La settimana finanziaria
di Mediobanca S.p.A.IL PUNTO DELLA SETTIMANA: Un Draghi dovish ci ricorda che “non si può ancora cantare vittoria sull’inflazione”
- La BCE, all’unanimità, rimuove dallo statement la caratterizzazione del piano di acquisti di attività come state contingent
- L’elevata incertezza sul momento in cui le pressioni inflazionistiche si materializzeranno nell’Area Euro porta la BCE a continuare ad essere “reattiva anziché proattiva“
- Secondo Draghi gli effetti dei dazi statunitensi dovrebbero essere nell’immediato trascurabili ma avranno delle ripercussioni sul cambio e più in generale sul clima di fiducia
Nel meeting di questa settimana, la BCE ha rimosso dallo statement iniziale la caratterizzazione dei piano di acquisti di attività come state contingent, ossia l’impegno ad “aumentarlo in termini di dimensioni e/o durata” se necessario, ma ha lasciato invariati gli altri parametri della politica monetaria:
- durata e quantità del piano di acquisti (che rimane condizionale ad un aggiustamento durevole dell’inflazione);
- corridoio dei tassi di interesse (tasso di deposito a -0,4%, tasso di repo allo 0,0%);
- la forward guidance, ribadendo che i tassi di interesse di riferimento resteranno pari ai livelli attuali per un lungo periodo di tempo, “ben oltre l’orizzonte degli acquisti netti di attività”.
Durante la conferenza stampa, il Presidente Draghi, mostrando un atteggiamento da colomba, ha spiegato che il cambiamento di linguaggio (deciso in modo unanime all’interno del Consiglio Direttivo) non rappresenta un cambiamento delle aspettative o della funzione di reazione della BCE, bensì l’eliminazione di un riferimento esplicito alla probabilità di un aumento futuro degli acquisti mensili ossia una certificazione di un’analisi backward-looking. La decisione rappresenta un primo passo, necessario e prudente, verso la normalizzazione della politica monetaria e si inserisce nel quadro presentato anche dai verbali del meeting di gennaio, ribadendo la necessità di guidare i mercati con una politica di comunicazione attenta durante processo di normalizzazione della politica monetaria al fine di evitare aumenti improvvisi di volatilità nei mercato dei cambi e sell-off nei mercati obbligazionari. Il linguaggio dovish di Draghi spiega il movimento dell’euro/dollaro, che si è apprezzato subito dopo la pubblicazione dello statement salendo a 1.2420, per poi tornare ai livelli iniziali, durante la conferenza stampa.
Come atteso, la BCE ha reso note le nuove previsioni di crescita ed inflazione per l’Area Euro. La crescita per il 2018 è stata rivista marginalmente al rialzo al 2.4% a/a dal precedente 2.3%, mentre è rimasta invariata la previsioni di crescita per il 2019 (1.9% a/a) e per il 2020 (1.7% a/a). Invece, relativamente al sentiero di inflazione, la BCE ha rivisto al ribasso la previsione per il prossimo anno, pari a 1.4% a/a dal precedente 1.5%, lasciando invariate le attese per l’inflazione nel 2018 (1.4% a/a) e per il 2020 (1.7% a/a). Infatti, mentre l’economia dell’Area Euro ha continuato ad espandersi a un ritmo sostenuto, con un’accelerazione superiore alle attese, l’inflazione resta ancora modesta e non mostra segnali convincenti di una protratta tendenza al rialzo. Draghi ha manifestato un’elevata incertezza sul “quando” le pressioni sui prezzi si faranno sentire e ha affermato che la BCE continuerà ad essere “reattiva anziché proattiva“, suggerendo così che si aspetterà una prova certa di un aumento dell’inflazione, prima di iniziare a normalizzare la politica monetaria. Draghi non ha, di fatto, fornito molti indizi su quando si avrà il prossimo aggiornamento sulle mosse di politica monetaria.
