La tassazione ai fini CFC per la stabile organizzazione
di Marco BargagliProsegue l’analisi delle principali questioni affrontate, in chiave interpretativa, dalla circolare 18/E/2021.
Questa volta analizziamo, sotto il profilo soggettivo, l’ambito applicativo della norma in rassegna ponendo un focus sui soggetti esteri controllati.
Come noto, la CFC legislation si rende applicabile:
- alle persone fisiche, alle società semplici, alle società in nome collettivo e in accomandita semplice, alle associazioni, alle società di armamento e alle società di fatto residenti in Italia;
- ai soggetti residenti in Italia indicati nell’articolo 73, comma 1, lettere a), b) e c), Tuir, nonché, relativamente alle loro stabili organizzazioni italiane, ai soggetti di cui all’articolo 73, comma 1, lettera d) Tuir, che controllano soggetti non residenti.
Per espressa disposizione normativa (articolo 167, comma 2, Tuir) si considerano soggetti controllati non residenti le imprese, le società e gli enti non residenti nel territorio dello Stato, per i quali si verifica almeno una delle seguenti condizioni:
- sono controllati direttamente o indirettamente, anche tramite società fiduciaria o interposta persona, ai sensi dell’articolo 2359 cod. civ., da parte di un soggetto residente in Italia;
- oltre il 50% della partecipazione ai loro utili è detenuto, direttamente o indirettamente, mediante una o più società controllate ai sensi dell’articolo 2359 cod. civ. o tramite società fiduciaria o interposta persona, da un soggetto residente in Italia.
Come chiarito dalla citata circolare 18/E/2021, l’ambito soggettivo della disciplina in rassegna viene individuato facendo riferimento a un concetto ampio che ricomprende anche le forme giuridiche estere che non possono essere qualificate come società o imprese, vale a dire gli enti di ogni tipo, tra i quali figurano gli organismi di investimento collettivo del risparmio (“Oicr”), le fondazioni e i trust.
In buona sostanza, l’obiettivo perseguito dal legislatore è quello di evitare “aggiramenti artificiosi” della normativa, basati sull’adozione di particolari forme societarie o legali della partecipata estera.
In particolare:
- gli Oicr non istituiti in Italia, fiscalmente non residenti sul territorio dello Stato ai sensi dell’articolo 73, comma 3, Tuir, rientrano tra i soggetti potenzialmente controllati nei cui confronti può applicarsi la disciplina CFC;
- avuto riguardo all’istituto del trust, la circolare AdE 35/E/2016 ha chiarito che la generica locuzione utilizzata dal legislatore “le imprese, le società e gli enti non residenti nel territorio dello Stato” è idonea ad includere anche i trust esteri nella normativa CFC.
Ciò posto, giova ricordare che si considerano soggetti controllati non residenti:
- le stabili organizzazioni all’estero dei soggetti controllati non residenti (articolo 167, comma 3, lett. a, Tuir);
- le stabili organizzazioni all’estero di soggetti residenti che abbiano optato per il regime di esenzione degli utili e delle perdite – c.d. regime di branch exemption (articolo 167, comma 3, lett. b, Tuir);
Con riferimento all’ipotesi sub 1, la circolare 18/E/2021 conferma l’impostazione della normativa previgente che, come noto, estendeva la tassazione per trasparenza alle stabili organizzazioni estere a prescindere dalla circostanza che la casa madre si qualificasse o meno come CFC.
Tenuto conto che la previsione non richiede la sussistenza dei requisiti di cui al comma 4 dell’articolo 167 Tuir in capo al soggetto estero controllato (passive income test e tax rate test), la stabile organizzazione estera si può qualificare autonomamente come CFC, anche se il soggetto estero controllato non rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 167 Tuir.
Tuttavia, affinché la stabile organizzazione estera possa qualificarsi autonomamente come CFC, è necessario che nello Stato di residenza della casa madre (ossia il soggetto estero controllato), abbia trovato applicazione il regime di esenzione sugli utili della stabile organizzazione previsto per norma interna del predetto Stato o in base ad una disposizione convenzionale.
Con riguardo, invece, all’ipotesi sub 2, la circolare 18/E/2021 chiarisce che la previsione contenuta nell’articolo 167, comma 3, lett. b) Tuir è coerente con le disposizioni della Direttiva Atad (Considerando n. 12) nel punto in cui suggerisce di estendere l’applicazione della disciplina CFC “agli utili di stabili organizzazioni laddove tali utili non siano soggetti ad imposta o siano esenti da imposta nello Stato membro del contribuente. Non vi è tuttavia la necessità di assoggettare a imposizione, ai sensi delle norme sulle società controllate estere, gli utili di stabili organizzazioni cui è negata l’esenzione da imposta ai sensi delle norme nazionali in quanto tali stabili organizzazioni sono trattate come se fossero società controllate estere”.
Invero, come illustrato nel citato documento di prassi, la disposizione contenuta nella citata lettera b) non ha una portata innovativa per l’ordinamento italiano, “in quanto riconduce nell’articolo 167 del Tuir, garantendo una trattazione organica della materia, l’estensione della disciplina CFC alle stabili organizzazioni in regime di branch exemption già operata dall’articolo 168-ter del Tuir”.
Coerentemente, è stato così anche modificato il citato articolo 168-ter, subordinando l’operatività del regime di esenzione per la branch che integri i presupposti della disciplina CFC alla ricorrenza dell’esimente di cui al comma 5 dell’articolo 167 del Tuir (ossia lo svolgimento, da parte della CFC di un’attività economica effettiva, mediante l’impiego di personale, attrezzature, attivi e locali).