La tassazione dei beneficiari del trust estero
di Ennio VialLa bozza di circolare diramata lo scorso 11 agosto destinata alla pubblica discussione tra gli operatori affronta tre macro temi relativi al mondo del trust:
- la fiscalità diretta del trust alla luce dell’articolo 13 D.L. 124/2019;
- la fiscalità indiretta del trust alla luce del consolidato orientamento della Cassazione in tema di imposta di donazione ed imposte ipotecarie e catastali;
- il monitoraggio fiscale in ipotesi di trust.
Abbiamo già svolto alcune considerazioni in tema di monitoraggio fiscale con il precedente contributo.
In questa sede ci focalizziamo sulla tassazione dei beneficiari di trust esteri opachi. Non esaminiamo la questione del trust trasparente in quanto statisticamente poco rilevante a livello professionale.
L’intervento dell’Ufficio, aperto alla pubblica discussione degli operatori, era atteso in quanto, vista la “poco brillante” previsione normativa che apre il varco a una miriade di possibili interpretazioni, si rende necessaria una sorta di “patto” tra gli operatori in modo da tratteggiare una disciplina positiva.
Segnaliamo da subito i chiarimenti ben accetti, in quanto tutto sommato attesi dagli operatori alla luce della previsione normativa, oppure coerenti con la attesa.
Il primo attiene alla non tassabilità, in capo ai beneficiari italiani, dei redditi del trust che sono già stati assoggettati a tassazione in Italia.
Si precisa, infatti, che “qualora il reddito imputato ai beneficiari residenti sia stato prodotto dal trust in Italia ed ivi già tassato ai sensi dell’articolo 73 del Tuir, lo stesso non sconterà ulteriore imposizione in capo ai beneficiari”.
Tale indicazione appare di interesse per vari aspetti.
Innanzitutto, viene confermato che il beneficiario di un trust opaco residente non potrà essere tassato sulle attribuzioni dei frutti a prescindere dal fatto che il reddito sia prodotto in Italia o all’estero. Ciò in base al fatto che il trust risulta essere tassato su base mondiale.
Il secondo aspetto di interesse è rappresentato dal fatto che anche il trust paradisiaco non comporterà tassazione in capo ai beneficiari sui redditi tassati in Italia. Il chiarimento appare di assoluto buon senso ma non era una conclusione scontata atteso che la lettera g sexies) dell’articolo 44 Tuir prevede una tassazione generalizzata in capo al beneficiario, senza distinguere tra redditi prodotti in Italia e redditi prodotti all’estero.
Si pensi al caso di un trust paradisiaco i cui unici redditi derivano da affitti di immobili in Italia, regolarmente dichiarati nel quadro RB e assoggettati a tassazione Ires del 24%.
Può essere che nel Paese di residenza del trust lo stesso sia soggetto ad una aliquota nominale che lo rende paradisiaco.
Una possibile soluzione poteva essere quella di consentire al contribuente di dimostrare l’esimente di cui all’articolo 47 bis, comma 2, lett. b), ma la bozza nega tale possibilità.
Ciò in quanto, come correttamente evidenziato dall’Ufficio, le esimenti del comma 2 sono solo menzionate dal legislatore dell’articolo 47 bis senza precisare a cosa servono.
Sono altre le norme (ad esempio l’articolo 68 o l’articolo 89) che ne regolamentano l’utilizzo.
La lettera g sexies) dell’articolo 44 Tuir, invece, nulle prevede al riguardo.
Un altro problema che attanagliava gli operatori riguardava il criterio da utilizzare per giudicare il trust paradisiaco o meno: si deve aver riguardo alla tassazione effettiva o a quella nominale?
La tassazione effettiva si applica in caso di controllo, mentre quella nominale in assenza di controllo.
Il concetto di controllo utilizzato è quello dell’articolo 167 Tuir, ossia la somma delle previsioni dell’articolo 2359 cod. civ. e la partecipazione alla maggioranza degli utili.
Già la bozza di circolare sulla disciplina CFC aveva correttamente evidenziato che al trust non può trovare applicazione il criterio del controllo ex articolo 2359 cod. civ..
Non restava che valutare il controllo inteso come partecipazione agli utili che è comunque previsto dall’articolo 47 bis.
La bozza abbandona anche questa strada e si orienta sulla tassazione nominale prevista in caso di assenza di controllo. Si deve quindi valutare il livello della tassazione nominale.
L’ulteriore dubbio poteva a questo punto riguardare le imposte di riferimento: Ires + Irap o solo Ires? Nell’interesse del contribuente l’Agenzia precisa che si deve considerare solo l’Ires. La soglia di riferimento sarà quindi il 12%.