I rischi per le prospettive di crescita nell’Area Euro sono sostanzialmente bilanciati. Secondo il Consiglio Direttivo, due sono i principali rischi allo scenario centrale, la volatilità del tasso di cambio e le tensioni attuali sul commercio internazionale. Relativamente a quest’ultime, Draghi si è dichiarato preoccupato per lo stato delle relazioni internazionali alla base del commercio internazionale e per le decisioni unilaterali prese dagli Stati Uniti, affermando che «se metti tariffe contro i tuoi alleati, ci si chiede chi sono i nemici?» e che «le ricadute immediate delle decisioni sul commercio non saranno grandi inizialmente, ma potrebbero portare a rappresaglie» e, conseguentemente ad una flessione della fiducia delle imprese e del consumatore, oltre che avere un effetto diretto su tasso di cambio e inflazione.
I mercati hanno interpretato il linguaggio di Draghi come particolarmente cauto: il tasso di cambio Euro/Dollaro, particolarmente sensibile in questo periodo a decisioni e dichiarazioni sull’evoluzione delle politiche monetarie, scambia adesso sotto 1.23. Il rendimento dei titoli governativi tedesco a 10 anni scambia a 0.65. La probabilità di un rialzo dei tassi Euro dopo marzo 2019, estratta dai prezzi delle opzioni sull’Euribor, è ora pari al 75%.
La BCE resta reattiva alla futura pubblicazione dei dati | Pressioni inflazionistiche restano moderate |
LA SETTIMANA TRASCORSA
EUROPA: L’economia dell’Area Euro chiude il 2017 con una crescita cumulata del 2,3% a/a, ma i dati di T1 2018 mostrano una stabilizzazione della crescita
In settimana è stata pubblicata la stima finale del PIL in T4 2017, che conferma per l’intera Area Euro una crescita a 0,6% t/t e 2,7% a/a. L’analisi delle componenti indica che il saldo della bilancia commerciale ha fornito il maggior contributo alla crescita, confermando il ruolo chiave delle esportazioni (1,9% t/t, 6,1% a/a). La crescita dei consumi privati e degli investimenti è stata invece rivista al ribasso rispettivamente a 0,2% t/t e 0,9% t/t contro le attese di una conferma della seconda stima a 0,3% t/t e 1,1% t/t. Su base annua consumi e investimenti crescono invece rispettivamente all’1,5% e 2,5%. In Germania, a gennaio, gli ordini manifatturieri sono diminuiti del 3,9% m/m, registrando così un calo più marcato rispetto alle attese (1.6% m/m), ma conferma ancora un guadagno su base annua (8,2% a/a). La scomposizione mostra che gli ordini interni sono diminuiti del 2,8% m/m e gli ordini esteri del 4,6% m/m, il che suggerisce un lieve rallentamento della crescita economica. Anche il guadagno mensile del 3,8% di dicembre è stato rivisto al 3%.
Battuta d’arresto per le costruzioni in UK: le costruzioni sono scese del 3,4% m/m tra dicembre e gennaio al ritmo annuale più rapido da gennaio 2013 (3,9% a/a).
STATI UNITI: In febbraio forte la crescita dell’occupazione a fronte di una modesta pressione salariale
Giovedì il Presidente Trump ha firmato questo pomeriggio l’introduzione dei dazi sulle importazioni di acciaio (25%) e alluminio (10%), per far fronte alle sovra-capacità produttiva globale. Come previsto, Canada e Messico hanno ricevuto delle esenzioni. Inoltre, qualsiasi paese con cui gli Stati Uniti hanno relazioni di sicurezza sono in grado di discutere modi alternativi per affrontare le preoccupazioni e garantire la modifica o la rimozione delle tariffe. L’obiettivo principale della Casa Bianca è la Cina. L’effetto sull’Europa dovrebbe essere limitato. Relativamente al mercato del lavoro, le richieste iniziali di sussidi di disoccupazione salgano a 231 mila unità (220 consenso) dalle precedenti 210, che era il livello più basso dal dicembre 1969. Le richieste continuative di sussidi di disoccupazione per la settimana terminata il 24 febbraio sono pari a1.870 mila unità (1.920 mila consenso) dalle 1.934 mila precedenti. Il report sul mercato del lavoro relativo al mese di febbraio ha mostrato una crescita dell’occupazione forte a fronte di una moderazione nella pressione salariale rispetto a gennaio. La variazione delle buste paga non agricole è stata pari a 313 mila unita, al disopra delle attese (205) e del valore precedente (239, rivisto al rialzo dal precedente 200). La crescita del salari invece ha rallentato a 2,6% a/a, dal precedente 2.98% a/a. Il tasso di disoccupazione è rimasto invariato del 4,1%, leggermente superiore alle stime del 4,0%. Il tasso di partecipazione è aumentato dello 0,3% al 63,0%.
