8 Novembre 2024

La “transazione fiscale” nella composizione negoziata della crisi di impresa

di Fabio Giommoni
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Con il D.Lgs. 136 /2024, c.d. “correttivo ter” al Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza (C.C.I.I.) di cui al D.Lgs. 14/2019, è stata introdotta la possibilità di presentare, anche in sede di composizione negoziata della crisi di impresa, una proposta di accordo transattivo per i debiti tributari (“transazione fiscale”), che ne preveda il pagamento parziale o dilazionato, non solo degli interessi e sanzioni, ma anche dell’imposta dovuta.

In precedenza, tale possibilità era preclusa, salvo concludere, a margine della composizione negoziata stessa, un accordo di ristrutturazione dei debiti o un concordato preventivo.

Le novità si applicano a partire dalle procedure avviate con istanza di nomina dell’esperto presentata alla Camera di commercio dal 28.9.2024 (data di entrata in vigore del decreto correttivo).

La nuova norma (comma 2-bis, articolo 23, C.C.I.I.) pone tuttavia una serie di condizioni, prima fra tutte quella di poter transare tutti i tributi gestiti dalle agenzie fiscali (Entrate, Dogane e Riscossione) ad eccezione dei tributi costituenti risorse proprie dell’Unione europea. Al riguardo, autorevole dottrina (G. Andreani) ha sostenuto che anche l’Iva può essere oggetto di falcidia in quanto, alla luce della normativa comunitaria, al limite può essere considerata risorsa UE solo per lo 0,30% del suo ammontare.

Inoltre, alla proposta di “transazione fiscale” devono essere allegate le seguenti due relazioni:

  1. relazione predisposta da un professionista indipendente (ex articolo 2, lett. o), C.C.I.I.) che attesti la convenienza dell’accordo per l’Erario rispetto all’alternativa della liquidazione giudiziale dell’impresa;
  2. relazione sulla completezza e veridicità dei dati aziendali redatta dal soggetto incaricato della revisione legale, se esistente, o da un revisore legale iscritto nell’apposito registro a tal fine designato.

Dunque, se la società ha un organo di controllo incaricato della revisione del bilancio (revisore, collegio sindacale, sindaco unico) è tale soggetto che deve redigere la relazione sulla veridicità dei dati aziendali, mentre in mancanza di tale figura si dovrà nominare un revisore “esterno”.

In assenza di specifiche preclusioni normative circa il cumulo dei due incarichi, si deve ritenere che, in tale ultimo caso, lo stesso “professionista indipendente” incaricato della relazione sulla convenienza della proposta possa redigere anche la relazione sulla veridicità dei dati, in quanto ai sensi dell’articolo 2, lett. o), C.C.I.I. questi deve essere necessariamente iscritto nel registro dei revisori. Ciò risulterebbe coerente con quanto previsto per l’accordo di ristrutturazione dei debiti e per il concordato preventivo, ove il professionista indipendente è chiamato ad attestare sia la veridicità dei dati aziendali, sia la fattibilità e convenienza della proposta formulata dal debitore. Nella composizione negoziata, l’affidamento della verifica sulla veridicità dei dati al revisore “interno”, anziché al professionista “esterno”, è stato evidentemente previsto per contenere i costi a carico dell’impresa, per cui in assenza di tale figura non vi sono ragioni per non poter affidare la verifica contabile allo stesso “professionista indipendente”, piuttosto che ad altro soggetto (potendo così contenere anche in questo caso i costi complessivi).

Non vale, invece, il contrario, ovvero il revisore del bilancio non può redigere anche la relazione sulla convenienza della proposta, in quanto difetterebbe del requisito dell’indipendenza.

Ai fini del suo perfezionamento, l’accordo transattivo sottoscritto tra debitore e Ufficio territoriale dell’Agenzia delle entrate, su parere della Direzione regionale (e “comunicato” all’Esperto della composizione negoziata), deve essere depositato presso il tribunale competente.

Il Giudice è tenuto verificare la regolarità dell’accordo e della documentazione allegata e ne autorizza l’esecuzione con decreto o, in alternativa, dichiara che l’accordo è privo di effetti.

Non è ben chiaro quale sia l’effettivo ruolo del Giudice, anche se dalla relazione accompagnatoria del decreto correttivo emerge che dovrebbe trattarsi di una verifica essenzialmente formale (e non certo di un vero e proprio procedimento giurisdizionale), la cui funzione dovrebbe essere quella di fornire all’Amministrazione finanziaria una ulteriore tutela. È in ogni caso esclusa la possibilità di cram down fiscale, ovvero che il Giudice possa imporre l’esecuzione dell’accordo in assenza di sottoscrizione da parte dell’Ufficio.

