2 Febbraio 2019

La settimana finanziaria

di Mediobanca S.p.A.
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IL PUNTO DELLA SETTIMANA: l’Italia è entrata in una modesta recessione tecnica

La decrescita dell’economia italiana:

  • è stata trainata da un forte peggioramento delle aspettative delle imprese e da un calo parallelo degli investimenti
  • riflette l’impatto sul comparto manifatturiero italiano del rallentamento del commercio internazionale e della produzione industriale tedesca, ma anche di shock idiosincratici

 

L’Istat ha dichiarato che nell’ultimo trimestre del 2018 l’economia italiana si è contratta per il secondo trimestre consecutivo. In T4 il PIL è sceso di -0,2% t/t (consenso -0.1% t/t), dopo -0,1% di T3 (Fig.1), traducendosi in una progressiva riduzione della crescita tendenziale, facendole sfiorare lo zero (+ 0,1% a/a in T4 dal precedente 0,6% di T3). Sebbene la scomposizione per componenti non sia ancora disponibile, l’Istat ha fatto sapere che la domanda estera è aumentata, ma il suo aumento è stato più che bilanciato dall’indebolimento della domanda interna. Il calo del PIL è stato guidato dal settore industriale, trainato da un forte peggioramento delle aspettative delle imprese (Fig.2) e da un calo parallelo degli investimenti e degli acquisti di beni durevoli delle famiglie, a fronte di un settore dei servizi che ha invece offerto un contributo praticamente nullo al valore aggiunto. Questa fase di recessione tecnica riflette l’impatto sul comparto manifatturiero italiano del rallentamento del commercio internazionale e della produzione industriale tedesca, ma anche di shock idiosincratici che hanno frenato la domanda interna (incertezza politica degli ultimi sei mesi, deterioramento delle condizioni finanziare e di rifinanziamento per famiglie e imprese, come evidenziato dall’ ultima Lending Survey della BCE (Fig.3)). Sulla spesa per consumi delle famiglie, che trova riscontro nell’indebolimento della fiducia delle famiglie, ha pesato in parte anche dell’esaurimento degli acquisti di rimpiazzo di alcuni beni durevoli come le automobili, che hanno in atto un rallentamento ormai da alcuni mesi.Guardando ai dati congiunturali disponibili per il primo mese del 2019, si trova qualche segnale che sia stato raggiunto un punto di minimo: l’indice PMI, che misura la fiducia dei responsabili degli acquisti, è tornato a salire nel mese di dicembre (Fig.2), continuando poi a gennaio. Tuttavia tali indicatori non suggeriscono ancora un miglioramento significativo per T1, per cui sarebbe necessaria un’accelerazione trimestrale molto forte a partire da T2 per raggiungere l’1% di crescita previsto dalla legge di bilancio, approvata il 30 dicembre 2018. Infatti, nella versione definitiva, per prevenire la procedura di infrazione per deficit eccessivo da parte della Commissione Europea (CE), il Governo Italiano ha rivisto al ribasso le previsioni di crescita del 2019, giungendo ad uno scenario definito plausibile dalla CE (Fig.4): è stata ridotto sia il peggioramento strutturale da 0,8% a 0% sia la dimensione espansiva della legge finanziaria a 0,6% del PIL. La CE ha comunque definito il compromesso come «non ideale», assicurando che continuerà a monitorare gli sviluppi fiscali e l’implementazione della legge fiscale 2019 italiana. L’evidenza di una crescita più debole potrebbe rendere più difficile negoziare ulteriori margini di manovra fiscale con la CE prima del bilancio 2020, tornando a pesare sule condizioni finanziarie del paese.

 

 

 

 