ASIA: rallenta l’inflazione in Cina a febbraioA febbraio le riserve Cinesi in valuta estera hanno registrato il primo ribasso da oltre un anno a $3,13 T da precedenti $ 3,16T. La flessione riflette l’aggiustamento del valore delle partecipazioni cinesi di valute e attività non in dollari. Al netto di questo aggiustamento, le dimensioni delle riserve valutarie rimarranno sostanzialmente stabili. L’indice CPI cinese è cresciuto del 2,9% a/a in febbraio, sopra le attese degli analisti (2,5%) e al valore del mese precedente (1,5%). L’ufficio di statistica ha evidenziato la combinazione di effetti meteorologici e di vacanza, poiché il freddo e la domanda stagionale durante il nuovo anno lunare hanno fatto salire i prezzi dei prodotti alimentari. Le vacanze hanno anche portato ad un aumento dei prezzi delle compagnie aeree e dei viaggi. L’indice dei prezzi alla produzione è, invece, aumentato del 3,7% a/a più bassa delle attese (3,8%) e del valore precedente (4,3%), principalmente a causa della decelerazione dei prezzi dei materiali di produzione. In Giappone, la crescita del PIL in T4, secondo la stima definitiva, è stata pari a 1,6% t/t al di sopra delle attese (0,8% t/t) e della stima preliminare (0,5%). Gli investimenti privati non residenziali hanno aggiunto un decimo sulla base dei risultati del sondaggio aziendale MOF più solidi del previsto. La principale sorpresa è arrivata dalle scorte private, che hanno aggiunto due decimi alla crescita. Le altri componenti sono, invece, cambiate poco. Il dato va letto alla luce della debolezza dei dati della produzione industriale di gennaio, che hanno mostrato il calo più significativo dallo tsunami / terremoto del marzo 2011. Sempre in Giappone, le retribuzioni nominali sono aumentate dello 0,7% a/ a in gennaio, in linea con le aspettative, dopo un aumento dello 0,9% nel mese precedente. I salari reali sono diminuiti dello 0,9%, il ritmo più veloce da luglio. La decelerazione è stata moderata in termini nominali e determinata principalmente dai pagamenti straordinari. La crescita dei pagamenti bonus è aumentata bruscamente, anche se la ponderazione era molto più bassa in quanto la maggior parte dei premi invernali è stata pagata a dicembre. Le retribuzioni stagionalmente ridotte sono diminuite dello 0,3% m/m, le ore totali lavorate sono diminuite dell’1,6% (il più debole da luglio), mentre l’occupazione è aumentata dello 0,3%. Al contrario, la spesa delle famiglie è aumentata inaspettatamente del 2,0% a/a rispetto al calo dell’1,2% previsto.
LA PROSSIMA SETTIMANA: quali dati?
- Europa: verrà pubblicata la stima finale dell’inflazione per il mese di febbraio per l’Area Euro e per principali economie, insieme alle vendite al dettaglio di gennaio in Italia e in Spagna
- Stati Uniti: inflazione di febbraio, insieme a vendite al dettaglio e produzione industriale. Si attende, inoltre, una serie di dati sul mercato immobiliare, tra cui nuove costruzioni abitative e permessi edlizi
- Asia: in Giappone saranno pubblicati i dati relativi a ordini di macchinari e utilizzazione impianti.
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