La significatività nel lavoro di revisione legale
di Andrea SopraniLa significatività rappresenta un aspetto fondamentale del processo di revisione. Il concetto di significatività (anche materialità nel linguaggio tecnico) vuole indicare che, per gli utilizzatori del bilancio, alcuni aspetti, siano essi considerati singolarmente o in forma aggregata tra loro, rappresentano fattori importanti per decidere se e come relazionarsi con l’impresa che lo ha redatto come, ad esempio, decidere se avere dei rapporti economici con essa, o giudicare se investire nella stessa, o anche considerare se finanziare la sua attività. Si capisce quindi che il revisore deve avere informazioni sugli attuali o potenziali utilizzatori del bilancio e usare il suo giudizio professionale per individuare quali fenomeni (qualitativamente) possono influenzare le loro decisioni e, anche, quale sia la soglia quantitativa di errore che li indurrebbe a cambiare il loro atteggiamento nei confronti dell’impresa. La premessa sulla complessità dei ragionamenti sottesi alla determinazione della significatività era doverosa poiché spesso, nella pratica professionale, il calcolo della significatività viene ridotto ad una semplice applicazione di percentuali a valori di bilancio.
La significatività, essendo prima di tutto espressione di aspetti qualitativi rilevanti per gli utilizzatori del bilancio, non deve mai essere intesa, dal punto di vista quantitativo, come un valore assoluto. Si tratta piuttosto di un’area che comprende l’intervallo tra i fenomeni che non sono significativi e quelli che, invece, lo sono sicuramente. Va inoltre ricordato che il lavoro di revisione non è un insieme di attività sequenziali e che, quindi, anche l’aspetto della significatività andrà determinato preliminarmente in sede di definizione della strategia generale di revisione e del relativo programma di dettaglio delle verifiche, ma andrà riesaminato nel corso del lavoro sulla base delle risultanze che le verifiche stesse faranno emergere. Tuttavia la determinazione della significatività, seppur preliminare, deve avvenire nella fase di pianificazione del lavoro, in quanto la sua quantificazione influenzerà sia l’approccio al rischio che il revisore determinerà per l’incarico, sia la natura e ampiezza delle verifiche.
Veniamo ora agli aspetti operativi.
Sia nella definizione teorica, che nella applicazione pratica, la significatività viene determinata a più livelli che normalmente coincidono con:
- significatività complessiva;
- significatività operativa;
- significatività per la rendicontazione degli aggiustamenti riscontrati nelle verifiche.
Relativamente alla significatività complessiva, ossia a quella che viene determinata con riferimento al bilancio nel suo complesso, l’ISA Italia 320 non fornisce delle indicazioni pratiche quantitative poiché, come detto, secondo i principi professionali, il calcolo della significatività implica l’esercizio del giudizio professionale. Tuttavia il principio di revisione sottolinea che, spesso, nella best practice dei revisori, il punto di partenza per la sua quantificazione si basa su percentuali applicate a determinati valori di bilancio. Infatti, nella prassi professionale sia nazionale che internazionale, si sono ragionevolmente consolidati i seguenti parametri di massima per la determinazione della significatività complessiva di bilancio:
Valore di riferimento |
Prassi nazionale |
Prassi internazionale |
||
|
% min |
% max |
% min |
% max |
Ricavi |
0,5 |
1 |
1 |
3 |
Risultato operativo |
n/d |
n/d |
3 |
7 |
Utile ante imposte |
5 |
10 |
n/d |
n/d |
Totale attivo |
0,5 |
1 |
1 |
3 |
Patrimonio netto |
1 |
5 |
3 |
5 |
Si noti innanzitutto che alcuni dati che vengono utilizzati normalmente nella prassi italiana (es: utile ante imposte) non vengono invece considerati in quella internazionale e viceversa, come pure il range di percentuali appare variabile a parità di voce di bilancio (es: il valore massimo di % sui ricavi nella prassi nazionale è invece il valore minimo nella prassi internazionale). Questo ad ulteriore conferma di quanto detto sopra, relativamente alla necessità di utilizzare il giudizio professionale sulla singola società più che affidarsi asetticamente a parametri numerici.
Altra domanda lecita potrebbe essere, quale di questi parametri va scelto nelle singole fattispecie?
