La tassazione del TFR transnazionale
di Nicola Fasano
Nell’ambito della mobilità internazionale dei lavoratori un problema che spesso ci si trova ad affrontare è quello relativo alla individuazione dei criteri e modalità di tassazione del trattamento di fine rapporto. Ciò in quanto è molto frequente il caso in cui il dipendente espatriato, nell’arco sella sua carriera lavorativa, abbia lavorato in parte in Italia e in parte all’estero, così come, altra variabile non secondaria, potrebbe essere fiscalmente residente in Italia o meno al momento della percezione del TFR.
Il primo aspetto da chiarire è quello per cui, anche in base a quanto chiarito dall’amministrazione finanziaria, sembra oramai assodato che il TFR debba essere inquadrato nell’ambito del reddito di lavoro dipendente (seppur a erogazione “differita”) e dunque, in ambito internazionale, rientra nell’ambito applicativo dell’art. 15 del Modello Ocse che disciplina il reddito di lavoro dipendente, particolarmente rilevante in quanto derogatorio della disciplina interna.
L’art. 23, c. 2, lett. a), Tuir prevede, infatti, la tassazione in Italia del TFR erogato da un sostituto italiano, anche se corrisposto ad un soggetto fiscalmente non residente in Italia.
L’Agenzia delle entrate con la risoluzione 341/E/2008, tuttavia, ha affrontato il caso della percezione di un TFR erogato da società italiana a un lavoratore fiscalmente residente in Germania, chiarendo che in Italia doveva essere tassata la sola quota parte di TFR attinente all’attività ivi svolta, in applicazione di quelle che sono le disposizioni presenti nella Convenzione contro le doppie imposizioni in materia di lavoro dipendente che, per quanto di interesse in questa sede, prevedono la tassazione del lavoro dipendente (anche) nello Stato in cui l’attività lavorativa è svolta.
E’ appena il caso di osservare che, in assenza di Convenzione contro le doppie imposizioni, il TFR erogato da un soggetto italiano sarebbe tassato in Italia per intero.
In ogni caso la modalità di tassazione resta quella della tassazione separata sancita dall’art. 17, Tuir.
Sulla stessa scia si pone anche la risoluzione n. 61/E/2013, che riguarda il caso di una società italiana tenuta a erogare le competenze di fine rapporto (TFR e indennità di preavviso) all’erede del lavoratore deceduto. Sia l’erede, che il de cuius al momento del decesso, erano fiscalmente residenti nel Regno Unito.
L’amministrazione finanziaria, in tale sede, ha confermato il precedente orientamento, basato sulla tassazione pro rata temporis degli importi corrisposti all’erede, da considerarsi in ogni caso, sotto il profilo fiscale, quali redditi di lavoro dipendente e come tali rientranti nella disciplina di cui all’art. 23, Tuir e dell’art. 15 della Convenzione contro le doppie imposizioni stipulate da Italia e Regno Unito.
Qualche dubbio resta nel caso in cui il dipendente della società italiana, pur avendo svolto (totalmente o in parte) la sua attività lavorativa all’estero, risieda fiscalmente in Italia all’atto della percezione del TFR. In questo caso, probabilmente, la prudenza suggerisce di assoggettare a tassazione l’intero ammontare del TFR corrisposto, fermo restando il riconoscimento del credito di imposta per le imposte eventualmente pagate all’estero su tali emolumenti. Questa soluzione, peraltro, è stata proposta dall’Agenzia delle entrate, seppur con riferimento alla fattispecie di azioni assegnate dopo un periodo di “vesting” (che, in linea di principio, presentano profili similari al TFR, trattandosi pur sempre di componenti di reddito di lavoro dipendente “differite”) con la risoluzione 92/E/2009. Sul punto, tuttavia, va segnalata la sentenza della CTR Lombardia n. 52/36/13 del 9 aprile 2013 che, ha concluso per l’esclusione da tassazione del TFR relativo al periodo di lavoro svolto all’estero da parte di un lavoratore distaccato nel Regno Unito e iscritto in quel periodo all’AIRE, riconoscendogli pertanto il diritto al rimborso delle ritenute subite in eccesso.
Da ultimo si deve precisare che, secondo l’amministrazione finanziaria, il TFR non è ricompreso nell’ambito delle c.d. “retribuzioni convenzionali” di cui all’art. 51, comma 8-bis, Tuir e dunque l’effetto “onnicomprensivo” di tali retribuzioni (peraltro applicabili a condizione che il dipendente resti fiscalmente residente in Italia durante il periodo di lavoro svolto all’estero) comunque non opererebbe rispetto al TFR.