La valutazione della performance d’impresa nell’attuale contesto economico
di Massimo BuongiornoL’attuale situazione italiana mostra che l’effetto congiunto di molti fattori (maggiore volatilità dei ricavi, competizione internazionale, carenze infrastrutturali, fattori culturali) può portare a situazioni di tensione che vengono definite finanziarie ma trovano assai spesso la loro origine nella gestione operativa.
Ed è proprio una chiara distinzione tra gestione operativa e gestione finanziaria d’impresa che deve divenire lo schema di riferimento per l’interpretazione delle performance d’impresa. In estrema sintesi, la prima riguarda tutto quanto è necessario per rimanere sul mercato in equilibrio economico, mentre la seconda attiene alle modalità di reperimento delle risorse finanziarie.
Le riflessioni che seguono si incentrano su quegli strumenti che consentono di valutare la performance operativa nell’ottica di conservazione dell’equilibrio aziendale.
In primo luogo si sottolinea la rilevanza di una lettura integrata dei risultati di:
- conto economico espressi dal risultato operativo (differenza tra i ricavi e tutti i costi della gestione con esclusione di quelli imputabili alla gestione finanziaria – interessi e commissioni – e fiscale);
- stato patrimoniale nei termini della determinazione del capitale investito come somma del capitale circolante (differenza tra le attività operative quali crediti commerciali e rimanenze e le passività operative quali debiti di fornitura e verso il personale) e delle immobilizzazioni.
Il rapporto tra il reddito operativo e il capitale investito, noto come ROI, è il principale indicatore della performance d’impresa e misura la capacità dell’impresa di remunerare le risorse investite.
Scomponendo il ROI per i ricavi, si ottengono due nuovi indicatori, il rapporto tra EBIT e ricavi che misura la redditività su ogni unità di ricavo (noto anche come ROS) e il rapporto tra ricavi e capitale investito che indica quante unità di capitale sono necessarie per ogni unità di ricavo.
L’indice mostra che la riduzione dei costi (incremento del ROS) non è l’unico modo per incrementare il ROI ma lo stesso risultato può essere ottenuto risparmiando capitale investito, tipicamente attraverso una gestione efficiente del capitale circolante, riducendo i tempi di incasso dei crediti e lo stock di rimanenze.
La lettura dei flussi finanziari consente di integrare le considerazioni che precedono. Il flusso della gestione operativa, pari alla differenza tra il reddito operativo al lordo degli ammortamenti (margine noto come Ebitda), la variazione del capitale circolante e gli investimenti in immobilizzazioni mostra la capacità dell’impresa di generare la liquidità necessaria per il pagamento delle imposte, il servizio del debito bancario e la distribuzione degli eventuali dividendi, evitando le suddette “tensioni finanziarie”.
ROI e flusso di gestione operativa sono due facce della stessa medaglia. Un ROI positivo e crescente indica che l’impresa è in grado di “trattenere” una porzione significativa di ricavi, oppure che il capitale impiegato è basso; i flussi in questo caso sono positivi e ampi. Al contrario, un peggioramento della redditività (o nella gestione del circolante) si riflette immediatamente in una maggiore tensione di liquidità.
Un ulteriore spunto di riflessione riguarda la distinzione dei costi operativi in variabili e fissi. I primi seguono la dinamica dei ricavi (ad esempio i consumi di materie prime e i servizi quali lavorazioni esterne, trasporti, provvigioni) mentre i secondi dovranno comunque essere sostenuti a prescindere dal livello dei ricavi (locazioni e noleggi, la gran parte del costo del personale, gli ammortamenti). La performance d’impresa dipende dal Margine di contribuzione, ovvero la differenza tra i ricavi e i costi variabili ma anche dal grado di saturazione dei costi fissi.
E’ chiaro che quanto più un’impresa utilizza costi fissi tanto più per fare margini dovrà generare ricavi elevati per coprirli e, ove questi ultimi venissero meno, sono probabili perdite.
Il rapporto tra Margine di contribuzione e Reddito operativo, noto come leva operativa misura proprio questa componente di rischio imprenditoriale. Se la leva operativa è elevata, ciò significa che una parte “piccola” del reddito operativo è prodotto dal margine di contribuzione e quindi che i costi variabili sono pochi rispetto a quelli fissi. L’impresa con una leva operativa elevata è molto sensibile alla volatilità dei ricavi e quindi nel contesto attuale più rischiosa.
Utilizzando questo strumento si può anche determinare la massima contrazione di ricavi sostenibile per mantenere l’equilibrio aziendale.
Perché lo schema funzioni è però necessario che la distinzione tra gestione operativa e gestione finanziaria sia molto precisa. Ad esempio nelle imprese di famiglia, ciò non è sempre facile essendo frequente che il patrimonio aziendale venga confuso con quello personale dell’imprenditore.
In tali casi, si rendono necessarie alcune rettifiche che riguardano:
- Lo spostamento alla gestione finanziaria di costi attribuiti alla gestione operativa ma in realtà ad essa non pertinenti (eccessivi emolumenti agli amministratori/soci rispetto ad una situazione normale, consulenze fittizie a favore dei soci, costi inerenti a immobilizzazioni non strumentali);
- L’esclusione dalle immobilizzazioni operative dei beni immobili e mobili registrati in uso ai soci per attività non operative e delle attività non strumentali (liquidità investita in attività finanziarie, immobili concessi in locazione);
- L’esclusione dai margini operativi degli eventuali profitti derivanti da attività non strumentali (ad esempio canoni di locazioni e costi di manutenzione).