo molto velocemente lungo le direttive delineate dal Documento Economico pubblicato in chiusura del Plenum del Partito il mese scorso.
Il Giappone riesce a non essere trascinato al ribasso nella prima parte della settimana, soprattutto grazie al mantenimento degli attuali livelli di Monetary Easing da parte di BoJ. Anzi, molti analisti sperano in un aumento del QE, orientato a controbilanciare l’aumento dell’IVA che scatterà tra un mese. L’accelerazione dello Yen sul Dollaro vanifica la tenuta, portando il Nikkei a perdere oltre il 3% nella sola sessione di venerdì mattina.
In assenza di particolari news anche gli indici europei si aggregano al movimento negativo globale nonostante l’intervento del presidente della Bce, Mario Draghi, che ha annunciato di vedere “Ripresa economica nel 2014 e nel 2015 dopo due anni di stabilizzazione e un ritorno di fiducia nell’Eurozona” e ha inoltre sottolineato come l`intero quadro sia legato all’impegno nelle politiche che hanno ripristinato la fiducia, come misure di consolidamento fiscale, riforme strutturali, politica monetaria.
In Italia continua ad avere successo l’attività di emissione da parte del Tesoro con buone indicazioni provenienti dal collocamento di €7 Mld in Bot a 1 anno (tassi al minimo storico allo 0.592%).
In termini di risultati economici BMW ha nettamente battuto le stime degli analisti, così come Lufthansa e Hugo Boss in Germania.
Nel comparto Utilities deludenti i numeri di E.on mentre sono inaspettatamente migliori delle attese quelli di Enel. In Italia hanno riportato soprattutto i titoli del comparto bancario, con sia Unicredit sia Montepaschi nettamente sotto le attese.
I mercati sembrano seguire con interesse l’accelerazione impressa al processo delle riforme impressa dal NeoPremier Matteo Renzi, con il Ftse Mib che perde in pratica solo un punto percentuale sulla settimana.
Settimana contraddistinta da diversi appuntamenti macro e dal FOMC
La prossima settimana vedrà il ritorno alla normalità nella frequenza degli appuntamenti macro, con la pubblicazione dell’Empire Manufacturing, CPI Index, i dati gemelli relativi a Industrial Production e Capacity Utilization. Seguiranno poi alcuni numeri utili a evidenziare lo stato di salute del comparto Real Estate, come Housing Starts, Building Permits ed Existing Home Sales. La settimana sarà però caratterizzata dall’appuntamento con il Meeting del FOMC. Chiuderanno i Jobless Claims del giovedì e Il Philadelphia FED Index.
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