La vendita delle opere d’arte al nodo della tassazione
di Ennio VialLa cessione di opere d’arte, anche se occasionale, può essere una operazione che presenta dei risvolti di tipo fiscale.
La compravendita di opere può sicuramente essere una attività imprenditoriale che viene svolta in modo professionale. La rilevanza fiscale di tali operazioni diventa quindi scontata.
Non è, tuttavia, infrequente il caso di una persona fisica che vende un’opera che ha magari rinvenuto in casa, acquistata dai genitori anni or sono o da lontani parenti.
In questo caso, l’unica norma che potrebbe far sorgere qualche dubbio interpretativo è rappresentata dall’articolo 67 co. 1 lett. i) Tuir, che annovera tra i redditi diversi “i redditi derivanti da attività commerciali non esercitate abitualmente”.
La norma citata, tuttavia, mal si addice al caso del soggetto che ha ricevuto l’opera in eredità o per donazione. Più che di attività imprenditoriale occasionale, si dovrebbe parlare di mero realizzo patrimoniale.
Maggiori incertezze emergono, tuttavia, nel caso in cui l’opera sia stata acquistata.
Al riguardo, si deve ritenere, coerentemente con le osservazioni della Cassazione, sentenza n. 21776 del 20.10.2011, che si devono “escludere quelle condotte che si esauriscono nel semplice atto traslativo del diritto a titolo oneroso, atteso che la predetta nozione implica necessariamente una pluralità di atti coordinati e diretti alla realizzazione del medesimo scopo che può trovare riscontro nel caso in cui si accerti la stretta relazione funzionale – verificata in base a concreti elementi circostanziali tra l’atto di acquisto a quello successivo di vendita, ovvero anche nel compimento di una serie di atti intermedi volti ad incrementare il valore del bene funzione della successiva vendita”.
In altre parole, anche se l’attività di impresa risulta tassata nonostante la natura occasionale, è comunque richiesto un minimo di attività, una pluralità di atti, un quid pluris rispetto all’attività connessa al mero realizzo patrimoniale.
Diversamente argomentando, infatti, potremmo attrarre a tassazione anche la vendita occasionale di una bicicletta o di un’auto da parte di un privato.
Ragionevolmente, la questione diviene più delicata per il c.d. “collezionista dinamico” che, pur svolgendo professionalmente una attività che magari nulla ha a che vedere con le opere d’arte, effettua continue compravendite e reinveste in opere d’arte il ricavato delle alienazioni. Non si può non rilevare come i contorni della casistica appaiano oltremodo incerti.
Ad ogni buon conto, a prescindere dalla rilevanza fiscale della cessione, vige comunque l’obbligo di monitoraggio fiscale per le opere e le collezioni detenute all’estero (quadro RW).
Si tratta, infatti, di beni di natura patrimoniale oggetto di monitoraggio a prescindere dalla produzione concreta di reddito.
La circolare 43/E/2009, infatti, ha chiarito che “l’esigenza di rendere più incisivi i presidi posti in ambito internazionale a tutela del corretto assolvimento degli obblighi tributari impone una revisione dell’interpretazione della disposizione recata nell’articolo 4 del decreto legge n. 167 del 1990 nella parte in cui connota gli investimenti all’estero da indicare nel modulo RW come quelli «… attraverso cui possono essere conseguiti redditi di fonte estera imponibili in Italia …».”
In particolare, per tener conto della suddetta esigenza, si ritiene che la riportata previsione normativa vada da ora in poi intesa come riferita non solo a fattispecie di effettiva produzione di redditi imponibili in Italia, ma anche ad ipotesi in cui la produzione dei predetti redditi sia soltanto astratta o potenziale.
Pertanto, i contribuenti residenti in Italia sono tenuti ad indicare nel modulo RW non soltanto le attività estere di natura finanziaria ma anche gli investimenti all’estero di altra natura, indipendentemente dalla effettiva produzione di redditi imponibili in Italia.
Esemplificando, quindi, dovranno essere sempre indicati anche gli immobili tenuti a disposizione, gli yacht, gli oggetti preziosi e le opere d’arte, anche se non produttivi di redditi.