Tuttavia, è facile immaginarsi che l’intervento del Giudice non si sostanzierà in una verifica meramente formale, della regolarità procedurale e della documentazione presentata, in quanto questi entrerà inevitabilmente nel merito della fattibilità dell’accordo con il Fisco, anche in relazione alla compatibilità di questo con il complessivo progetto di risanamento varato nell’ambito della composizione negoziata.

La norma non pone, invece, specifiche incombenze a carico dell’Esperto il quale è, invece, tenuto a sottoscrivere la richiesta di misure premiali fiscali, prevista dall’articolo 25-bis, C.C.I.I. Ma anche in questo caso è facilmente prevedibile che l’Esperto, su richiesta del Giudice, sia chiamato ad esprimere uno specifico parere sulla correttezza e fattibilità dell’accordo con il Fisco, pure in relazione alle prospettive di risanamento aziendale, nonché ad esprimersi in merito all’assenza di pregiudizio dell’accordo per gli altri creditori. Ad esempio, il Tribunale di Livorno, con le “Linee guida per le procedure di composizione negoziata della crisi e per il concordato semplificato”, diffuse ad ottobre 2024, ha già chiarito che il Giudice chiamato a verificare “la regolarità della documentazione allegata e dell’accordo”, potrà richiedere il parere dell’Esperto (cui l’accordo deve essere stato comunicato).

Considerato che i debiti tributari assumo spesso un’entità rilevante nelle imprese in crisi, l’introduzione della possibilità di stralciare i crediti fiscali anche nella composizione negoziata era stata da più parti auspicata, soprattutto per aumentare l’appeal di tale strumento, che non ha al momento riscosso il favore sperato da parte delle imprese in crisi.

Vanno, pertanto, accolte con grande favore le novità previste in tal senso dal decreto correttivo, anche se l’effettivo successo della transazione fiscale nella composizione negoziata dipenderà molto dall’approccio che sarà adottato dall’Amministrazione finanziaria, soprattutto in termini di percentuali di stralcio e dilazioni che potranno essere concesse, considerato che la composizione negoziata non è una procedura concorsuale e che la stessa è riservata alle imprese in crisi o anche in insolvenza (alla luce dello stesso “correttivo ter”), ma che comunque hanno prospettive di risanamento.

In ogni caso, qualora l’Agenzia delle entrate non fosse in grado di concedere un’entità dello stralcio o una durata della dilazione sufficienti per perseguire il risanamento dell’impresa, si potrà sempre, una volta preso atto dell’impossibilità di addivenire alle soluzioni “primarie” della composizione negoziata di cui all’articolo 23, comma 1, C.C.I.I. (contratto con i creditori, convenzione di moratoria, accordo con i creditori), attuare un accordo di ristrutturazione o un concordato preventivo (soluzioni “alternative” concesse dall’articolo 23, comma 2, C.C.I.I.), nell’ambito dei quali presentare una proposta di transazione fiscale che, nei casi e alle condizioni previste dalle disposizioni relative a detti istituti (rispettivamente articolo 63 e articolo 88, C.C.I.I.), possa anche beneficiare dell’omologa forzosa da parte del Tribunale.

Altro elemento che potrà fare la differenza in merito al successo della nuova transazione fiscale nella composizione negoziata sarà rappresentato dall’entità dell’“ingerenza” da parte del Giudice (e dell’Esperto) nell’accennato procedimento autorizzativo dell’esecuzione dell’accordo transattivo con il Fisco.

Il nuovo comma 2-bis dell’articolo 23, C.C.I.I., prevede, infine, che l’accordo transattivo si risolve di diritto in caso di apertura della liquidazione giudiziale o della liquidazione controllata o di accertamento dello stato di insolvenza oppure se l’imprenditore non esegue integralmente, entro 60 giorni dalle scadenze previste, i pagamenti dovuti.

Da ultimo appare opportuno precisare che nell’ambito della composizione negoziata non è stata introdotta la possibilità di falcidiare i debiti previdenziali e assicurativi (mentre tale opportunità è prevista nell’accordo di ristrutturazione e nel concordato preventivo), per cui i debiti verso INPS e INAIL dovranno essere soddisfatti integralmente, eventualmente ricorrendo alle rateizzazioni previste dalla normativa ordinaria.

Né è possibile lo stralcio dei debiti relativi ai tributi locali, per i quali occorrerà attendere l’attuazione della Legge delega per la riforma fiscale (L. 111/2023), il cui articolo 9, comma 1, lett. a), n. 5), prevede l’introduzione, nell’ambito della composizione negoziata, della possibilità di raggiungere un accordo sul pagamento parziale o dilazionato anche dei tributi locali (sempre previo intervento del tribunale).