SETTIMANA TRASCORSA

EUROPA: economia europea in crescita dello 0,2% t/t in T4 2018, come in T3

In linea con le attese, la crescita economia dell’Area Euro in T4, che si attesta a +0,2% t/t come in T3, chiude il 2018 in rallentamento a 1,8% da 2,5% del 2017. Sebbene non sia ancora disponibile lo spaccato per componenti, i dati congiunturali più recenti suggeriscono un contributo negativo dell’attività industriale a fronte di una dinamica positiva del commercio internazionale. Relativamente ai dati congiunturali, del primo mese del 2019, l’indice ESI relativo all’intera Area ha segnato a gennaio un ulteriore calo, confermando che l’economia ha iniziato il 2019 in rallentamento, scendendo a 106.2 (valore precedente 107,4). A livello nazionale, l’ESI è tornato a salire in Francia, pur rimanendo sotto il livello di novembre, probabilmente per effetto delle minori proteste da parte dei “gilets jaunes“, mentre è sceso in Germania, Spagna e Italia. Inoltre, il calo è stato particolarmente accentuato nei Paesi Bassi, in gran parte a causa del calo della fiducia dei consumatori e dei servizi, probabilmente dovuto all’aumento dell’IVA di gennaio. L’ESI per l’Irlanda è crollato, riflettendo l’incertezza della Brexit. A gennaio l’inflazione core dell’intera Area è tornata a salire (1.1% a/a, valore precedente e consenso 1.0% a/a), superando le attese di consenso, mentre l’inflazione headline ha continuato a rallentare (1.4% a/a, consenso 1.4% a/a, valore precedente 1.6%a/a) per effetto della componente energetica più debole. Il contributo di questa componente è destinato a ridursi ulteriormente verso la metà dell’anno, diventando infine negativo nella seconda metà. Tuttavia, le pressioni salariali dovrebbero continuare ad aumentare in modo graduale, come indicato dall’aumento delle retribuzioni per numero di dipendenti e del costo del lavoro per unità di prodotto, sostenendo ulteriormente l’inflazione core. L’indice IFO delle aspettative sull’export del settore manifatturiero è sceso a 5,9 dall’8,7 e si è più che dimezzato rispetto al livello di un anno fa (19,9). L’istituto IFO ha messo in evidenza un marcato peggioramento delle prospettive, con il settore chimico, l’ingegneria elettrica e meccanica che proiettano una crescita minima.

USA: l’ISM manifatturiero rimbalza dopo la stima debole di dicembre

La fiducia dei consumatori rilevata dal Conference Board a gennaio ha sorpreso verso il basso, scendendo a 120,2 (minimo da luglio 2017) da 126,6 di dicembre (rivisto da 128,1). Guardando alla scomposizione per componenti, la situazione corrente è peggiorata solo marginalmente (a 169,6 da 169,9), ancora ben al di sopra dei livelli della prima metà del 2018. Le aspettative, invece, sono crollate a 87,3 da 97,7 (minimo da ottobre 2016). La valutazione del mercato del lavoro resta molto positiva, con un miglioramento del differenziale tra  jobs plentiful e job hard to get a 33,7 da 33,3 di dicembre, che indica un probabile proseguimento del trend negativo del tasso di disoccupazione. La flessione della fiducia è in parte collegata allo shutdown e alla volatilità dei mercati: il peggioramento delle prospettive a sei mesi, accentuatosi a gennaio, è in atto ormai dall’autunno. Una correzione della fiducia nel 2019 era prevedibile, con la riduzione degli effetti espansivi della riforma tributaria del 2018. Le richieste di sussidi di disoccupazione sono saliti di 53 milioni a 253 milioni, registrando la variazione settimanale più elevata da settembre 2017, in occasione dell’uragano Harvey. L’aumento potrebbe essere legato allo shutdown. Il report sul mercato del lavoro relativo al mese di gennaio indica che i libri paga non agricoli hanno registrato un aumento di 304K (consenso 169K, valore precedente di dicembre pari a 222K, rivisto al ribasso da 312K, e 196Kdi novembre, rivisto verso l’alto dal precedente176K), segnando cosi 100 mesi consecutivi di miglioramento del mercato del lavoro. Il comunicato non ha rilevato impatti visibili derivanti dallo shutdown. Il tasso di disoccupazione si è attestato a 4,0% (consenso 3,9%), dato che la partecipazione alla forza lavoro è aumentata fino al 63,2% dal 63,1% di dicembre. I salari orari sono aumentati di 0,1% m/m, al disotto del consenso pari 0,3% e del valore precedente di 0,4% a dicembre. L’indice ISM manifatturiero relativo al mese di gennaio è tornato a salire attestandosi a 56.6 (consenso 54,2, valore precedente 54,1) sostenuto dalla ripresa della componente dei nuovi ordini, balzata a 58.2 dal precedente 51,3 di dicembre. Anche la componente relativa alla produzione è migliorata a 60.5 dal 54.1, mentre l’occupazione è scesa a 55.5, il valore più basso da aprile 2018. La componente relativa ai pagati si è contratta per la prima volta da febbraio 2016, attestandosi a 49.6. Allo stesso tempo, il PMI manifatturiero  di gennaio calcolato da Markit è salito a 54,9, migliore del dicembre precedente pari a 53,8.

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