La temporaneità della vita associativa
di Guido MartinelliLa lettera c) del comma otto dell’articolo 148 del Tuir stabilisce che gli enti su base associativa che vogliano applicare la defiscalizzazione sui corrispettivi specifici versati dagli associati a fronte di servizi resi debbano conformarsi al principio, da inserire nell’atto costitutivo o nello statuto, della “disciplina uniforme del rapporto associativo e delle modalità associative volte a garantire l’effettività del rapporto medesimo escludendo espressamente la temporaneità della partecipazione alla vita associativa”.
Vediamo questo cosa significa in concreto. Esaurito l’iter di ammissione come associato (ossia accettata con le modalità previste dallo statuto la domanda di ammissione), il vincolo così instaurato deve intendersi assunto a tempo indeterminato. Solo così operando l’associazione assume a pieno titolo il diritto di godere delle agevolazioni fiscali previste dal combinato disposto di cui all’articolo 148 Tuir e 4 D.P.R. 633/1972. Questo verrà meno, nel tempo, solo in caso di recesso dell’associato o di esclusione da parte della associazione di cui fa parte. I casi in cui scatta l’una o l’altra di dette ipotesi devono essere stabiliti nello statuto.
La principale causa di esclusione appare essere quella legata al mancato pagamento della quota associativa. Detta morosità comporta, di solito, il decadere del vincolo associativo. Questo significa, quindi, che fino alla data prevista per il pagamento della quota, tutti gli associati dell’anno precedente risultano ancora formalmente tali e, pertanto, ad esempio, dovranno essere convocati ad eventuali assemblee che fossero nel frattempo effettuate.
Questo principio, ormai pacifico, viene messo in discussione, in sede di verifica da parte della Agenzia delle entrate, nel caso in cui lo statuto dell’ente accertato preveda l’esistenza di diverse categorie di associati.
Nessuno nega la possibilità che siano previste diverse tipologie di associato purché, acquisito lo status, ossia diventato tale pur seguendo i diversi percorsi statutariamente previsti, ognuno goda dei medesimi diritti.
Entriamo, ad esempio, nel merito di una distinzione che è presente nella maggior parte degli statuti, quello tra “giovani” (non necessariamente solo minorenni) e “seniores”. Spesso l’unica differenza è data da una diversità, in alcuni casi anche cospicua, dell’importo della quota associativa.
Il socio “giovane” solo per età, potrebbe essere ritenuto un socio temporaneo, visto che il diritto a passare alla categoria dei senior gli imporrebbe il pagamento di una quota per lui eventualmente troppo esosa? La risposta, positiva, data dall’Agenzia in alcuni accertamenti, deve essere respinta senza tentennamenti.
Il problema, sollevato in alcuni accertamenti, è quello di ritenere che, nel caso in cui il passaggio da una categoria sociale ad un’altra non possa avvenire in termini di automaticità e/o di continuatività, si decada, come associazione, dalla possibilità di godere delle agevolazioni previste dal terzo comma dell’articolo 148 in esame.
Il concetto di temporaneità del rapporto associativo non può che essere studiato all’unisono con un ulteriore concetto proprio dell’ordinamento civilistico – quello cioè dell’affectio societatis – a mente del quale da un canto l’ordinamento contempla la volontà dell’aspirante socio di acquisire il relativo status e, dall’altro, quella dell’associazione di divenire parte del contratto in questione.
In questo, pertanto, si concreta il sinallagma del negozio contrattuale a schema c.d. aperto – quale è quello proprio dell’associazione – in cui un socio può dirsi tale, a prescindere dal fatto che egli contragga un vincolo a tempo determinato o meno, solo e soltanto nel caso in cui entrambe le parti del negozio scambino, in termini giustappunto sinallagmatici, il rispettivo consenso al contratto, da ciò scaturendo per ciascuna delle parti diritti e doveri reciproci.
È evidente, allora, alla luce di tali iniziali considerazioni, come il c.d. socio temporaneo – di cui all’articolo 148, comma 8 lettera c), del Tuir – richiami una figura di associato del tutto distinta da quella del vincolo associativo contratto a tempo determinato, essendo evidente che la distinzione fra l’una tipologia di rapporto e l’altra consista proprio nell’assoluta carenza di affectio societatis in caso di temporaneità del vincolo (primo caso), e, per contro, di sua totale sussistenza nel secondo.
Ben si comprende come la posizione giuridica soggettiva del socio a tempo determinato, sia distinta da quella del socio c.d. temporaneo, il quale versa all’ente una somma di denaro al fine di fruire di un servizio sociale disinteressandosi in realtà dell’associazione, che a sua volta considera in termini elusivi il quantum versato senza che nessuna delle parti del negozio, in realtà, abbia interesse, da un lato, ad azionare i diritti che dalla conclusione di esso derivano e, dall’altro, nemmeno a riconoscerli.
Per contro, nel caso in analisi, il contratto di associazione a tempo determinato si è realmente e sostanzialmente perfezionato fra le parti, essendo evidente che tutti i soci indipendentemente dalla categoria di appartenenza godono appieno dei medesimi diritti sociali ed amministrativi.