8 Settembre 2018

La settimana finanziaria

di Mediobanca S.p.A.
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IL PUNTO DELLA SETTIMANA: il costo dell’incertezza politica sulla futura legge di bilancio

  • Il Governo Italiano dovrà presentare entro il 27 settembre la Nota di Aggiornamento al DEF
  • L’incertezza di questi mesi si è già riflessa sul settore manifatturiero
Il Governo Italiano dovrà presentare entro il 27 settembre la Nota di Aggiornamento al Documento di Economia e Finanza (DEF) e definire il nuovo quadro programmatico. La bassa crescita potenziale dell’economia Italiana riduce i margini di operatività del governo Italiano e rende più incerte le stime sul deficit e debito atteso. Le future misure di governo sono ancora incerte ma quelle previste dal programma di governo implicherebbero, se implementate nella loro totalità, un marcato aumento del deficit previsto nel 2019. Per questo nei mesi estivi si è generata una situazione di forte incertezza sulle potenziali conseguenze delle future scelte dell’esecutivo. Questa incertezza ha comportato alcuni costi economici. In primo luogo, i mercati finanziari hanno iniziato a prezzare un rischio di ridenominazione e di insolvenza del debito, portando il differenziale di rendimento trai titoli governativi italiani e tedeschi sulla scadenza a 10 anni attorno ai 300pb e le quotazioni dei titoli italiani ad incorporare un rating più basso di quello attuale, mentre gli investimenti azionari, dopo il brillante inizio anno, hanno perso un 17% dai massimi, tornando ad essere uno dei peggiori listini europei. Inoltre, l’incertezza ha comportato una perdita di fiducia consistente da parte delle imprese manifatturiere. L’indice PMI manifatturiero per il mese di agosto si è attestato a 50,1, poco sopra la soglia che separa le aspettative di espansione da quelle di contrazione del settore. E’ facile prevedere, sulla base di questi numeri, che questa debolezza della fiducia delle imprese si tradurrà in una minor crescita della produzione industriale e in un PIL di T3 più debole (data di pubblicazione 30/10/2018).Le agenzie di rating Moody’s e S&P stanno attendendo la pubblicazione della Nota di Aggiornamento al Documento di Economia e Finanza (DEF) per rivedere il rating e outlook sull’Italia (Moody’s e S&P pubblicheranno il loro outlook il 26/10). C’è il rischio che vengano soddisfatti i criteri per declassare il debito sovrano al livello più basso dell’investment grade (una tendenza al ribasso del debito visibile e/o riforme strutturali). Un eventuale declassamento di un notch non rappresenterebbe una minaccia immediata di esclusione dei BTP dagli indici obbligazionari (e quindi la ponderazione in molti fondi obbligazionari), né rischierebbe di minacciare nell’immediato l’idoneità dei BTP come garanzia per le operazioni della BCE per gli acquisti di attività. Tuttavia, il declassamento del rating peserebbe chiaramente sul sentiment del mercato nei confronti dei titoli di stato italiani e, in tale contesto, non è possibile escludere il riemergere di spirali negative sul debito pubblico italiano. Altri costi potrebbero materializzarsi per l’economia italiana qualora l’aumento dell’incertezza politica e dello spread dovesse divenire permanente: in primo luogo, aumenterebbe l’onere per interessi, seppur più lentamente di quanto sarebbe avvenuto in passato, grazie alla politica attuata dal MEF durante il periodo di Quantitative Easing (allungamento della vita residua del debito), che ha portato la durata media del debito a 6.9 anni. In secondo luogo, aumenterebbe il costo del funding per le banche, con riflessi sul risparmio ma anche sul costo dei prestiti al settore privato, traducendosi in un aumento del costo e della selettività del credito a famiglie e imprese. Ciò potrebbe condizionare negativamente le attese di famiglie (meno consumi e più risparmio precauzionale) e imprese (blocco del riavvio del ciclo degli investimenti, più assunzioni con contratti a termine) instaurando una spirale negativa sulla crescita economica. Le ultime lending survey BCE e Banca d’Italia sulle condizioni del mercato del credito in Italia non evidenziano segnali di deterioramento ma incorporano i dati fino a fine giugno. Sarà necessario attendere la pubblicazione del nuovo report. Infine, data la bassa crescita potenziale dell’Italia una rinnovata incertezza politica esporrebbe il paese al rischio soffrire più degli altri paesi europei, in caso di una correzione della congiuntura globale.