In linea di massima l’applicazione pratica tende a privilegiare parametri basati sul risultato per le aziende orientate al profitto e quelli basati sui ricavi e/o sull’attivo per quelle non orientate al profitto, mentre il valore del patrimonio netto viene utilizzato in entrambe le situazioni. Tuttavia, sempre nella pratica, si assiste anche all’applicazione, ad esempio, di percentuali basate sui ricavi e/o sull’attivo, anche quando l’azienda orientata al profitto versa in stato di crisi e quindi chiude il bilancio con risultati negativi o quando la remunerazione dell’amministratore/padrone e socio sia tale da rendere il risultato di bilancio un sostanziale pareggio. Al di là del fondamento teorico, non è inoltre raro assistere all’applicazione di più percentuali, su più di un valore di bilancio, con la scelta di un valore medio sui risultati ottenuti (processo quantomeno discutibile, in quanto, come detto, la determinazione della significatività è un giudizio professionale e non un calcolo matematico). Tuttavia, qualunque sia il metodo scelto, anche quindi una decisione del revisore di un ammontare senza l’applicazione di nessuna percentuale, l’aspetto più importante della scelta è quello di rendere esplicita la motivazione che ha condotto alla scelta di tale valore di significatività che, come ogni altro documento redatto del revisore, dovrà essere conservato nelle carte di lavoro e darà conto del processo logico che il revisore ha compiuto per cercare di determinare la soglia quantitativa che potrebbe influenzare, come detto, le decisione del terzo fruitore del bilancio.
Determinata la materialità complessiva sarà inoltre necessario calcolare quella operativa. Qual è la finalità di questo ulteriore ammontare? Risiede nella necessità di considerare che gli errori in bilancio possono sì derivare da un singolo fenomeno che ha un importo superiore alla materialità complessiva, ma anche da una serie di errori che, singolarmente considerati, sono di ammontare inferiore alla significatività fissata per l’intero bilancio, ma, visti nel loro insieme, la superano e pertanto possono condurre lo stesso ad una rappresentazione non veritiera del bilancio oggetto di esame. Per questo il revisore avrà cura di determinare la significatività operativa ad un livello più basso di quella complessiva, in modo da ridurre la probabilità che l’insieme degli errori su singoli fenomeni di ammontare inferiore alla significatività, superi la significatività complessiva fissata per il bilancio e faccia pertanto incorrere il revisore nel rischio di emettere un giudizio sul bilancio non adeguato.
Nella prassi professionale la significatività operativa viene di solito fissata ad una soglia che va dal 60% all’85% della materialità complessiva, ovviamente basandosi, per la scelta di dove collocarsi all’interno del range, sulla esperienza che il revisore ha maturato su questo o su altri incarichi similari. Anche di questa decisione va lasciata traccia delle motivazioni della scelta nelle carte di lavoro. Da ultimo vi è anche la soglia per giudicare se un errore sia di ammontare trascurabile e quindi non richieda nemmeno la sua evidenziazione nella tabella che il revisore utilizza per rendicontare gli aggiustamenti riscontrati nel lavoro (nella prassi professionale si usano acronimi di origine anglosassone come SUD – summary of unadjusted differences, SUM – summary of unajusted mistakes – score sheet etc) e che utilizza per discutere con la società le rettifiche riscontrate con il fine di procedere all’aggiustamento del bilancio o alla ricezione delle motivazioni che non conducono al suo aggiustamento. Si tratta quindi di importi che, a giudizio del revisore, neanche cumulati, avranno mai un effetto significativo sul bilancio e dei quali non si tiene memoria nelle carte conclusive della attività di revisione, in quanto non influenti ai fini dell’espressione del giudizio. Sempre nella prassi, tale soglia viene normalmente fissata su valori che vanno dal 5% al 15% della materialità operativa.
Resta da indicare quale sia la correlazione tra significatività e contenuto della relazione del revisore.
Ipotizziamo quindi che il revisore abbia individuato un errore che eccede la significatività o una serie di errori che, considerati congiuntamente, superino la materialità. Innanzitutto va ricordato che il revisore ha l’obbligo di discutere le differenze riscontrate con la direzione aziendale, con la finalità di far apportare degli aggiustamenti al bilancio e/o di recepire le motivazioni che inducono la direzione a non modificare il bilancio. Se la società accetta i rilievi, ovviamente il revisore non avrà nessun problema ad emettere un giudizio positivo sul bilancio. In caso di mancata accettazione, se il rilievo, o i rilievi, superano la materialità, il revisore dovrà emettere un giudizio con un rilievo (o più rilievi), sempreché l’ammontare delle differenze riscontrate non siano così significative da minare l’attendibilità complessiva del bilancio poiché, in questo caso, egli dovrà emettere un giudizio negativo.