La validità della cartella di pagamento priva della motivazione
di Luigi FerrajoliLa legittimità della cartella di pagamento notificata al contribuente priva della relativa motivazione costituisce tematica di particolare rilevanza nel contenzioso tributario.
Innanzitutto, è bene distinguere il caso in cui la cartella di pagamento sia preceduta dalla notifica al contribuente da uno specifico atto impositivo oppure la cartella sia il primo ed unico atto con il quale l’Ente impositore abbia esercitato la propria pretesa tributaria.
Nel primo caso, la giurisprudenza ha affermato che la cartella di pagamento emessa a seguito della notifica di un precedente atto impositivo, per la cui motivazione è sufficiente il riferimento all’atto presupposto, “non può essere annullata per vizio di motivazione anche qualora non contenga l’indicazione del contenuto essenziale di detto atto, conosciuto dal contribuente in quanto allo stesso notificato ed, eventualmente, impugnato” (Cass. Civ., n. 28873/2019).
Nel secondo caso, viceversa, la giurisprudenza costante di legittimità ha ritenuto che “la cartella di pagamento che non segua uno specifico atto impositivo già notificato al contribuente, ma costituisca il primo ed unico atto con il quale l’ente impositore esercita la pretesa tributaria, deve essere motivata alla stregua di un atto propriamente impositivo, e contenere, quindi, gli elementi indispensabili per consentire al contribuente di effettuare il necessario controllo sulla correttezza dell’imposizione” (Cass. Civ., n. 11722/2010).
Tali principi sono stati ripresi dalla Corte di Cassazione, SS.UU., con la sentenza n. 22281/2022, la quale, preliminarmente, nel mettere in evidenza la norma di riferimento per ogni provvedimento amministrativo – l’articolo 3 L. 241/1990, e, nello specifico per la materia tributaria, l’articolo 7 L. 212/2000 –, ha sottolineato la necessità che nell’atto tributario vi sia l’indicazione dei “presupposti di fatto” e delle “ragioni giuridiche” che lo giustificano, unitamente all’esigenza di porre il contribuente in condizione di valutare l’opportunità di esperire l’impugnazione giudiziale e, in caso positivo, di contestare efficacemente l’“an” ed il “quantum” debeatur. Ne consegue che tali elementi conoscitivi devono essere forniti con quel grado di determinatezza ed intelligibilità che permetta all’interessato un esercizio non difficoltoso del diritto di difesa.
La Corte di legittimità ha proseguito specificando ulteriormente che nel caso in cui l’atto prodromico determinativo del debito fiscale non abbia reclamato gli interessi e la cartella sia stata l’atto con cui è stato intimato per la prima volta il pagamento dell’obbligazione di interessi, occorre senz’altro che la pretesa richiesta sia giustificata attraverso l’individuazione dei “presupposti di fatto” e delle “ragioni giuridiche” poste a base della stessa. In questo caso i Giudici hanno precisato la necessità (e la sufficienza) che la cartella rechi, anche per relationem, l’indicazione del debito d’imposta e del quantum di interessi richiesto, nonché della decorrenza degli stessi e della base normativa che consenta al contribuente di individuare la natura degli interessi reclamati.
Viceversa, nell’ipotesi in cui la cartella segua un atto prodromico nel quale gli interessi sono stati computati per il ritardato pagamento, la Corte ha evidenziato che la cartella di pagamento ha svolto la funzione di avviare la fase di riscossione coattiva dei tributi e, laddove la stessa faccia riferimento ad un atto che abbia già determinato, in base alla normativa di riferimento, il quantum reclamato a titolo di interessi, l’accertamento formatosi con riguardo all’obbligazione relativa agli interessi dovuti dal contribuente troverà corrispondenza nel ruolo che la cartella ordinariamente riprodurrà.
Per tali ragioni, la motivazione in simili evenienze non necessita di alcun onere aggiuntivo da parte del soggetto emittente la cartella, se non esclusivamente il riferimento – diretto e specifico –, all’atto fiscale e/o alla sentenza che lo ha reso definitivo, trovando la quantificazione degli interessi, quanto a decorrenza e modalità di calcolo, la sua fonte nell’atto prodromico. Siffatto obbligo motivazionale risulterà, pertanto, circoscritto all’esposizione del ruolo, del titolo costitutivo della pretesa e dell’entità del debito fiscale di interessi. Ne consegue che, in assenza di una ulteriore specificazione di una diversa tipologia di interessi richiesti rispetto a quanto già indicato a titolo di interessi nell’atto prodromico, la cartella di pagamento non dovrà che limitarsi ad attualizzare il debito di interessi già individuato in modo dettagliato e completo nell’atto genetico.
Sulla base di tali presupposti, la Suprema Corte è intervenuta recentemente con la sentenza n. 6203/2023, affermando l’esclusione di un vizio motivazionale sulle modalità di calcolo degli interessi, nel caso in cui le cartelle di pagamento siano state precedute dall’emissione di ruoli e di avvisi di accertamento.