18 Giugno 2018

La settimana finanziaria

di Mediobanca S.p.A.
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IL PUNTO DELLA SETTIMANA: la Fed si prepara ad altri due rialzi dei tassi nel 2018, mentre la BCE promette tassi invariati fino all’ estate 2019

  • La Fed rivede al rialzo il “dot plots” e si conferma fiduciosa sul proseguimento del trend di crescita dell’economia US sopra il potenziale
  • La BCE ha finalmente annunciato la fine del QE a dicembre 2018 e il primo rialzo dei tassi non prima dell’estate 2019
  • I pilastri della politica monetaria della BCE nel 2019 restano due, l’ampio stock di titoli detenuti in bilancio (e il loro reinvestimento) e la forward guidance 

Come atteso, nel meeting di questa settimana il FOMC ha aumentato l’intervallo obiettivo per il tasso sui fondi federali di 25 pb, portandolo a 1,75-2,00%, in un meeting che, sulla scia del rafforzamento della fiducia della Fed sulla solidità della congiuntura US, ha comunque riservato alcuni elementi più hakwish delle attese. La mediana del cosiddetto “dot plots” per il 2018 incorpora ora 4 aumenti (il voto di un membro del FOMC si è spostato più in alto) e 3 nel 2019, il che significa che è stato aggiunto un ulteriore aumento del costo del denaro tra oggi e fine 2018. Infatti, a marzo il FOMC era diviso tra tre e quattro rialzi in totale per quest’anno. Inoltre, la Fed ha aggiornato le sue stime dei principali parametri economici del paese. Il PIL per il 2018 è atteso in crescita al 2.8% contro il 2.7% di marzo; l’inflazione è prevista al 2.1% (a marzo era l’1.9%) ed il dato core dovrebbe attestarsi al 2%, rispetto all’1.9% di marzo. Il tasso di disoccupazione è previsto al 3.6% per quest’anno, rispetto alle stime del 3.8% dello scorso trimestre. Dall’altra sponda dell’Atlantico, la BCE ha annunciato che gli acquisti netti di titoli termineranno a dicembre 2018 e che “dopo settembre 2018, il ritmo mensile sarà ridotto a 15 miliardi”, in un meeting che si è dimostrato più dovish delle attese. L’annuncio della fine del Quantitative Easing è stato mitigato, da un lato, da una modifica della forward guidance, che ora prevede che il corridoio dei tassi di interesse (tasso di deposito a -0,4%, tasso di repo allo 0,0) invariato ai livelli attuali fino all’estate 2019 e, dall’altro, dall’affermazione che il programma di acquisti di titoli privati e pubblici intrapreso nel 2015 non è da considerarsi eccezionale, ma parte integrante della cassetta degli attrezzi della politica monetaria. In questo modo, la BCE sta cercando di calmierare le attese sui rialzi dei tassi e controllare il term premium sulla struttura a termine dei titoli governativi. Prima del meeting, le aspettative erano divise su quando la BCE avrebbe ri-definito i dettagli del suo piano degli acquisti (se questa settimana o nella riunione di luglio), a causa della maggiore cautela richiesta dalla situazione politica italiana e dalla recente debolezza dei dati economici. Il Presidente Draghi ha comunque spiegato che il sostegno della politica monetaria continuerà a essere fornito dal consistente stock di titoli detenuti nel bilancio della BCE e dal reinvestimento per un periodo “prolungato e necessariodel capitale dei titoli rimborsati e giunti a scadenza (attività di reinvestimento iniziata in marzo 2017). Attualmente, le modalità di re-investimento del capitale non sono ancora note: il presidente Draghi ha ribadito nel meeting che una decisione a riguardo sarà importante e verrà presa nei prossimi mesi. Contestualmente, la BCE ha pubblicato le nuove previsioni di crescita ed inflazione. La crescita è stata rivista al ribasso dal 2,4% al 2,1%, ma le previsioni per il 2018 e il 2019 sono state mantenute rispettivamente all’1,9% e all’1,7%. Le previsioni di inflazione per quest’anno e il prossimo sono state rivedute a causa dell’aumento dei prezzi del petrolio, mentre le previsioni per il 2020 sono rimaste invariate all’1,7%. La BCE non è sembrata preoccupata del rallentamento della congiuntura economica, sostenendo che la crescita dell’intera Area resta solida anche se in T2 il rallentamento potrà caratterizzare ancora alcuni paesi. D’altra parte, Draghi ha anche sottolineato come le turbolenze italiane legate alla formazione del nuovo governo possono essere considerate un “episodio locale” all’interno di un progetto europeo, che resta forte ed irreversibile. In risposta alla riunione di politica monetaria di questa settimana, il mercato ha ulteriormente rimodulato le proprie aspettative di politica monetaria ed ora si attende il primo rialzo del costo del denaro in autunno del 2019. Conseguentemente, l’euro si è deprezzato rispetto al dollaro US. Questo movimento ci ricorda che i tassi di cambio sono fortemente influenzati dalla rimodulazione delle attese di politica monetaria che dovrebbe muoversi nel medio lungo periodo coerentemente con i fondamentali economici. Dopo tutto, l’apprezzamento dell’euro l’anno scorso è stato proprio guidato dall’accelerazione dell’attività economica nell’Area Euro nella seconda parte dell’anno. 

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