 

 

 

SETTIMANA TRASCORSA

EUROPA: la produzione tedesca potrebbe risentire delle lunghe tensioni commerciali

L’indice PMI manifatturiero dell’Area Euro si è attestato a 54,6, invariato rispetto alla stima preliminare e in rallentamento rispetto al dato di luglio (55,1). Il rallentamento è imputabile principalmente ai nuovi ordini, che stanno crescendo al ritmo più basso degli ultimi due anni. Guardando alla scomposizione per paese emerge una notevole divergenza che sta diventando sempre più radicata: Paesi Bassi e Irlanda hanno registrato un miglioramento nei tassi di crescita rispettivamente a 59,1 e a 57,5. Il recupero del PMI servizi a 54,4 dal precedente 54 ha permesso all’indice PMI composito di attestarsi a 54,5 da 54,4. L’indice risulta in lieve aumento rispetto al mese precedente (54,3). La Germania ha rallentato toccando il punto di minimo degli ultimi due mesi di 55,9. Francia e Spagna hanno riportato un ulteriore rallentamento, rispetto alla stima preliminare. Il PMI italiano ha toccato il minimo di 24 mesi. A pesare sul settore manifatturiero dell’Area c’è sia la forza dell’euro registrata da inizio anno sia i timori per la situazione geopolitica (le preoccupazioni per il commercio, la Brexit e situazione italiana). In settimana è stata pubblicata la terza stima della crescita dell’Area Euro in T2 (0.4% t/t), contenente la scomposizione per componenti, che ha confermato che il freno alla crescita è arrivato dal commercio estero per il secondo trimestre consecutivo. Gli ordini tedeschi sono diminuiti dello 0,9% m/m a luglio (consenso 2,2% m/m, dato precedente – 3,9% m/m). La ripartizione mostra un probabile impatto dalle tensioni commerciali e dalla Brexit, con un calo del 3,4% negli ordini esteri, dopo una diminuzione del 4,8% a giugno. I beni capitali sono diminuiti del 5,0% m/m a luglio. Gli ordini interni hanno recuperato e sono rimbalzati del 2,4%, ma una contrazione dell’1,0% negli ordini di beni capitali interni, dopo il calo del 7,7% a giugno, potrebbe far presagire prospettive più deboli per l’economia. Il surplus commerciale della Germania è sceso al minimo degli ultimi quattro anni a luglio a 15,8 miliardi di euro. Il calo del surplus di € 3,2 miliardi è dovuto principalmente a una diminuzione delle esportazioni dello 0,9% m/m dopo lo 0,1% di aumento di giugno. Inoltre, le importazioni hanno accelerato del 2,8% m/m dall’1,3% m/m in precedenza. Nel complesso, i dati indicano che le esportazioni tedesche sono in difficoltà a causa di un calo della domanda estera, mentre la forza dell’economia interna sostiene i consumi. Altrove, la produzione industriale tedesca è diminuita dell’1,1% rispetto al consenso per un guadagno dello 0,4% e un precedente calo dello 0,7%.

USA: ISM manifatturiero torna sopra 60

L’ISM manifatturiero ad agosto aumenta a sorpresa a 61,3 (massimo da maggio 2004), da 58,1 di luglio. Lo spaccato dell’indagine è molto positivo, con incrementi di produzione a 63,3 dal precedente 58,5, nuovi ordini a 65,1 da 60,2, ordini inevasi a 57,5 da 54,7, occupazione a 58,5 da 56,5. Gli ordini all’export sono variati poco, attestandosi a 55,2 dal precedente 55,3 e i prezzi pagati hanno corretto a 72,1 da 73,2. Le imprese hanno riferito una domanda solida e pressioni elevate, ma stabili sui prezzi. Resta predominante la preoccupazione per le conseguenze economiche dei dazi: attualmente sembra che la clientela estera non sappia come rispondere ai nuovi dazi e mantenga elevati gli ordini in attesa di nuove informazioni. L’aspettativa di aumenti dei costi di produzione, legata anche alla politica commerciale, è incorporata da molte imprese nei budget per il 2019. Anche l’indice ISM non manifatturiero è aumentato ad agosto, a 58,5 da 55,7 di luglio. L’indagine riporta aumenti degli indici di attività (60,7 da 56,5), nuovi ordini (60,4 da 57), occupazione (56,7 da 56,1). La componente prezzi ha corretto a 62,8 da 63,4. Le imprese restano ottimiste riguardo allo scenario economico, anche se in alcuni settori si riportano effetti negativi dei dazi, sia di quelli già in vigore, sia di quelli annunciati, con incrementi dei costi di produzione. Nel complesso l’indagine ISM di agosto dà indicazioni di continua crescita molto sostenuta e contribuisce a supportare la previsione di crescita compresa fra 3 e 3,5% t/t annualizzato in T3 dopo +4,2% t/t annualizzato della primavera. La spesa in costruzioni a luglio aumenta di 0,1% m/m, al di sotto del consenso (0,4%m/m), ma i dati di giugno sono stati rivisti al rialzo a -0,8% m/m. Nel settore privato, la spesa residenziale rimbalza (+0,6% m/m) dopo due mesi di contrazioni, mentre quella non residenziale rimane debole, con una correzione di -0,1% m/m, dopo tre rialzi consecutivi. Il report del mercato del lavoro per il mese di agosto conferma un mercato del lavoro in piena occupazione e una dinamica salariale in rafforzamento ma ancora contenuto, con una crescita solida degli occupati non-agricoli a 201 mila (consenso 190 mila, dato precedente 147mila). Il tasso di disoccupazione si è attestato a 3.9 (consenso: 3.8%, valore precedente 3.9%). I salari orari sono aumentati in modo vivace di 0,4% m/m, dopo +0,3% m/m di luglio, portando la dinamica annua a 2,9% a/a.

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