1 Dicembre 2018

La settimana finanziaria

di Mediobanca S.p.A.
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IL PUNTO DELLA SETTIMANA: maggiore selettività sui paesi emergenti

  • In caso di un accordo tra USA e Cina sul commercio internazionale, il 2019 potrebbe iniziare con una nota positiva che andrebbe a rafforzare i primi effetti dell’allentamento monetario e fiscale implementato in Cina
  • Indonesia e India sono i paesi emergenti asiatici più resilienti a shock su condizioni finanziarie esterne. 

 

Nelle ultime settimane, il sentiment di mercato sui paesi emergenti si è stabilizzato grazie alle attese per un possibile accordo (anche se parziale) durante il prossimo G20, capace di smorzare le tensioni commerciali tra Stati Uniti e Cina: Washington potrebbe decidere di sospendere ulteriori tariffe fino alla prossima la primavera in cambio di nuovi negoziatii volti a produrre cambiamenti costruttivi nella futura politica economica cinese. Il presidente Trump ha recentemente affermato di essere molto vicino a “fare qualcosa” con la Cina. Così il 2019 potrebbe iniziare con una nota positiva che andrebbe a rafforzare i primi effetti dell’allentamento monetario e fiscale implementato in Cina: i nostri indicatori proprietari mostrano una stabilizzazione del momentum della crescita e una moderazione del momentum dell’inflazione, anche sulla scia del calo del prezzo del petrolio, che favorirà in particolare i paesi asiatici che sono importatori netti di petrolio. 
Momentum crescita

Momentum inflazione

 Tuttavia, nei mesi estivi del 2018 l’inasprimento delle condizioni finanziarie nei paesi emergenti si è stato originato a seguito dell’aumento dei rendimenti dei titoli di stato statunitensi, conseguente alla rimodulazione delle aspettative di politica monetaria, in un contesto di rafforzamento del dollaro USA, di inasprimento delle tensioni commerciali e di ulteriori segnali di rallentamento in Cina. Tutto ciò ha comportato un deprezzamento delle valute dei paesi emergenti, in particolare quelle dei paesi con saldi delle partite correnti più deboli. Colpiti anche da vulnerabilità interne, alcuni paesi sono stati interessati da deflussi di portafoglio, dovuti, in alcuni casi, alle incertezze politiche e alle tensioni sui mercati. Il 2018 ci induce, quindi, ad essere maggiormente selettivi nei confronti dei paesi emergenti e ci insegna che comprendere la natura dei rischi affrontati dai paesi emergenti è fondamentale quando si tratta di individuare il miglior tipo di investimento. Infatti, nonostante il tono più accomodante del discorso del Presidente della Fed J. Powell, di mercoledì 28 novembre, la Fed non ha ancora raggiunto la “neutralità” e ha davanti a se almeno altri tre rialzi di 25 pb del tasso di riferimento sui fed funds nel 2019 e, anche in caso di accordo su un temporanea sospensione delle misure protezionistiche di Trump, ci attendiamo che la riorganizzazione del modello del commercio internazionale resterà uno dei temi di fondo di tutto il 2019. Per questo a nostro avviso resta cruciale la valutazione della vulnerabilità di ciascun paese e indirettamente la loro resilienza a futuri inasprimenti delle condizioni finanziare internazionali. Il grado di vulnerabilità di ciascun paese è legato a diversi fattori. Riportiamo, quindi, un’analisi del livello di vulnerabilità dei paesi emergenti a seguito dell’aumentare dei costi di finanziamento in dollari e di altri fattori che possono impattare sulla fiducia degli investitori. La vulnerabilità del singolo paese è stata valutata sulla base della sua posizione di deficit o surplus delle partite correnti, debitoria o creditoria dei flussi di capitale a breve termine, del livello del rapporto tra riserve valutarie del paese e quelle suggerite dal FMI, della percentuale di debito governativo detenuto dagli investitori esteri, della deviazione dalla media delle EM dei rapporti tra debito estero a breve termine rispetto a PIL e riserve valutarie, della deviazione dei rapporti deficit/PIL e debito/PIL, rispettivamente, dal livello soglia del 2% e dalla media delle EM. La somma dei guidizi di vulnerabilità, ottenuta attribuendo 1 agli indicatori che segnalano alta vulnerabilità per il paese, 0 a quelli di media vulnerabilità e -1 a quelli di bassa vulnerabilità, evidenzia che Indonesia e India sono i paesi emergenti asiatici più resilienti a shock su condizioni finanziarie esterne.

SETTIMANA TRASCORSA

EUROPA: la crescita italiana in territorio negativo in T3

L’indice di fiducia ESI di novembre, calcolato dalla Commissione Europea, è sceso marginalmente, da 109,7 a 109,5 (consenso: 109,0), beneficiando di un miglioramento della fiducia nel settore manifatturiero e nel commercio al dettaglio, a fronte di livelli stabili per le componenti servizi e costruzioni. La ripartizione per paese ha mostrato un rallentamento sull’Italia, con un sentimento che ha toccato il livello più basso da luglio 2017 a fronte di un peggioramento in quasi tutte le componenti. Invece l’indice tedesco è aumentato, sulla scia di un’accelerazione di servizi e costruzioni, mentre resta debole la fiducia delle imprese manifatturiere rispetto ai livelli visti nei mesi precedenti. L’indice francese risente del forte calo registrato dalla fiducia dei consumatori legato anche alla crescente insoddisfazione rispetto alle scelte del governo. In Germania il tasso di disoccupazione è sceso a 5.0% a novembre, dal 5.1% precedente, toccando un nuovo record dall’unificazione. A partire dai prossimi mesi la buona salute del mercato del lavoro tedesco, unita a salari in progressiva crescita, potrebbe iniziare a contribuire positivamente alla dinamica dei prezzi creando le condizioni per l’irrobustimento dell’inflazione.

La stima preliminare dell’inflazione di novembre dell’Area Euro si è attestata 2,0% (consenso 2,1% e valore precedente 2,2%), mentre l’indice core – che esclude le componenti di energia volatile, cibo, alcol e tabacco – si è attestato a 1,0% (consenso l’1,1%). Ciò è stato interamente dovuto all’inflazione dei prezzi dei servizi più debole, che è diminuita all’1,3% dal massimo degli utlimi cinque mesi registrato ad ottobre dell’1,5%. Ciò sarà particolarmente scoraggiante per la BCE dato che prevede una crescita crescente dei salari per spingere al rialzo l’inflazione core. La seconda stima del PIL dell’Italia in T3 ha mostrato un andamento peggiore rispetto alla stima preliminare, che mostra una contrazione  dello 0,1% t/t (0.7 a/a). L’ISTAT ha rilasciato anche la scomposizione per componenti: i consumi sono scesi dello 0.1% t/t (valore precedente in T2 0.0%,) spesa governativa 0.0% (valore precedente 0.2 t/t), investimenti -1.1% (valore precedente 2.8% t/t/) esportazioni 1.1% importazioni 0.8%.

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