La tutela cautelare nel processo tributario post riforma
di Luigi FerrajoliCon l’ordinanza n. 217/23/2016, depositata in data 29.02.2016, la CTR di Lecce si è pronunciata in materia di tutela cautelare del contribuente in caso di impugnazione della sentenza di appello con ricorso per cassazione e, facendo applicazione del nuovo art.62-bis del D.Lgs. n.546/92 introdotto con la riforma del processo tributario, ha stabilito che la sospensione dell’esecuzione dell’atto impugnato e dell’esecutività della sentenza, richiesta dal contribuente con istanza presentata al giudice di appello, è subordinata unicamente alla sussistenza del requisito della gravità ed irreparabilità del danno che potrebbe derivare dall’esecuzione non dovendosi porre mente alla fondatezza o meno dell’impugnazione in quanto giudizio riservato alla Suprema Corte.
L’articolo 62-bis è stato introdotto dall’art.9, co.1, lettera aa) del D.Lgs. n.156/15 al fine di disciplinare l’esecuzione provvisoria ed i provvedimenti cautelari relativi alle sentenze impugnate con ricorso per cassazione.
In sostanza la norma consente alla parte ricorrente di richiedere direttamente alla commissione tributaria regionale che ha pronunciato la sentenza impugnata di sospenderne in tutto o in parte l’esecutività “allo scopo di evirare un danno grave ed irreparabile”. Allo stesso modo viene garantita al contribuente la possibilità di richiedere comunque la sospensione dell’esecuzione dell’atto impugnato se da questa possa derivargli un danno grave ed irreparabile, e cioè – come evidenziato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n.217/2010 – “secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale l’irreparabilità del danno di cui all’art. 373 c.p.c. va intesa, quantomeno, nel senso di un intollerabile scarto tra il pregiudizio derivante dall’esecuzione della sentenza nelle more del giudizio di cassazione e le concrete possibilità di risarcimento in caso di accoglimento del ricorso per cassazione”.
La relazione ministeriale al decreto di riforma del processo tributario ha chiarito che la formulazione del nuovo art.62-bis del D.Lgs. n.546/92 è analoga a quella contenuta nell’art.373 c.p.c. che attribuisce rilievo al solo requisito del periculum in mora senza possibilità di valutare il requisito del fumus boni iuris, dal momento che tale ultimo elemento è già stato valutato dallo stesso giudice che ha emesso la sentenza impugnata innanzi alla Suprema Corte di Cassazione di cui si chiede la sospensione. Questa interpretazione – come sottolineato anche dalla circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 38/E del 29.12.2015 esplicativa della riforma del processo tributario – ha natura innovativa rispetto agli orientamenti della giurisprudenza di legittimità. Infatti, la Corte di Cassazione con la sentenza n. 2845/ 2012, nell’ammettere la possibilità di sospensione in via cautelare della sentenza tributaria di appello applicando l’art. 373 c.p.c., ha precisato che “la specialità della materia tributaria e l’esigenza che sia garantito il regolare pagamento delle imposte impone una rigorosa valutazione dei requisiti del fumus boni iuris dell’istanza cautelare e del periculum in mora”.
È opportuno rilevare la differenziazione sul piano della disciplina tra la richiesta di sospensione dell’esecutività della sentenza di primo grado (art.52 D.Lgs. n.546/92) e quella di sospensione della sentenza impugnata per cassazione (art. 62-bis). Nel primo caso, a giustificazione della richiesta, la norma richiede la prova di “gravi e fondati motivi”; nel secondo caso, quella della necessità di evitare “un danno grave ed irreparabile”. Tale differenziazione si pone in perfetto parallelismo con quanto disciplinato nel processo civile dall’art.283 c.p.c. (sulla tutela cautelare in appello) e dall’art.373 c.p.c. (sulla sospensione della sentenza impugnata con ricorso per cassazione). Il legislatore ha, quindi, posto l’accento sulla circostanza che, mentre per le disposizioni che regolano la sospensione dell’esecuzione con riferimento alle impugnazioni diverse dall’appello (come ricorso per cassazione o ricorso per revocazione) il fumus boni iuris non ha in sé rilevanza, in quanto il rimedio della sospensione cautelare non è posto a presidio dell’esecuzione di una sentenza “ingiusta”, nel caso invece dell’appello il pericolo può consistere anche nel semplice pregiudizio da esecuzione di una sentenza ingiusta, riscontrabile in tutti i casi di probabile fondatezza dell’appello.
Sulla base di queste premesse l’ordinanza della CTR di Lecce ha chiarito che la concessione della sospensione dell’esecuzione dell’atto impugnato in presenza di ricorso per cassazione non implica una delibazione della fondatezza dell’impugnazione proposta, in quanto rimessa esclusivamente alla Cassazione, ma solamente una rigorosa valutazione – alla luce delle prove documentali che l’istante ha l’onere di presentare a sostegno della propria richiesta cautelare – dell’esistenza del presupposto del periculum in mora inteso rettamente come pregiudizio di rilevante attuale gravità e concreto pericolo di subire danni irrimediabili o molto difficilmente rimediabili, da valutarsi in relazione alle effettive ed attuali condizioni economiche e finanziarie del contribuente istante.